
Il New York Times difende Obama e attacca il Newsweek. I democratici sono sempre più divisi
La scelta della direttrice del Newsweek, Tina Brown, di scaricare Barack Obama proprio alla vigilia delle elezioni presidenziali, sta scatenando la guerra fra i media democratici. Alla decisione della Brown di affidare il pezzo di copertina al filo-conservatore Niall Ferguson, che ha messo in luce tutte le falle del Presidente, è seguita infatti una dura reazione del New York Times. Che invece si è servito della penna del premio nobel Paul Krugman per sconfessare la tesi del professore di Harvard.
Secondo Krugman, Ferguson avrebbe omesso dei dati per affermare il costo insostenibile per l’America della riforma sanitaria di Obama. Il premio Nobel ha parlato di giornalismo «non etico» e di distorsione delle conclusioni del rapporto del Congressional budget office (Cbo), il dipartimento del Parlamento che controlla il bilancio. Ferguson aveva infatti citato la voce del Cbo sui costi della nuova copertura sanitaria relativa all’adozione dell’ “Obamacare”: mille miliardi di dollari netti in dieci anni. Per Krugman l’omissione sta nel fatto che Ferguson non ha citato anche la voce relativa ai risparmi contenuta nel rapporto, fra cui ci sarebbe l’aumento della tassazione delle polizze sanitarie. Ma è proprio su questo punto che i difensori del conservatore hanno fatto leva per ribattere. Ferguson stesso ha risposto sul The Daily Best e ha dichiarato alla Bloomberg Tv che il Presidente aveva giurato di abbassare le tasse e che quindi la tesi di Krugman non fa altro che rivelare un’altra menzogna, frutto dell’incapacità del titolare della Casa Bianca di creare un piano per la crescita: «È assolutamente chiaro quello che la Cbo ha detto, cioè che il costo dell’Aca (Affordable care act) non sarà alimentato dall’incremento dei redditi», ha chiarito Ferguson. Non c’è dunque alternativa «o ci sarà un incremento della tassazione, un altro fatto che il presidente Obama aveva promesso di evitare, o il deficit crescerà». In entrambi i casi, dunque, Barack Obama avrà disatteso quanto annunciato.
Lo schieramento di Newsweek resta difficilmente riconducibile alla sola posizione del suo direttore. E anche la guerra fra giornali non può essere ridotta alla storica battaglia tra il Nobel e il saggista che si sono già scontrati più volte sui temi economici. Cosa c’è dietro alla diatriba? Forse il frutto di quanto descritto dal libro pubblicato lunedì da politico.com, una dei siti politici più seguiti dagli elettori americani. Nel libro si afferma che l’ex macchina da guerra della campagna elettorale 2008 di Barack Obama sia ora frenata da dissidi interni, i quali avrebbero causato anche tutte le gaffe di cui è stata costellata la campagna democratica 2012. L’e-book dal titolo “Obama last Stand” (“L’ultima battaglia di Obama), sostiene gli scontri sarebbero cominciati tra i due consiglieri intimi del presidente, David Axelord e Stephanie Cutter. Mentre una frangia del partito ha messo in dubbio non solo l’operato del capo del Comitato nazionale democratico, Debbie Wasserman Shultz, ma addirittura quello del Presidente. Proprio come ha fatto la rivista liberal della Brown. La crisi sarebbe poi peggiorata in seguito alle posizioni del vicepresidente Joe Biden sul matrimonio omosessuale, che hanno colto impreparato il partito. Infine, la diatriba sull’utilità dei superpac, i comitati politici che raccolgono milioni di dollari dagli elettori, prima attaccati da Obama e poi da lui stesso usati, ha contribuito a incrementare le distanze fra la Casa Bianca e i leader di Chicago, dove ha sede il quartier generale della campagna elettorale del Presidente.
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