
Il Papa ai giovani: «Imparate a vedere come Dio agisce nelle vostre vite»
«Siate sempre lieti nel Signore!», ha chiesto papa Benedetto XVI ai giovani immersi nella crisi che il mondo sta attraversando nel messaggio per la XXVII Giornata mondiale della gioventù. E lo ha fatto senza compiangerli ma esortandoli, come ebbe il coraggio di fare Dio con Giobbe, ad alzare lo sguardo verso il Signore che ci offre la gioia «di vivere, di un lavoro ben fatto, dell’amore sincero e puro». Perché c’è Lui dietro «ai bei momenti della vita (…) anche se non appare a prima vista». Ma occorre riconoscerLo, ha chiarito il pontefice cogliendo la debolezza di un’epoca che «induce a cercare i piaceri immediati». Perché «il senso profondo della nostra vita sta non in un’accoglienza fragile come può essere quella umana», ma nel Dio cristiano che non è una cosa vaga. Anzi. C’è un modo per conoscerLo: «Imparate – ha continuato – a vedere come Dio agisce nelle vostre vite, scopritelo nascosto nel cuore degli avvenimenti del vostro quotidiano». Poi c’è il Vangelo, dove trovare risposte «alle domande più profonde che albergano nel vostro cuore» e unica strada alla felicità. «La felicità che cercate, infatti, è solo in Cristo», ha ribadito il Santo Padre.
Quindi l’affondo: «Cari giovani, non abbiate paura di mettere in gioco la vostra vita facendo spazio a Gesù Cristo (…), non abbiate paura della chiamata di Cristo alla vita religiosa. Egli colma di gioia coloro che lasciano tutto per rimanere con Lui. Allo stesso modo, grande è la gioia che Egli riserva all’uomo e alla donna che si donano totalmente l’uno all’altro nel matrimonio per diventare segno dell’amore di Cristo per la sua Chiesa». È così, ha proseguito, che capirete «che Egli è sempre fedele all’alleanza che ha stretto con voi nel Battesimo» e «che non vi abbandonerà mai». Scoprendo questo ogni cristiano può testimoniare la gioia. Qui il compito che Benedetto XVI ha affidato ai suoi «cari amici» senza paura di chiedere troppo: «Vorrei dirvi che amare significa costanza, fedeltà, tener fede agli impegni». Non perché si debba, ma perché «la fedeltà e la perseveranza nel bene conducono alla gioia» che «anche se non sempre immediata» è la sola «a durare» e «a rendere la società più giusta e umana» diversamente «dalla ricerca del potere, del successo materiale».
Lo sguardo del Pontefice si è poi rivolto alla cura della Chiesa: «Impegnatevi affinché le comunità cristiane possano essere luoghi privilegiati di condivisione, di attenzione e di cura l’uno dell’altro», perché «c’è uno stretto legame tra la comunione e la gioia e soltanto insieme, vivendo la comunione fraterna possiamo sperimentare la gioia». Ma il Papa non si è accontentato, ha chiesto altro, di gioire anche nella prova. E qui il dubbio. Come può un padre chiedere a un figlio di gioire nella Croce? «La risposta ci può venire da giovani come voi», come «Chiara Badano. All’età di 18 anni, in un momento in cui il cancro la faceva particolarmente soffrire aveva pregato lo Spirito Santo. “È stato proprio un momento di Dio – scriveva la ragazza – soffrivo molto fisicamente, ma l’anima cantava”. Ripeteva poi spesso: “Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch’io”». Da qui si capisce che «con Lui e in Lui, la sofferenza è trasformata in amore», ha chiarito papa Benedetto.
Il Santo Padre ha chiamato i «giovani discepoli di Cristo» a «mostrare al mondo che la fede porta una felicità e una gioia vere», sia a coloro che soffrono sia «nei vostri luoghi di lavoro e nei vostri gruppi di amici». Perché solo arrivando fino a qui «riceverete il centuplo: la gioia della salvezza per voi stessi» e «di vedere la Misericordia di Dio all’opera nei cuori». Ma conoscendo le cadute inevitabili in una simile strada il Papa ha ricordato con realismo che non si può procedere se non ripartendo continuamente «dalla Confessione, in cui si sperimenta l’amore infinito di Dio». E ha affidato i «suoi ragazzi» alla Vergine Maria «chiamata “causa della nostra letizia” perché ci ha dato Gesù». Affinché «Ella vi introduca in quella gioia che nessuno potrà togliervi!».
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