Il silenzio per nulla banale dei proprietari del Bataclan

Di Leone Grotti
04 Dicembre 2015
Jules Frutos e Olivier Poubelle hanno evitato finora giornali e tv per stare vicini ai colleghi feriti o traumatizzati. Per loro è cominciata «una lunga via crucis»
Flowers and a picture of a heart on the Eiffel tower are seen against a tree outside the Bataclan Cafe, situated at one of the multiple locations recently attacked by Islamic extremists in Paris, France, Sunday, Nov. 29, 2015. (Adrian Wyld/The Canadian Press via AP)

Subito dopo gli attentati di Parigi sono stati assaliti dai giornalisti ma si sono defilati e hanno «rifiutato tutte le interviste». Non volevano «aggiungere niente all’orrore», dicono, né «spettacolarizzare ancora di più l’attentato e la morte». Jules Frutos e Olivier Poubelle sono proprietari al 30 per cento del Bataclan (la maggioranza è detenuta da Lagardère), dove il 13 novembre i terroristi islamici hanno massacrato 90 persone.

«PERCHÉ ANDARE IN TV?». I due francesi si occupano di programmare le serate del Bataclan e non erano nel locale il giorno fatidico. C’erano però «per svago» due loro collaboratori, uccisi, e altri 20 rimasti feriti, alcuni gravemente. Davanti «alla più grande carneficina mai compiuta» in un locale musicale, Frutos e Poubelle si sono rifiutati di rilasciare commenti frettolosi, per non aggiungere altre voci alla frenesia mondiale: «Che senso ha andare in televisione?». Al contrario hanno preso tempo, si sono fermati, respingendo il circo mediatico e hanno accettato di parlare a Le Monde solo a tre settimane dalla strage.

«UN GRANDE PUDORE». Che cos’hanno fatto allora? «Siamo stati vicini ai sopravvissuti, con chi ha bisogno di riprendersi». Hanno parlato con le loro équipe di quanto successo e «quando qualcuno non ne aveva voglia, stavamo in silenzio. C’è un grande pudore. Ognuno fa quel che può davanti a questa violenza». Ecco cos’hanno fatto: non sono tornati dentro al Bataclan («sarebbe stato voyeurismo» e tra l’altro «la polizia ce l’ha sconsigliato»), ma hanno provato a stare davanti a quanto successo, riflettendo – a volte parlando, spesso senza dire nulla – su «un problema senza soluzione». Chi, infatti, può spiegare che senso ha una violenza simile? Davanti al Bataclan, però, i due ci sono tornati. «Ci passo tutti i giorni perché ho bisogno di essere là», dice Poubelle. «È la vita che lo richiede», aggiunge Frutos.

«LUNGA VIA CRUCIS». Così come hanno evitato le telecamere e il voyeurismo, gli imprenditori non si sono ancora lanciati in progetti futuri. «Speriamo vivamente che il locale riaprirà a fine 2016», dicono, ma il come è un altro paio di maniche. «Avremo ancora voglia di proseguire in questa avventura? Con quale progetto? Come reagiremo tornando nella sala? Tutti vogliono ricostruirlo, questo ci aiuta ad andare avanti, ma sarà una lunga via crucis. Tante domande si pongono: Che locale riaprire? Che fare dell’entrata? Come? Di che colore? E quali artisti far suonare?».

«IL RISCHIO DI DISTRARSI». Domande alle quali Poubelle e Frutos non hanno fretta di rispondere. Per le risposte infatti ci vuole tempo. Ecco perché, «quando il ministero della Cultura ci ha proposto di organizzare un concerto per le vittime, abbiamo riposto che era una cattiva idea. Qual è il messaggio che si vuole mandare? No, avrebbe solo accentuato lo spettacolo di questi attentati. (…) C’è sempre il rischio di distrarre dal dolore». Mentre la posizione più umana è starci davanti.

@LeoneGrotti

Foto Ansa/Ap

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10 commenti

  1. recarlos79

    qualunque sia la ragione dei loro comportamenti, la domanda che mi rode è che senso hanno queste morti? voi lo capite? il messaggio del patriarca Sako non riesce a soddisfarmi. testimonianza, martirio, non siamo in vita per dare alle tragedie un nome diverso. sembrano tentativi di trovare la forza che viene a mancare davanti alle stragi. ma il senso al dolore e alla sofferenza non lo vedo. sono tragedie che mi tolgono le forze. e mi lasciano senza parole.

    1. SUSANNA ROLLI

      Se tu fossi stato davanti alla Croce di Gesù avresti fatto (forse) la stessa cosa che hanno fatto i suoi amici, i discepoli: dileguossi, perchè non avevano capito il”senso al dolore, alla sofferenza”; rimasero Giovani, che aveva capito, Maria ed altre poche donne. Chissà come avrei agito io…

      1. SUSANNA ROLLI

        Questa, poi!, non mi era ancora capitata!, ho commentato nell’articolo sbagliato!, credo che sia capitato solo a me!!!

  2. soldo

    il gruppo rock-punk ha intonato un pezzo dedicato al “diavolo”,
    quando è cominciato il massacro di Venerdì 13…”

    I proprietari saranno stati favorevoli, compreso il Lagardere (70%) che aveva appena acquistato
    dai precendenti proprietari (che, qualcuno scrive, sono andati a vivere in israele).

  3. Eugenia Bianchi

    Forse stanno zitti perché sanno che poco prima del massacro in quella sala si erano intonati dei veri e propri inni satana?

    1. samuele

      ….a differenza Sua che ha perso un’occasione per tacere. Ma si ascolta quando parla??

    2. powerfons

      Guarda che c’è più Satana nel nostro Sanremo dai retta. Voglio sperare che Satana non stia dietro a quattro capelloni metallari.
      La letteratura è piena di opere in cui è presente il diavolo e non per questo chi legge il libro viene assassinato. Dai su, sennò altro che effetto clown.

      1. SUSANNA ROLLI

        Una osservazione. Chi ha intenzione di seguire il Festival ha idea che se ne starà serenamente ad ascoltare canti italiani.
        Poi ci sono canti e canti, gruppi musicali e gruppi musicali.
        Da tempo gira un “cantante” che di lui non oso nemmeno scrivere il nome -che so benissimo- che brucia Bibbie sul palco, inneggia al demonio, fa atti osceni e…..piace!
        Piace a chi, scusa Powerfons? Se vado ai suoi concerti, nulla di che? Potrebbe piacere -che so- ai pastorelli di Fatima?
        Ognuno sta bene dove sta.
        Io, sinceramente, me ne starei ben lontana, non ce la farei NEMMENO SE VOLESSI!

  4. Andrea

    Chapeau

  5. Sasso Luigi

    Ecco qualcuno che ha il buon senso della sensibilità e del rispetto.

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