Il voto del Congresso americano sul genocidio armeno ci spinge a chiederci quanto pesi l’islam in Turchia

Ricordo di aver appreso negli anni Quaranta il dramma degli armeni nell’Impero ottomano, in un romanzo di Franz Werfel, I Quaranta giorni del Mussa Dagh. Un grande romanzo per un grande evento. Fu una mattanza di cristiani, un esercizio che i turchi avevano praticato ampiamente e che cessarono soltanto in parte dopo la sconfitta nei Balcani? Vi fu veramente il tentativo di distruggere un popolo cristiano perché cristiano e perché popolo? Nel 1909 il potere del sultano fu occupato dal gruppo militare detto dei Giovani turchi. I Giovani turchi volevano la turchizzazione dell’impero ottomano, per renderlo una potenza moderna. Era la stessa intenzione che poi fu portata avanti e realizzata da Kemal Atatürk.
Ma la turchizzazione della Turchia come forma di nazionalismo imponeva che la nazione accettasse di essere una società islamica compatta. L’islam faceva parte del turchismo, quindi non era pensabile che l’unità nazionale non comportasse anche l’unità religiosa. I cristiani, invece, non erano turchizzabili, nel senso che non potevano essere inclusi nella Turchia nazione modello e significante: il sacro nazionale copiato dall’Europa non poteva fondarsi che in una società completamente islamica.
Perciò i Giovani turchi cominciarono con gli armeni. Poi, dopo la guerra vinta contro i greci, Atatürk ottenne che i greci della costa ionica fossero inviati nella loro patria d’origine e “scambiati” con la popolazione turca ivi residente. La turchizzazione avviene fondando la laicità dello Stato sull’unità religiosa che non può essere concepita se non intorno all’islam. Questo mostra come il rapporto tra Stato nazionale turco e identità islamica stia alla radice della Turchia come oggi la conosciamo. Non a caso oggi la modernizzazione del paese avviene grazie a un partito islamico moderato che riporta il costume musulmano al livello delle istituzioni. Tutto ciò dovrebbe sollevare qualche dubbio sul grado di occidentalizzazione della Turchia. Se da un lato, infatti, è evidentemente opportunistico il tentativo, pilotato dalla speaker Nancy Pelosi, di fare deliberare il Congresso americano sul genocidio armeno proprio nel momento in cui un simile voto può alterare i rapporti tra gli Stati Uniti e la Turchia nella questione irachena, dall’altro lato certamente resta la constatazione che quel genocidio e la decristianizzazione sono alla base del laicismo turco e del turchismo identità nazionale. È un problema su cui anche i governi europei e americani dovrebbero riflettere a lungo.
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