Il piccolo Rayan e il Marocco ci insegnano «l’enormità della vita»

Di Leone Grotti
07 Febbraio 2022
La vicenda del piccolo di 5 anni, caduto in un pozzo martedì ed estratto nelle prime ore di domenica, già morto, non è soltanto «commovente». Come ricorda papa Francesco, e come scrisse Testori commentando il caso analogo di Alfredino, disvela e insegna
Operazioni di soccorso in Marocco per salvare il piccolo Rayan

Operazioni di soccorso in Marocco per salvare il piccolo Rayan

Il piccolo Rayan è stato estratto sabato notte dal pozzo profondo 32 metri dov’era caduto martedì, nel villaggio di Ighran, 500 anime abbarbicate sui monti del Rif, in Marocco. È stato subito trasportato in ospedale da un’ambulanza, con i soccorritori che si facevano largo tra ali festanti di folla, certi che l’incubo fosse finito. Ma pochi minuti dopo un comunicato del Palazzo reale ha ammutolito il paese: il bimbo di cinque anni, rimasto intrappolato sul fondo di quell’imbuto nero che il padre stava sistemando, era già morto a causa delle ferite riportate nella caduta.

Rayan e la Giornata mondiale della vita

Rayan è morto proprio nel giorno in cui si celebra la Giornata mondiale della vita, un controsenso beffardo che in Italia ricorda inevitabilmente il dramma di Vermicino del 1981. Rayan, come Alfredino, non è sopravvissuto. Sono state inutili le preghiere alzate a Dio da un popolo intero, inutile l’intervento di Ali Sahroui, «l’eroe del deserto» esperto di cunicoli che dopo aver sentito la notizia in televisione, è partito dal Sud del Marocco per portare ai genitori del piccolo, Khaled e Wassima, il suo aiuto. Hanno scavato con le pale, gli scalpelli, le unghie ma non sono riusciti a salvarlo.

Impossibile trovare parole adeguate davanti al dolore della mamma e del papà di Rayan. Come scrivono in tanti, la vicenda «ha commosso il mondo», certo, e il movimento del popolo marocchino, proteso chi con le mani chi con le preghiere a salvarlo, «riscalda il cuore», sicuramente.

Le parole di papa Francesco

Ma forse la chiave giusta per affrontare questo dramma l’ha trovata papa Francesco, che domenica all’Angelus in Piazza San Pietro, ricordando la Giornata mondiale della vita, ha sottolineato:

«Siamo abituati a vedere e leggere tante notizie brutte. Io vorrei oggi menzionare due cose belle. In Marocco tutto un popolo si è aggrappato per salvare Rayan, tutto il popolo riunito a lavorare per salvare un solo bambino. Ce l’hanno messa tutta, purtroppo non ce l’hanno fatta. Ma voglio ringraziare il popolo del Marocco per la sua testimonianza: tutti per salvare un bambino».

Rayan ci ricorda «l’enormità della vita»

Alla luce delle parole del Papa, non ci si può limitare a dire che la vicenda di Rayan «scalda» e «commuove», provoca sentimenti ed emozioni che svaniscono dopo pochi minuti o, quando va bene, dopo poche ore. La vicenda di Rayan disvela e l’esempio del popolo marocchino insegna. Insegna che vale la pena fare di tutto, tentare di tutto, anche attraversare un intero paese, pur di salvare un solo bambino.

È banale, ovvio, scontato questo? Non serve certo ricordare quanti aborti vengono compiuti in Italia ogni anno e che al Parlamento è in discussione una legge per legalizzare l’eutanasia, per non citare il referendum, per rispondere. Quello che ci insegna la vicenda di Rayan, così simile a quella di Alfredino, lo aveva spiegato bene Giovanni Testori, che scrisse sul Sabato:

«Tutto nei soccorsi tentati attorno al pozzo di Vermicino è risultato casuale; e questo tanto più, quanto più proveniva dagli organi costituiti; dagli organi, dunque, del potere. Feriti e come ammutoliti da quella disumana casualità, si sono mossi alcuni uomini che, di colpo o, forse, per quotidiana convinzione, rivelarono a se stessi e agli altri l’enormità, la grandezza e la totalità della vita; ed eccoli, allora, pronti a dare le loro, di vite, per salvare quella del piccolo, implorante fratello».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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