Il pettegolezzo in cattedra

Di Laura Borselli
23 Agosto 2007
L'insegnante di greco approdato alla direzione di Chi racconta la passione per la Callas e i classici. Le delusioni e le sorprese del fare il Signorini, come quella volta che Rocco Siffredi.

Duro d’orecchi e riservato. Trincerato in una Mondadori mastodontica cattedrale nel deserto torrido di Segrate, Alfonso Signorini sembra tutto fuorché il re del gossip. «Parli forte, perché ci sento un po’ poco». Allora dev’essere il fiuto a permettere al suo Chi di infilare uno scoop dietro l’altro. Quello dell’estate è senza dubbio il servizio su Gianpiero Fiorani beccato nella villa in Sardegna di Lele Mora. Quel che ne è seguito è ormai storia. I quotidiani che riprendono le foto, l’ex ad della Popolare di Lodi tutt’ora indagato per la scalata Antonveneta che diventa “il cubista del Billionaire”. «Sappiamo tutti molto bene che non è una bella persona a giudicare da quello che ha fatto perché è stato alla base di Bancopoli, su Antonveneta ne ha fatte di tutti colori, saranno i giudici poi a giudicare per carità. Ma è altrettanto vero che a conoscerli i Fiorani sono una coppia umanamente straordinaria. A un certo punto, complici anche noi di Chi che li abbiamo scoperti, si sono ritrovati protagonisti di un certo tipo di estate. Noi non siamo qui né a esaltare né a condannare i Fiorani, ma semplicemente a proporli a un pubblico. Poi guarda caso i quotidiani li hanno trasformati nel fenomeno dell’estate del 2007. Ma noi lavoriamo senza scompartimenti».
A lavorare «senza scompartimenti e senza pregiudizi», come ama sottolinare, Signorini ha iniziato collaborando con Tv Sorrisi e Canzoni, sulla sua strada molti direttori importanti, da Gigi Vesigna a Noi, a Carlo Rossella a Panorama, fino a Silvana Giacobini, in quel settimanale che oggi è lui a dirigere. Dirige Chi ma fa anche una miriade di altre cose, la collaborazione con Radio Montecarlo e poi Verissimo, Scherzi a parte, Markette (ora tutti in pausa estiva) e Lucignolo. «Direttore, se non è un prezzemolino, lei?». «Me lo dicono tutti ma non è vero! Si vede che fanno tante repliche…».
Di Alfonso Signorini, milanese, classe 1964, una laurea in lettere classice alla Cattolica si conoscono molti aneddoti. Sempre gli stessi, per la verità, come punti fermi messi lì a riempire le righe dell’agiografia ufficiale di un “santone” del gossip in realtà molto riservato. Si sa che approdò al giornalismo facendosi “raccomandare” da un suo alunno. Erano gli anni Novanta e insegnava italiano, latino e greco dai gesuiti del Leone XIII, a Milano. Sui banchi anche il figlio di Pier Luigi Ronchetti, allora vicedirettore di Tv Sorrisi e Canzoni. Le cronache narrano che l’insegnante convocò i genitori, che quelli si precipitarono e che ben presto la rubrica del prof. comparve sulle pagine del settimanale. I muscoli esercitati nel corso della carriera giornalistica si scaldavano da tempo, quando ascoltava di nascosto le telefonate della sorella coi fidanzati e quando commissionava il tema “la mia famiglia” ai suoi alunni. «Sono un ascoltone», ha dichiarato diversi anni fa in un’intervista a Claudio Sabelli Fioretti.

I gusti del pubblico
Tempismo perfetto, perché se non son tempi per ascoltoni questi. Coi giornali che inseguono i rotocalchi, le intercettazioni che dilagano. Cosa sta succedendo? «Questo discorso vale da diverso tempo. Basta guardare le ultime pagine dei nostri quotidiani più autorevoli per vedere che spesso sono un prolungamento di Chi e di Vanity Fair e sono cioè sempre più sensibili ai temi di costume e società e anche a quelli del gossip. Lo stesso vale per i telegiornali. Questo accade perché il giornalismo si è adeguato ai gusti del pubblico». Niente scrollate di capo di fronte al popolo bue e agli argomenti da parrucchiere, da queste parti l’intera faccenda viene presa con ironia. «In fondo questo sdoganamento dei temi più leggeri si è scoperto che funziona parecchio. Perché, come io dico sempre, il gossip soddisfa il voyerismo che alberga in ciascuno di noi. Una volta lo si guardava come un giornalismo di serie B. Si diceva “Ah, sì l’ ho letto dal barbiere”. Oggi invece, parlo ovviamente del mio giornale, vedo con grande soddisfazione che Chi è stato sdoganato».
Da sempre sostenitore della valenza terapeutica e in un certo modo catartica del gossip, il direttore di Chi ha all’attivo due libri, ma il suo deve ancora arrivare. Esce in settembre, infatti, il romanzo dedicato a Maria Callas, un mito che l’accompagna dall’ infanzia. Sotto lo sguardo penetrante e fiero della grande soprano (la scrivania è piena di sue foto in bianco e nero), Signorini spiega la genesi di un romanzo sudato, aspettato da molto tempo, curato con pudore e discrezione. «Questo per me è un libro molto importante, lo dico anche con un po’ di presunzione. Fino ad ora io non ho scritto libri importanti né che considerassi veramente miei». Nel suo carnet c’è Costantino desnudo, dedicato al fenomeno macho bonazzo della tv italiana creato da Maria de Filippi e poi Il Signorini, un vocabolario del gossip dal titolo narciso che ammicca volutamente ai dizionari che si portavano sotto braccio il giorno del compito in classe al liceo. «Il Signorini, che pure è arrivato alla terza edizione, non è un libro che ho voluto io, me lo ha chiesto l’editore. Io da tempo bussavo alla porta per questo libro sulla Callas. Quello che ho scritto è il primo romanzo sulla vita di Maria. Sono entrato in possesso di documenti molto privati, di lettere in cui Maria Callas parla a se stessa di se stessa e che ho deciso volutamente di non pubblicare. Anche se lei non c’è più e sicuramente sarebbe stato un scoop straordinario. Ma non mi sembrava giusto, per rispetto. Allora ho preferito celare in un romanzo completamente inventato quello che sapevo e nessuno saprà mai cosa c’è di vero e cosa no in quel libro. Io con la Callas sono cresciuto. Una volta, avevo dodici anni e i miei mi avevano mandato a Parigi a studiare il francese feci la posta sotto casa sua e riuscii a vederla per un attimo. È un’immagine che ho ancora negli occhi».

Da Markette all’Odissea
Un mito, come capita spesso di incontrarne a chi di mestiere si diletta a giocar con le parole per raccontare fatti e persone. Qualcuno dice che non bisogna incontrare i propri miti, pena perdere la magia dell’idealizzazione. «Sì mi è capitato di rimanere deluso dalla povertà intellettuale e umana di certi individui». Niente nomi, per carità. Solo esempi positivi. «Una delle prime sorprese positive che ho avuto è stato Rocco Siffredi, una quindicina d’anni fa. Adesso è stato sdoganato, fa pure una pubblicità, ma allora non era così e io sono andato a incontrarlo anche un po’ controvoglia, pensando di andare incontro a chissà quale squallore e invece lui si è rivelato divertente e spiritoso in modo intelligente, non sguaiato né volgare, una persona peraltro che aveva pure letto qualche libro nella sua vita».
Grande amante della cultura classica farebbe leggere a tutti l’Odissea di Omero. «In quel libro c’è tutto l’ uomo, tutta la sua ansia. In ognuno di noi c’è un Ulisse, la persona curiosa che vuole sempre sfidare i limiti, c’è la passione, l’amore, l’amicizia. Tutti i sentimenti dell’uomo con la “U” maiuscola». A proposito di limiti fece piuttosto scalpore a Markette quando, da omosessuale, si disse contrario al matrimonio e all’adozione per i gay. «Premetto che ci sono dei diritti importanti da difendere e sono quelli delle coppie di fatto, etero o omo che siano. È vero che la cultura omosessuale per tanto tempo è stata repressa e in particolare nella società italiana perché la vicinanza della Chiesa e del Vaticano si fanno sentire, per questo c’è una sorta di ansia di rivendicazione da parte di ciascun omosessuale. Tutto questo io lo capisco. Però capisco altrettanto bene che ci sono dei capisaldi nel nostro vivere civile, che sono quelli della famiglia che non possono essere messi in discussione. Cioè la natura ci ha guidati a relazionarci con l’altro sesso in modo naturale in modo spontaneo e a edificare nel bene e nel male una famiglia che è alla base del nostro vivere sociale. Allora, pur riconoscendo il diritto di un gay di unirsi al proprio compagno, ritengo che dire che due uomini o due donne siano famiglia o possano adottare un figlio o addirittura ricorrere alla provetta vada contro la natura. E la natura va rispettata perché nella natura c’è la legge di Dio. Questa è un opinione personale, lo vivo, confesso, anche con grande dolore perché a me un figlio manca e oltretutto io mi considero famiglia con il mio compagno perché abbiamo una lunga storia vissuta insieme. Ma tutti e due abbiamo la consapevolezza che nel rispetto dell’equilibrio e della crescita di un eventuale figlio non potremmo mai essere genitori. Questo è ovvio».

Quelle gite con Giussani
Si dice che lei sia un devoto del fondatore di Comunione e liberazione. «Sì è vero, mi ricordo benissimo don Giussani ho fatto due pellegrinaggi con lui dal Papa. Facevo parte di Cl. Giussani, era una persona trascinante, molto schietta, di poche parole, anche un po’ burbera ma estremamente vera. Oggi qualche volta vado alle messe per lui e al cimitero Monumentale a pregare sulla sua tomba. Gli sono legato».
«Lei si scaglia spesso contro il buonismo, è una malattia tutta italiana?». «Il buonismo è una piaga. A me non piace neanche graffiare, onestamente. Mi piace, questo sì, non avere preconcetti. Molto spesso chi fa il nostro lavoro ha delle categorie mentali che non cambia mai. Dunque, per esempio, se di una persona parla bene andrà avanti sempre a parlarne bene, viceversa quelli nella lista nera sono spacciati. Una volta feci un servizio molto duro sul ritorno dei Savoia in Italia per Panorama di Carlo Rossella. Loro si arrabbiarono molto. Tempo dopo, ero a Chi, dovevamo fare un servizio su di loro e Marina Doria chiese espressamente di me. “Ci fidiamo più di una persona come lei che racconta le cose come stanno che di tutta una pletora di leccaculi di cui siamo circondati”, mi disse. Usò proprio questa espressione e io rimasi impressionato». Un riscatto non si nega a nessuno, sempre che “il riscatto” possa arrivare dalle pagine. «Lo dico spesso che il gossip è un gioco. Non salviamo i destini dell’umanità, se mai contribuiamo nel nostro piccolo a rendere le ore un po’ più piacevoli. Ciononostante fare gossip non è facile, ci vuole intelligenza». Insomma, qui la Serie B non c’entra proprio nulla.

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