
Il rais di Pesaro
«Il corrispondente del Guardian di Londra non poteva crederci. Al termine dell’intervista mi ha confidato: “a una storia così non ci crederà nessuno”». Ilja Gardi è il direttore generale dell’ospedale San Salvatore di Pesaro che è al centro di una storia che definire grottesca è poco. Se qualcuno si chiedesse chi sono i componenti del “partito della Playstation”, il partito dei «refrattari e dei giocherelloni», «quelli che non si tratta con Berlusconi» così come li ha definiti Giuliano Ferrara in un suo editoriale sul Foglio (6.01.03), ecco un bell’esempio. Il Presidente della Regione Marche, il magistrato e diessino Vito D’Ambrosio, ha avuto il coraggio di bloccare un progetto di trasformazione dell’ospedale pesarese in Irccs (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) con il solo scopo di mettere il bastone fra le ruote al Governo. Governo che era pronto a un finanziamento di 70 milioni di euro per fare dell’ospedale provinciale il centro di cura per talassemici fra i più (se non “il più”) importante del mondo. A Pesaro opera il dottor Guido Lucarelli, un luminare nel campo della cura della talassemia, la malattia congenita più diffusa sul pianeta (cfr. box 1). Questa malattia colpisce soprattutto i bambini che, da tutto il globo, in particolare dai paesi mediterranei e mediorientali, vengono in Italia. Tutto il mondo si rivolge a Lucarelli, il nostro governo (prima con D’Alema, poi con Amato e infine con Berlusconi) ha fatto in modo di aiutare Gardi e Lucarelli in questa loro opera portando il loro piano anche al G8 di Genova; israeliani e palestinesi smettono di combattere e collaborano quando arrivano questi due medici. Solo il magistrato D’Ambrosio si oppone. Perché? Il dottor Ilja Gardi ha accettato di raccontare a Tempi la sua storia.
Un tesoro nel cassetto
«Nel 1997 nell’ospedale San Salvatore di Pesaro – ricorda Gardi – scoppiò un’epidemia di epatite nel reparto del professor Lucarelli con un esito drammatico: 9 morti su 11 infettati. Partirono avvisi di garanzia, accuse di omicidio colposo, continue furono le ispezioni e le indagini; l’ospedale cadde in una crisi profonda. Nel ’98 venni contattato e mi si chiese di essere il nuovo direttore generale dell’ospedale. Negli ultimi tre anni ne avevano già cambiati cinque, ma acconsentii. Fui nominato direttore generale da quella stessa Regione Marche che oggi mi vuole licenziare». La situazione che si trovò a gestire Gardi non era certo delle più semplici; oltre alla bufera giudiziaria andava ad aggiungersi una generale sfiducia della gente nel sistema sanitario della città e una struttura assolutamente obsoleta e inefficiente. «Il mio primo giorno di incarico mi finsi un cittadino comune e mi presentai al Pronto Soccorso. Passarono quattro ore prima che qualcuno mi rivolgesse la parola». Nei suoi giri perlustrativi fra i reparti Gardi scoprì che in tutto l’ospedale c’erano solo due computer, che esistevano sale operatorie inutilizzate, che l’igiene era carente, che da otto anni non c’era nessun tipo di investimento. «Solo un reparto mi colpì per la sua efficienza». L’ematologia del “mostro” Lucarelli. «Rimasi assolutamente sbalordito dai suoi cassetti. Erano strabordanti di lettere, provenienti da tutte le parti del mondo, di famiglie che chiedevano di poterlo incontrare, di ricevere un aiuto per i propri figli malati di talassemia. Quest’uomo aveva rapporti epistolari con Arafat, con l’allora primo ministro iraniano Rafsanjani, con tutti i maggiori capi di Stato dell’area mediterranea, dalla Tunisia all’Egitto, e con quasi tutte le comunità di talassemici del pianeta. C’era persino una lettera di “lamentela” dello sceicco del Bahrein a cui Lucarelli aveva salvato il figlio; si lamentava per aver dovuto pagare solo 100 milioni di vecchie lire. Riteneva una cifra adeguata almeno 300 milioni». Tutto questo patrimonio di rapporti internazionali era lì, in quei cassetti, in quelle carte disordinate buttate lì un po’ alla rinfusa da quel genio sregolato che è Lucarelli. Gardi capì al volo che un tale patrimonio non poteva essere sprecato e che, soprattutto, andava inserito in un progetto che consentisse al medico di ricevere più fondi di quelli che fino ad allora gli erano stati garantiti da donazioni di privati. «Fu così che scrissi a D’Alema e fui convocato d’allora ministro Bindi che, pur capendo poco della materia, rimase assolutamente colpita dalla richiesta del ministro della sanità libanese, giunto in Italia solo per incontrare Lucarelli. Trovato uno spiraglio con il governo decidemmo di presentare la nostra iniziativa».
Non regalare il pesce, insegna a pescare
Il progetto di Gardi era il classico uovo di Colombo, così semplice che nessuno prima di lui ci aveva mai pensato: non solo cura dei piccoli talassemici ma formazione dei medici dei paesi da cui i malati provenivano affinché «si evitasse l’effetto santone», come lo chiama Gardi. «Il problema era che bisognava ottenere non la santificazione di Lucarelli, ma la costruzione di equipes mediche in grado di operare in loco secondo il metodo Lucarelli. Quindi formazione dei medici e esportazione del know how nei paesi di origine del malato. Mostrammo il piano in Iran, Egitto, Emirati, India, Cina e iniziammo a girare il mondo». L’entusiasmo che suscitava l’arrivo di Lucarelli e, soprattutto, i risultati positivi da lui ottenuti fecero ricredere una comunità scientifica inizialmente scettica. Nel ’97, i suoi protocolli per curare la talassemia nella sua forma più grave vennero accreditati presso tutta la comunità scientifica internazionale e usati come punto di riferimento per la cura della malattia in tutto il mondo. «Mentre tutto ciò accadeva – precisa il dottore – mi premuravo sempre di avvisare la Regione Marche dei nostri spostamenti e delle nostre iniziative. Anzi, premevo perché consideravo la vicenda assolutamente positiva e ne vedevo una grandissima possibilità di sviluppo anche per l’ospedale San Salvatore». Ma la Regione fin dall’inizio si faceva poco sentire, anzi, premeva su Gardi perché non rinnovasse il contratto al luminare. «Lucarelli era stato rinviato a giudizio. Dalla Regione mi fecero sapere della “non opportunità” del rinnovo. Mi permisi di ricordare che uno in Italia non è colpevole fino a prova contraria».
Il sostegno del Governo di centrosinistra…
Con il nuovo ministro della Sanità, Umberto Veronesi, i rapporti col Governo migliorarono ulteriormente. Veronesi e Lucarelli erano amici di vecchia data e il ministro non ci pensò due volte a sposare l’iniziativa. «Così come straordinaria – ricorda convinto Gardi – fu l’opera dell’allora segretario generale della Farnesina, Umberto Vattani. Con il sostegno del ministro degli Esteri, Lamberto Dini, la cooperazione internazionale stanziò 10 miliardi di vecchie lire per la formazione dei medici stranieri». Rimase in sospeso la parte del piano che prevedeva il soggiorno in Italia dei bambini, delle loro famiglie e delle equipes di medici cui Lucarelli avrebbe “insegnato il mestiere”. Servivano, insomma, altri fondi per realizzare il progetto del duo Gardi-Lucarelli. Si tenga presente che il 95% delle famiglie curate a Pesaro sono indigenti e non hanno i mezzi di sostentamento necessari per far fronte alle spese (un trapianto di midollo osseo costa intorno ai 100-120 milioni di vecchie lire). Intanto il governo preparava il G8 di Genova e la Farnesina decise di portare il progetto dei talassemici come “contributo italiano per l’aiuto ai Paesi in Via di Sviluppo”.
…e di quello di centrodestra
«Quando il ministro degli Esteri del nuovo Governo Berlusconi, Renato Ruggiero, prese visione del nostro piano sobbalzò dalla felicità. Aveva sul tavolo della scrivania un pacco di richieste di aiuto di talassemici di tutto il mondo. Comprese che la nostra proposta poteva essere un’ottima carta di scambio e, si può dire, ci firmò tutti i documenti necessari a occhi chiusi». Al G8 l’iniziativa riscosse un notevole successo tanto che il governo Berlusconi, grazie in particolare all’opera del viceministro dell’Economia, il marchigiano Mario Baldassarri, e di quello della Salute, Girolamo Sirchia, si impegnò con una legge dello Stato a finanziarci con 40 milioni di euro per i primi tre anni (2003-05). «Tale finanziamento ci consentirebbe – prosegue Gardi – di ottimizzare al meglio il nostro servizo, ospitare per tutto il periodo necessario (dai 4 ai 6 mesi) i bambini con le loro famiglie. Famiglie che, ricordo, il più delle volte non potrebbero permetterselo». Perché questo finanziamento andasse a buon fine era necessario che l’ospedale San Salvatore si trasformasse in Irccs, la sola forma giuridica che la legislazione italiana ritiene idonea per un progetto di interesse nazionale.
La lettera di licenziamento
Per Gardi iniziarono i problemi. Nominato da Sirchia “coordinatore della Commissione Nazionale” per definire gli aspetti operativi del progetto, venne accusato da molti esponenti politici del centrosinistra «di incompatibilità rispetto alla fedeltà di carattere politico istituzionale con coloro che mi avevano nominato». Non solo: da più parti “il partito della Playstation” lo ha accusato di “essersi venduto al nemico”, di essere un “collaborazionista”, di esser un emissario di Berlusconi che mira alla privatizzazione dell’ospedale. «Io, da parte mia, ci tengo a sottolineare che, durante il mio mandato, l’ospedale ha avuto un’enorme crescita e abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi assegnati all’azienda. Non ho bistrattato il resto per dedicarmi solo alla questione dei bambini talassemici, anche perché le due cose erano necessariamente legate. Che l’Irccs, come sostiene la Regione, sia uno strumento di privatizzazione è una notizia tecnicamente falsa. Si tratta invece solo di una modalità di collaborazione fra Stato e Regione. L’Irccs è un’idea vincente». Per queste sue opinioni Gardi ha ricevuto dalla Regione una lettera in cui gli vengono imputati sette “capi d’accusa” che, come spiega lui stesso, «riguardano solo marginalmente il merito della questione. Tant’è che il riferimento documentario è una rassegna stampa opportunamente selezionata». Per questi suoi “reati d’opinione” Gardi verrà licenziato da quella stessa giunta che lo nominò. «Uno dei “capi d’accusa” è la mia partecipazione al convegno organizzato in città dall’associazione Medica&Persona e Compagnia delle Opere che mi chiese di intervenire in un’assemblea pubblica per spiegare la vicenda. Chiamo a testimoni i 1000 partecipanti dell’incontro: nessuno oserebbe accusarmi di aver usato toni inquisitori contro chicchessia». La lettera è giunta a Gardi il 14 dicembre; «formalmente – spiega – sono ancora a capo dell’ospedale perché la procedura di licenziamento deve ancora avvenire. Io ho già risposto a tutti i punti, ho chiesto l’archiviazione immediata e mi sono riservato di rifarmi in sede giuridica se necessario».
Morale (speriamo di no)
Che accadrà se il Presidente Vito D’Ambrosio e la Regione Marche bloccheranno il progetto? «Che nella migliore delle ipotesi bisognerà ricominciare da capo e in altra sede. Che Pesaro perderà un’occasione più unica che rara. Che il trasferimento costerebbe ritardi di tempo e denaro per un progetto già approvato e finanziato». Non è paradossale che il piano venga bloccato da “giocherelloni” italiani anche là dove, come in Palestina (cfr. box 2), si è instaurata una miracolosa collaborazione fra israeliani e palestinesi? Chi glielo spiega ai bambini?
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!