
«Il Papa ha compiuto un gesto in linea con il suo pontificato. Che è stato potentissimo»
«Abbiamo assistito all’umiltà di un padre che, in un mondo e una Chiesa in cui tutti proviamo ad aggiustare le cose con le nostre capacità e poteri, si è abbandonato al disegno di un Altro: “Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che (…)”. Queste parole mi hanno colpito». Così Pippo Corigliano, ex portavoce dell’Opus Dei, parla a tempi.it delle dimissioni di papa Benedetto XVI.
Le dietrologie sul perché di questa scelta si sono sprecate sui giornali.
Non credo a chi parla del cedimento di un uomo sconvolto dai fatti contingenti, dalle difficoltà e dagli attacchi esterni ed interni alla Chiesa, come ad esempio lo scandalo “vatileaks” o quello della pedofilia. Chi la pensa così non lo conosce abbastanza, non ha seguito il suo pontificato, non ha letto il suo Magistero, non ha guardato la sua forza. Certo, questo non significa che la Chiesa, come ha detto più volte anche lui, non sia in difficoltà: per questo dobbiamo pregare molto.
Il Papa ha parlato della necessità di «vigore sia del corpo, sia dell’animo» per «governare la barca di san Pietro». Tanti hanno letto queste parole come una resa alla modernità.
È la tesi di Ezio Mauro sulla Repubblica di ieri. Si sbaglia, questo Papa ci ha messo davanti al fatto che la forza per combattere il laicismo viene dall’affidamento a Dio. Con lo stesso criterio ha maturato la sua scelta, che dunque non è affatto una resa in discontinuità con il suo pontificato. Il Santo Padre ci ha ricordato spesso che per stare dritti davanti agli attacchi del mondo bisogna stare in ginocchio davanti a Dio. «Non abbiate paura», ha detto poi ripetendo le parole di Giovanni Paolo II e portando avanti la parabola iniziata dal suo predecessore: queste parole non erano per gli assediati, ma per chi assedia la Chiesa. Entrambi i papi poggiati su Cristo non hanno avuto paura di sfidare il male contrattaccando con una forza diversa da quella del modo: quella di un Dio che ci ama fino ad essere disposto a salvarci morendo per noi.
Cosa ha significato questo pontificato per la storia della Chiesa e del mondo?
Lo capiremo con il tempo ma si può già dire che è stato potentissimo. Penso al livello ecumenico, all’emorragia della Chiesa di Inghilterra nei confronti del cattolicesimo, al bel dialogo nato con i luterani, agli ottimi rapporti con gli ortodossi. Ricordo le tre encicliche, la “Deus caritas est”, la “Spe salvi”, la “Caritas in veritate”, proiettate verso un solo obiettivo: dire al mondo che il cristianesimo non è una dottrina, un’etica, ma innanzitutto il rapporto con un uomo vivo che ci ama. Mi viene in mente poi la profondità elementare della sua ragione, emersa nei discorsi agli intellettuali francesi a cui ha ricordato ciò che le grandi menti non comprendono più: che l’Europa ha radici nei conventi benedettini, in cui si è ricostruito il mondo a partire dalla preghiera e dalla ricerca di Dio. Penso poi alla sua presenza al Bundestag tedesco, quando ha parlato di fronte a un’assemblea legislativa della legge naturale illuminata dalla fede e quindi dell’unità fra questa e la ragione, oggi percepite soprattutto dai legislatori come separate. Ricordo infine l’importanza della visite apostoliche, come quella in Gran Bretagna, dove persino i giornali laicisti passarono dall’iniziale ostilità a titolare con sorpresa in suo favore dopo averlo incontrato e ascoltato.
Infine ha indetto l’Anno della fede.
Questo credo sia il punto centrale del bersaglio a cui mirava: continuava a ripetere che non dovevamo dare per scontato la fede in Cristo, ci ha detto che spesso la nostra era debole: «C’è un modo superficiale di toccare Cristo», ha ribadito ai seminaristi di Roma solo tre giorni fa, «che non ha nulla a che vedere con il vero incontro con Lui (…) E c’è un modo di toccarLo profondamente», come la donna che per farsi guarire gli ha afferrato il mantello non «solo con la mano, ma con il cuore». Benedetto XVI ci ha poi chiarito, come spiega nel suo libro “Gesù di Nazaret”, che il regno di Dio per vedersi all’esterno deve prima rientrare nel cuore umano. Tanto che ha voluto introdurre l’Adorazione Eucaristica nelle Giornate mondiali della gioventù per stare con noi davanti a una Presenza reale che sola può riempire il cuore umano.
Eppure quando ha detto che la sua è stata una scelta di fede maturata nel dialogo con Dio si avverte una certa distanza.
È stato evidente, guardandolo, che lui vive in questo dialogo che ha cercato di insegnarci. Lo ha fatto anche mettendoci continuamente davanti alla figura della Madonna, che ha vissuto in questo modo e che sta assistendo la Chiesa come non mai. A Lei ieri ha dedicato le sue ultime parole, chiedendoci di pregarla per assistere i cardinali nella scelta del prossimo Papa. Il primo gennaio, nella solennità di Maria Santissima, ci ha domandato: «Come possiamo sentire in noi la pace, malgrado i problemi, le oscurità, le angosce?», e ha ricordato la vita della Madonna piena di fatti anche apparentemente contrari a Lei. «In tutto ciò, però, Maria non si è scomposta – ha sottolineato – perché non si ferma alla loro superficie ma li custodisce nella sua memoria e nel suo cuore per guardarli con gli occhi di Dio ciò le dà serenità. È questa la pace interiore che vorremmo avere in mezzo agli eventi a volte tumultuosi». Occorre quindi stare così anche di fronte a questo evento epocale, «per comprendere qualcosa della Sua volontà», come il Pontefice ci ha ripetuto anche nell’Udienza del 19 gennaio scorso, per accogliere ciò che non comprendiamo «dell’agire di Dio, lasciando che sia Dio ad aprire la mente e il cuore».
Quindi dobbiamo accogliere ed essere certi della bontà della scelta del Papa?
Dobbiamo pregare lo Spirito e la Madonna per questo, sicuri che la Chiesa sia veramente condotta da loro e non da noi. La nostra azione è solo successiva al volere di Dio, come disse il Papa all’ultimo sinodo. Nelle difficoltà che la Chiesa sta attraversando intravediamo proprio lì la vittoria: in una modernità che sta riducendo con aborto, divorzio, matrimonio omosessuale, manipolazioni umane e naturali il mondo a un deserto di morte, sarà sempre più evidente che solo la Chiesa è capace di difendere l’uomo, il creato e di ricostruire, riproponendo la salvezza che l’uomo non può darsi da sé.
Durante l’Angelus, il giorno prima delle dimissioni, il Papa ha detto: «L’uomo non è autore della propria vocazione, ma dà risposta alla proposta divina; e la debolezza umana non deve far paura se Dio chiama. Bisogna avere fiducia nella sua forza che agisce proprio nella nostra povertà». Sembra una contraddizione…
Invece no. Il cristiano è un bambino davanti a Dio, perché solo così il Suo Regno entra in noi, trasformandoci in eroi che vincono non uccidendo gli altri, bensì dando la vita per loro. Questa è l’umiltà che dobbiamo imparare in un mondo dove regna la superbia: «Senza di me non potete fare nulla», ha detto Cristo. Significa ancora che senza preghiera e discernimento, senza rimanere con Lui, non è che possiamo fare qualcosa, ma proprio nulla che valga e duri. Diversamente si può cambiare il mondo.
Articoli correlati
2 commenti
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
Non posso votare Joseph Ratzinger, avrei votato e voto Oscar Giannino
Bravo Poli. Hai capito tutto.