Il riarmo europeo costerà caro alle finanze italiane

Di Rodolfo Casadei
05 Aprile 2025
Il costo del debito pubblico italiano sta aumentando come conseguenza della nuova politica di spesa pubblica tedesca. Secondo uno studio salirà al 153 per cento del Pil entro il 2030
(Foto Ansa)

L’attenzione dei media è, com’è logico, concentrata sugli effetti dell’introduzione dei nuovi dazi americani sui valori di Borsa e sulle proiezioni delle loro conseguenze sulle prospettive economiche dei vari paesi. Ma c’è un’altra vicenda dai potenziali influssi macroscopici sulle finanze pubbliche e su quelle private in Europa e nel mondo: quella legata al riarmo dei paesi europei e alle trattative per una tregua in Ucraina.

Il profluvio di retorica sulla “difesa europea” tende a trascurare un dato di realtà: la Germania ha già impostato, in autonomia e prescindendo dai discorsi sulla difesa comune, un piano di riarmo e di sviluppo infrastrutturale basato su un fondo di 500 miliardi di euro e una prospettiva complessiva di impegni per quasi mille miliardi, ai quali attingere sia per interventi infrastrutturali che per acquisti e produzioni di armamenti.

Il costo del debito pubblico

L’effetto di questo programma sulle finanze dei paesi dell’Eurozona sarà notevole. L’accelerato indebitamento tedesco farà aumentare i tassi d’interesse in tutti i paesi che aderiscono alla moneta unica, anzi lo ha già fatto: mentre il rendimento dei titoli di Stato tedeschi a dieci anni è salito al 3 per cento alla fine del mese di marzo, quello dei titoli francesi della stessa durata è salito al 3,6 per cento (il più alto da un decennio a questa parte, addirittura più del rialzo che si era avuto dopo l’annuncio delle elezioni politiche anticipate da parte di Emmanuel Macron l’anno scorso), e quello di Bot e Cct italiani è arrivato al 4 per cento. È vero che lo spread fra i titoli italiani e quelli tedeschi rimane modesto a 115 punti (praticamente dimezzato rispetto a quello della vigilia delle elezioni politiche del settembre 2022 che avrebbero portato alla costituzione del governo Meloni, quando si aggirava sui 230 punti), ma il costo del debito pubblico italiano sta indubbiamente aumentando come conseguenza della nuova politica di spesa pubblica tedesca.

Questo evidentemente restringe lo spazio di manovra fiscale di italiani, francesi e altri per condurre l’auspicato (a livello di Commissione Europea) riarmo dei paesi europei. Come scriveva alcuni giorni fa il Financial Times, «i fondi di investimento stanno avvisando che un’impennata nei costi dell’indebitamento pubblico dei paesi dell’Eurozona come conseguenza della progettata spesa sfrenata per la difesa da parte della Germania intensificherà la pressione debitoria sugli altri paesi del blocco e potrebbe rendere più difficile per loro trovare prestiti per la stessa spesa per la difesa».

(Foto Ansa)

Da 135 a 153 per cento del Pil

Una simulazione realizzata da Point72 Asset Management, un gestore di fondi americano, tenendo conto di un aumento significativo della spesa militare e del concomitante rialzo dei tassi di interesse, mostra che – in assenza di tagli su altri capitoli del bilancio dello Stato, o di nuove tasse, o di un forte e imprevisto rimbalzo della crescita economica – il debito pubblico italiano salirà al 153 per cento del Pil entro il 2030 (dal 135 per cento attuale) e quello francese al 122 per cento (dall’attuale 113 per cento). 

Commento dell’analista europeo di Point72 Sören Radde:

«L’aumento dei rendimenti potrebbe eclissare lo spazio fiscale per un aumento delle spese di difesa al di fuori della Germania». L’ipotesi è una certezza per un paese come l’Italia: un governo italiano che taglia la spesa sociale a vantaggio di un riarmo che non potrà mai essere pari a quello tedesco, oppure che si indebita al limite della bancarotta per farlo, non si riesce a immaginarlo.

Leggi anche

Come limitare i danni

I danni potrebbero essere limitati solo in due ipotesi. La prima è che ci siano ricadute positive per l’industria italiana dall’aumentata spesa militare e infrastrutturale tedesca, uno scenario evocato recentemente dal ministro Adolfo Urso:

«Dobbiamo fare della necessità di difendere meglio la libertà dell’Europa un’opportunità di sviluppo. Ci stiamo preparando a trasformare le esigenze di Germania, Finlandia, Svezia, Paesi baltici e Polonia e di coloro che vivono al confine orientale dell’Europa in un’opportunità di sviluppo per coloro che vivono al confine meridionale».

La seconda ipotesi favorevole è che la Germania peschi soprattutto nei risparmi dei suoi cittadini (il tasso di risparmio tedesco è il più alto dell’Eurozona e il secondo più alto nella Ue col 19,3 per cento, subito dopo il 19,4 per cento della Repubblica Ceca) per finanziare i suoi progetti di riarmo e rinnovamento infrastrutturale: questa strategia farebbe da calmiere al rialzo dei tassi a livello generale.

Buoni del Tesoro ucraini

La seconda vicenda macroeconomica legata alle questioni militari è l’andamento dei buoni del Tesoro ucraini. L’evidenza che la nuova amministrazione Usa stesse forzando l’Ucraina sulla strada di un accordo poco gradito con la Russia per mettere fine al conflitto ha provocato reazioni negative in molti commentatori politici, ma ha alimentato attese positive negli investitori: i titoli del debito pubblico ucraino hanno conosciuto un rialzo di valore nella speranza che il momento della ricostruzione del paese fosse ormai vicino.

Le manovre dilatorie di Putin e la reazione irritata di Trump alle tergiversazioni di Mosca hanno spento gli entusiasmi: le obbligazioni in dollari destinate a maturare nel 2036 sono scese a 54 centesimi di dollari, dopo che avevano toccato i 70 centesimi all’annuncio dei colloqui russo-americani in Arabia Saudita; i titoli indicizzati all’andamento del Pil ucraino hanno pure perso 3 centesimi e sono scesi sotto i 72 centesimi, cioè al valore che avevano prima della vittoria elettorale di Trump.

L’anno scorso, i detentori di oltre 20 miliardi di dollari in obbligazioni in dollari hanno concesso a Kiev un alleggerimento del debito, inclusa una cancellazione del 37 per cento, in previsione di potenziali rimborsi più elevati negli anni a venire se la crescita del Pil dell’Ucraina superasse le previsioni del Fondo monetario internazionale (Fmi). Negli ultimi mesi, obbligazioni e warrant avevano registrato un forte rialzo nella speranza che il presidente degli Stati Uniti ponesse rapidamente fine alla guerra, aumentando le possibilità di rimborsi del debito legati alla crescita.

I termini dell’accordo

Gli investitori stanno anche cercando di valutare l’impatto della rinnovata pressione degli Stati Uniti per ottenere il controllo di quote delle risorse naturali dell’Ucraina come rimborso per l’assistenza militare fornita in funziona antirussa.

Un accordo definitivo potrebbe aumentare il valore dei bond se rafforzasse il sostegno degli Stati Uniti per un cessate il fuoco, ma i creditori sono diffidenti sul fatto che i termini proposti dagli americani, come per esempio la richiesta di anticipi da far valere sulle entrate erariali ucraine, potrebbero indebolire la loro posizione di creditori.

Termini troppo favorevoli al governo americano rispetto ai creditori privati sarebbero un fattore molto negativo per coloro che detengono obbligazioni e warrant ucraini. L’accordo su queste basi non è ancora stato raggiunto, ma se lo fosse, renderebbe sostanzialmente subordinate (“junior” nel gergo finanziario) le posizioni creditorie dei detentori di obbligazioni e warrant.

Non perdere Tempi

Compila questo modulo per ricevere tutte le principali novità di Tempi e tempi.it direttamente e gratuitamente nella tua casella email

    Cliccando sul pulsante accetti la nostra privacy policy.
    Non inviamo spam e potrai disiscriverti in qualunque momento.

    Articoli correlati

    0 commenti

    Non ci sono ancora commenti.