
Il segreto di Stato sulle stragi era nulla rispetto alle mille verità oscurate dai chierici del sapere (vedi l’omicidio Ramelli)
Sergio Ramelli, Milano, 8 luglio 1956 – Milano, 29 aprile 1975. Aveva 18 anni quando fu ucciso. Frequentava la classe quinta I. Accanto alla quinta G del direttore di questo giornale. Era il solo “fascista” iscritto all’Istituto tecnico Molinari.
Non svolgeva alcuna attività politica a scuola. E come poteva, se perfino in classe gli era impedito di esprimere opinioni? Per quasi cinque anni, nell’indifferenza di tutti i professori e di tutti gli intellettuali che come Dario Fo si avvicendavano in assemblee dense di fumo e spranghe per galvanizzare le “lotte” degli studenti, succedeva così: gli “antifascisti” andavano a prelevare Ramelli durante le ore di lezione, lo sputacchiavano, lo malmenavano, lo facevano sfilare in testa ai cortei con appeso al collo il cartello “sono un fascista di merda”. E ogni tanto lo prendevano a bastonate, lo buttavano giù dalle scale, lo cacciavano dalla scuola (fortunati i ciellini che subivano solo manifesti strappati e qualche interruzione delle loro riunioni al grido: “Più croci e più leoni per i servi dei padroni!”).
Infine, anche il coriaceo Ramelli si arrese. E così, una mattina dell’anno in cui avrebbe dovuto sostenere l’esame di maturità, accompagnato dal padre e blindato negli uffici del preside assediato dal solito corteo antifascista, firmò le carte e si ritirò da scuola. Poi, sotto casa, gli aprirono la testa a colpi di chiave inglese. Morì dopo quaranta giorni di agonia. Al suo funerale non si vide l’ombra di un professore.
Sono passati quasi quarant’anni. Martedì 29 aprile, come puntualmente accade ogni anno, fascisti e antifascisti (e anche illustri esponenti Pd) si sono di nuovo esibiti sulla sua tomba con chiacchiere inutili e cortei contrapposti. Sembra che non sia cambiato nulla. Violenza fisica a parte, la testa sembra quella di una volta. Così come la scuola da cui escono “le teste” sembra la stessa caserma di un sistema rimasto immobile per esclusivi interessi di consenso (un milione di addetti, un milione di voti). Così come i grandi giornali restano i megafoni delle caserme.
Tutto ciò spiegherebbe perché sia stata accolta tra lo scettico e lo sberleffo anche una decisione come quella presa da Renzi di togliere il segreto di Stato a vicende e stragi su cui la fantasia complottista e le ricostruzioni ideologiche sono andate a nozze durante tutti questi anni che ci separano dalla morte di Ramelli.
Non è Pasolini che, nell’anno della morte di Ramelli, alla vigilia del sua stessa morte, ci parlò di “nuovo fascismo”? «Tale potere si accinge di fatto ad assumere gli intellettuali progressisti come propri chierici. Ed essi hanno già dato a tale invisibile potere una invisibile adesione intascando una invisibile tessera». Questi chierici tesserati che poi con Walter Veltroni hanno scoperto di non essere mai stati comunisti. E con Dario Fo mai stati repubblichini. E con Furio Colombo mai stati presidenti di Fiat America… Chierici delle caserme-scuola e delle caserme-giornali. Chierici di una storia d’Italia che non è mai esistita. Basata su una cultura rimasta ferma al risentimento. E a un sapere che è solo grigia teoria. Novità? Sì, la fila per leccare i piedi ai magistrati che fanno politica. Poiché la memoria e la verità in Italia sono come la rivoluzione antirazzista della banana di Dani Alves.
Ps. Nel momento in cui Tempi andava in stampa con questo editoriale, non era stata ancora annunciata la presenza di Giuliano Pisapia alla commemorazione di Sergio Ramelli. Un gesto coraggioso, è stato detto. Ed è così. Perché già con la sua semplice presenza, oltre che con l’invito alla pacificazione, il sindaco di MIlano ha dimostrato una sana indipendenza di giudizio anche rispetto a compagni di partito che invece insistono nell’ideologia negazionista di ogni vera giustizia.
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11 commenti
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La Destra abituata a non discutere mai? Non si sa se occorre più fantasia che facciatosta a sostenere idiozie del genere. Come al solito, compianto di facciata per i ‘fascisti’ – come si fa a dire con sicurezza che Ramelli lo era? E comunque, il minimo sindacale: il rispetto è per la ‘persona’, intendiamoci: come prova di bontà d’animo, come dire che i ‘fascisti’ sono, finché morte non sopraggiunga, non persone – debitamente uccisi, per dare addosso ai presunti fascisti in circolazione. E infatti, ecco che si parla di condanne, di ciò che va condannato, ‘senza se e senza ma’: senza discutere. E si ti azzardi a farlo, ecco che sei fascista. Proprio vero: ci sono due fascismi, in Italia: il fascismo e l’antifascismo.
La violenza non dovrebbe avere colore politico o credo religioso, non va mai incoraggiata ma sempre condannata ed ha fatto benissimo Pisapia.
“…compagni che sbagliano”
In Piazza Fontana, in un giardino pubblico (pagato da tutti i cittadini) c’ ancora la lapide anarchica (abusiva) che dice che Pinelli è stato “ucciso” nei locali della Questura (però non dicono DA CHI sarebbe stato ucciso).
Sui vari muri cittadini ci sono lapidi (altrettanto abusive) che celebrano i “compagni” morti durante scontri con la polizia (mentre tiravano bottiglie molotof o estintori alle Forze dell’ Ordine).
C’ è una mezza dozzina di edifici pubblici (via Santa Croce, Ex macello, via Confalonieri, via Livigno, case Aler di Lambrate, ecc.) in mano ad anarchici e centri sociali , senza che il Comune di Milano abbia la minima intenzione di sgomberarli. Pisapia partecipava alle assemblee del Macao quando occupavano la torre Galfa, e ora li lascia tranquilli nell’ ex-macello.
Sui muri di certi quartieri (ad esempio in zona via Console Marcello) ci sono da mesi scritte NO-TAV che inneggiano agli “sbirri morti” e che recitano “Padalino, Rinaudo, Caselli, solo coltelli” (sono i PM che hanno indagato sui no-tav).
Le femministe, che occupano abusivamente i locali di via dei Transiti (con il beneplacito della giunta Pisapia, che si è opposta allo sgombero per le “alte motivazioni sociali” degli occupanti abusivi), vanno in giro ad aggredire i pro-life, con cartelli del tipo “diamo fuoco ai CAV con gli obiettori dentro”.
Il “CS Cantiere” e altri gruppi “centri (a)sociali” sono liberi di spedroneggiare in zona San Siro e sventrare gli appartamenti dell’ Aler (oppure imbrattarli con i loro graffiti, per indicare che sono “occupabili”). E di sequestrare le piazze cittadine effettuando manifestazioni del tipi “Occupy Estate” (con imbrattamenti sistematici dei cavalcavia, come il Bussa, senza che nessuno li fermi).
Internet è pieno di siti web anarco-comunisti che inneggiano alla violenza, alle occupazioni abusive, alla “insurrezione”, ma nessun magistrato li fa oscurare (come farebbero con i siti “nazisti”).
Insomma: che Pisapia vada alle celebrazioni di Ramelli MI SEMBRA UN PO’ POCHINO !!!!!!!!!!!!!
Il rispetto umano alla persona è fuori discussione e bene ha fatto Pisapia che con la sua presenza ha disinnescato possibili gesti anche solo pseudo violenti. La violenza non è mai giustificata.
Detto questo che mi sembra doveroso, non è possibile dal punto di vista politico anche solo lontanamente sdoganare il fascismo che di violenza ed autoritarismo ne ha fatto la sua bandiera. La dittatura del ventennio va condannata comunque sempre senza se e senza ma. Non ha attenuanti.
Invece la violenza dei rossi che è sopravvissuta al fascismo ed è continuata per molti anni dopo la fine della guerra, ha attenuanti?
Assolutamente no. Quando dico che la violenza non è mai giustificata, non ci sono deroghe. Ma qui si parlava di fascismo e quindi a quello ho fatto riferimento.
Intervento fuori luogo dato che in nessuna parte dell’articolo si parla di riabilitazione del ventennio ma l’argomento é tutt’altro. Devo quindi intuire cara Filomena che se il suo intervento ha una base razionale in realtá ci stia dicendo che aldilá della formale e politicamente corretta presa di distanza dalla violenza lei pensa che Ramelli un po’ se l’é cercata…
Oppure, come in realtá penso, lei non voleva dire niente, voleva solo provocare i lettori di questo sito con qualche frase a vanvera, come fa sempre su ogni argomento con la consueta finta cortesia, il piú delle volte con argomentazioni evanescenti e con il solo scopo di disprezzare chi non la pensa come lei.
Strano hobby, é come se io stessi tutto il giorno sul sito di Repubblica a falchettare per dirgli, cortesemente, che non capiscono un piffero…o peggio.
Ne ha mai parlato con uno psicanalista?
Troppo facile autocelebrarsi senza contraddittorio non le pare? Del resto è tipico di una destra abituata a non discutere mai il capo.
Ah! Perduto l’aplomb! Mi sa che ho toccato giusto…non importano gli argomenti (che in effetti in questo caso come in altri non c’erano) ma solo la provocazione. Confermo: patologico.
Cara Filomena, a volte lei argomenta, si può non essere d’accordo ma argomenta ma a volte (come in questo caso) interviene a sproposito, questo vuol dire che lei ama più il contraddittorio che la verità e in questa situazione l’ha dimostrato chiaramente.
Citando un cantautore che le sarà caro io “non mi lego a questa schiera, morirò pecora nera” (chiarendo subito che il nero non ha connotazioni politiche), preferisco sempre riconoscere la verità piuttosto che perdermi nel contraddittorio fine a se stesso.
Alla commemorazione di Ramelli, oltre a Pisapia cera anche il suo braccio destro Paolo Limonta?