
Il Papa condannerà il comunismo come fece Pio XI col fascismo?

Articolo tratto dal numero di gennaio 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.
Chi somiglia di più a noi Molokani, almeno ai Molokani di ieri (ora in Armenia, caduto il comunismo, respiriamo)? I cattolici cinesi. Mi verrebbe voglia di dire: i cinesi punto e basta.
C’è una spiegazione che fa riferimento alla diplomazia e al male minore. La Chiesa cattolica ha firmato nel 2018 un accordo con il governo cinese. Una specie di Concordato, anche se formalmente non lo è, ma ha comunque il medesimo scopo di mettere ordine nei rapporti tra Stato e Chiesa. Nello specifico cinese, si tratta di consentire il rientro nella legalità della Chiesa sotterranea, fedele al Papa. Fine delle persecuzioni, purché accetti di subordinarsi di fatto alla Chiesa patriottica, già scomunicata perché metteva il Partito comunista sopra l’autorità apostolica.
Gli intenti sono ottimi, e bisogna fidarsi del Papa perché il Papa è il Papa. Noi Molokani siamo una propaggine degli ortodossi, per cui non conosciamo bene il catechismo cattolico, ma sappiamo che questa faccenda del vescovo di Roma e del suo primato caratterizza intimamente il credo in Cristo dei cattolici, non è un espediente organizzativo. Rispetto, fiducia nel Papa e nella secolare esperienza dei suoi diplomatici sono un dato imprescindibile di qualsiasi ragionamento o critica.
Procedamus. Non è chiaro cosa dica questo accordo, essendo alcune clausole rimaste segrete. Non si capisce se i vescovi siano da questo momento scelti da Pechino e ratificati (con possibilità di opporsi) da parte della Santa Sede, oppure il contrario. Logico che ci sia un prezzo per garantire unità e serenità del culto. Il fatto è che da quando è in vigore questo accordo, è come se si fosse dato l’ok al regime perché 1) maltrattasse più di prima i cattolici clandestini, colpiti nell’esatto momento in cui vengono allo scoperto, 2) avesse potestà sul credo. Sono sicuro di no. Eppure il regime lo ha inteso così, nel silenzio pubblico del Vaticano.
Incredibile ma vero. Il Corriere della Sera il 23 dicembre ha spiegato che è passata una direttiva del Politburo centrale: il Vangelo, come gli altri testi sacri, verrà tradotto e riscritto dal Partito comunista, perché dev’essere chiaro che «la Cina è sotto il controllo del Partito comunista, che è più grande di Dio».
Che farà il Papa con la Segreteria di Stato? Quell’accordo era in prova. Ne chiederà la revisione?
Improvvisamente mi è tornato alla mente un precedente. Nel 1929 furono firmati i Patti lateranensi e il Concordato tra Santa Sede e Regno d’Italia. Tra fascismo e papato. Molti nel regime e nella Chiesa non gradirono quel passo, voluto da Pio XI e da Mussolini. Il regime credette di aver tacitato le pretese dei cattolici, di averli premiati, e cominciò a perseguitare l’Azione cattolica e a sequestrarne le sedi. Pio XI non tacque, reagì. Scrisse un’enciclica formidabile. Non annullò il Concordato, ma pose un altolà al regime che lo stava tramutando in una catena. Magari una catena d’oro, ma intollerabile comunque.
Una vera e propria statolatria
Nel maggio del 1931, due anni dopo aver accolto come provvidenziali quei trattati internazionali, papa Ratti promulgò l’enciclica Non abbiamo bisogno. Nell’enciclica viene denunciato «il proposito – già in tanta parte eseguito – di monopolizzare interamente la gioventù, dalla primissima fanciullezza fino all’età adulta, a tutto ed esclusivo vantaggio di un partito, di un regime». Aggiungeva: «Colpire a tale scopo, come ultimamente si è fatto, le sue Associazioni giovanili equivale ad un vero e proprio impedire che la gioventù vada a Gesù Cristo». Nel testo il Pontefice brianteo coglie l’occasione per difendere i Patti lateranensi, ma condanna il fascismo come dottrina e come concezione della vita. Scrive: «[Il fascismo è] una vera e propria statolatria pagana, non meno in contrasto con i diritti naturali della famiglia che con i diritti soprannaturali della Chiesa».
Non so perché, ma da vecchio eretico, erede di genti perseguitate, mi viene in mente questo precedente da proporre alla Segreteria di Stato. Ma mi dicono sia impossibile oggi una condanna del comunismo, almeno fino a che non ne diventi capo Salvini.
Foto Ansa
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