Il silenzio degli agroesperti

Di Rodolfo Casadei
07 Novembre 2002
Gli “scienziati” zambiani nel pallone, contadini contro ambientalisti in India: attorno agli Ogm succede di tutto, ma gli scienziati italiani non riescono a pronunciarsi

Quando di mezzo ci sono gli Ogm, Organismi geneticamente modificati, se ne vedono di tutti i colori. Poveri contadini esultanti in stridente contrasto con pasciuti direttori di Greenpeace che invece inveiscono, perché il governo indiano ha dato il via libera alla produzione commerciale di cotone Ogm; “scienziati” dello Zambia che, dopo un viaggio intorno al mondo finanziato dai contribuenti africani, certificano la “non sicurezza” alimentare del mais transgenico (in barba a tonnellate di letteratura scientifica e pronunce di agenzie Onu) e avallano la decisione del governo di respingere gli aiuti alimentari internazionali; scienziati italiani, un po’ più seri e qualificati di quelli zambiani, che vorrebbero uscire pubblicamente con il documento loro commissionato su “Biotecnologie vegetali: benefici e rischi delle varietà Ogm”, ma che da sei mesi attendono inutilmente il via libera al testo che hanno coscienziosamente redatto.

Gli allegri scienziati
dello Zambia

Insomma, c’è chi è contro, c’è chi è a favore e c’è chi non riesce a pronunciarsi. Per responsabilità che sono da appurare, gli scienziati italiani sono costretti al silenzio ufficiale sia davanti agli strafalcioni dei loro “colleghi” zambiani che alle virate aperturiste del governo indiano.
La bizzarra saga dello Zambia afflitto dalla carestia che respinge il mais transgenico Usa reputandolo “veleno” (cfr. Tempi n. 43) ha conosciuto un nuovo episodio il 29 ottobre scorso, quando il ministro dell’agricoltura ha confermato il rifiuto del governo sulla base del rapporto del team di esperti inviato qualche settimana prima in “Europa, Usa e Sudafrica”. Mentre andiamo in stampa, il rapporto in questione non è stato ancora reso pubblico, ma il dott. Mwananyanda Lewanika, componente della delegazione, ha dichiarato ad un settimanale sudafricano che «la delegazione è rimasta più colpita dalla posizione della Norvegia, la quale è ostile agli Ogm, che da quella del Sudafrica, che ha recentemente adottato la tecnologia per scopi commerciali». A causa di questa politica, il mese scorso lo Zambia ha ricevuto la metà degli aiuti alimentari di cui aveva bisogno. E la situazione si farà critica fra dicembre e marzo, il mese del nuovo raccolto. «Ora resta da vedere quante persone moriranno a causa della perturbazione del programma di aiuti – ha dichiarato Guy Scott, ex ministro zambiano dell’agricoltura – e come le varie Ong internazionali che hanno approvato la politica del governo metteranno d’accordo la propria coscienza con questo conteggio».

Largo al cotone Bt
L’India, invece, ha imboccato la strada opposta: decine di migliaia di piccoli coltivatori, schiacciati dalla siccità, dai costi di produzione e dai bassi rendimenti, hanno salutato con giubilo la legalizzazione del cotone Bt, una varietà transgenica resistente ai parassiti. «Questa novità cambierà i destini dell’economia del cotone, – afferma Ishwarbhai Patel, un produttore del Gujarat – è un grosso aiuto, stavamo spendendo troppo in pesticidi». Con 9 milioni di ettari di coltivazioni a cotone, l’India è il paese con le più estese piantagioni del mondo, ma anche le meno redditizie: il rendimento per ettaro è di 300 kg, contro una media mondiale di 650. Il cotone Bt ha rendimenti superiori del 30-40% a quelli del cotone non Ogm, e richiede un 70% di meno di pesticidi contro il verme del cotone, il parassita più diffuso in India. Permetterà all’India di recuperare almeno una parte delle quote di mercato che negli ultimi anni le sono state strappate dalla Cina, dove il cotone Bt è passato da 100 mila ettari nel 1998 a 1,5 milioni di ettari alla fine dello scorso anno. «L’accettazione da parte dei contadini dei nuovi semi (che sono prodotti in joint venture da Monsanto e Mahyco, un’azienda indiana – ndt) non dovrebbe essere il solo criterio per giudicare la tecnologia – afferma Ganesh Nochur, direttore indiano di Greenpeace. Sono poveri e affogano nei debiti, afferrerebbero qualunque salvagente per sopravvivere». Parola di uno che non ha problemi di sopravvivenza, probabilmente.

Il mistero della
Commissione Vesentini

Ma il vero mistero è il limbo in cui è precipitato il Rapporto della Commissione mista delle Accademie nazionali dei Lincei e delle Scienze istituita dal Presidente dell’Acca-demia nazionale dei Lincei prof. Edoardo Vesentini, matematico e senatore eletto nelle liste del Pci fra il 1987 e il 1992. Che dipenda dai contenuti della più recente stesura, su cui i sei autori, tutti autorevoli docenti universitari, si sono trovati d’accordo? Il documento soppesa attentamente benefici e rischi degli Ogm, e invita a procedere con cautela e a monitorare attentamente l’espansione del settore; alcune proibizioni contenute nelle normative Ue vengono apertamente apprezzate. Ma il tono di fondo è decisamente favorevole all’introduzione degli Ogm. Nelle conclusioni e raccomandazioni della Commissione si legge: «Nessuno è stato finora in grado, pur utilizzando le tecniche più avanzate, di dimostrare la dannosità alimentare degli Ogm e modificazioni rilevanti ad ecosistemi da loro causate. L’analisi dei benefici e dei rischi deve continuare intensamente sia per gli Ogm che per le varietà convenzionali, e caso per caso, al fine di proporre opportuni interventi… La ricerca scientifica e tecnologica, e quindi anche lo studio degli Ogm in relazione alla salute ed al benessere dell’uomo ed alla tutela e valorizzazione dell’ambiente, sono fattori sostanziali per il progresso pacifico e governato del genere umano. La fame nel mondo, come la povertà, non è solo una questione di produzione, ma è anche, e soprattutto, un problema politico… La produzione Ogm può offrire un valido contributo, anche se non può affrontare da sola le cause delle crisi alimentari e dell’indigenza di vasti strati della popolazione mondiale». Vengono lodate le potenzialità degli Ogm: «aumento della produzione; miglioramento della qualità dei prodotti; produzione di vaccini in planta; riduzione di allergeni naturali; sviluppo di varietà resistenti alle malattie e agli insetti; sviluppo di varietà resistenti ad erbicidi». Riguardo a presunti caratteri “invasivi” delle varietà vegetali Ogm sta scritto: «Non è per ora nota una sola ragione per cui una varietà Ogm debba avere un livello di infestanza superiore a quello della sua versione non Ogm». Riguardo al pericolo che gli Ogm “contaminino” l’ambiente o si ibridino in maniera incontrollata con varietà selvatiche si legge: «Sono stati sviluppati metodi molecolari che rendono i genî inseriti in un Ogm ereditabili solo per via materna» e che «in Europa non si pongono problemi per patata, soia, girasole, riso, frumento, cotone, fagiolo e mais che non hanno localmente specie affini con cui ibridarsi».
Il famoso “principio di precauzione” viene apertamente criticato: «Malgrado la definizione del principio non specifichi mai il livello di prova scientifica necessaria per definire il pericolo potenziale di una tecnologia, il principio è presente in più di 20 dichiarazioni e trattati internazionali»; «Il principio è oggettivamente criticabile perché sfugge a qualsiasi interpretabilità scientifica». Infine, i finanziamenti nulli alla ricerca in questo settore in Italia vengono stigmatizzati “da sinistra”, cioè denunciando la “privatizzazione” della biotecnologia: «In questa situazione la produzione di conoscenza, che serve ed appartiene a tutti, diventa in larga parte proprietà privata. Per questo la Commissione è contraria all’interruzione delle ricerche di biotecnologia nei centri pubblici di ricerca, anzi è esplicitamente a favore delle ricerche sui genomi vegetali, da considerare prioritarie, legittime ed oggetto di pubblico finanziamento, tale da mantenerle vive, competitive e nel dominio pubblico». Forse abbiamo capito perché questo Rapporto non trova il semaforo verde.

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