Il Natale secondo don Peppo e don Cecco

Di Emanuele Boffi
30 Novembre 2020
Conte e Boccia ci spiegano come festeggiare il 25 dicembre e a che ora andare a Messa. Non bastano loro i dpcm, ci fanno pure le prediche

È troppo chiedere al presidente del Consiglio e ai suoi ministri di non farci la predica? Che tra trono e altare vi sia attrito non è storia d’oggi, ma davvero risultano fastidiosi questi ministri che si mettono la talare e sventolano turiboli per spiegarci cos’è il Natale, e quando arriva Gesù bambino, e come dobbiamo accoglierlo. Chi sono loro per giudicare? I nuovi ministri del culto? E nominati da chi?

L’eresia del cronometro

Già aveva iniziato il premier don Giuseppe Conte a farci l’omelia («il Natale non è solo fare regali, molto buono per dare impulso all’economia, ma è anche raccoglimento spirituale, e farlo con tantissime persone non viene troppo bene»), ma ora che si avvicina il 25 dicembre anche il ministro Francesco Boccia si è sentito in dovere di dire la sua: «Lo dico da cattolico, non è eresia seguire la Messa o far nascere Gesù due ore prima. Non facciamo i sepolcri imbiancati. Eresia è non accorgersi dei malati e dei bisognosi, delle difficoltà dei medici. È quello che ci ha insegnato papa Francesco. Il Natale non si fa con il cronometro, ma è un atto di fede».

(Ora, sia detto tra parentesi da cattolici molto meno cattolici del cattolicissimo monsignor Boccia, ma noi ci ricordiamo che papa Bergoglio a proposito delle Messe in tempo di pandemia – vero argomento del dibattere, mica i poveri – ha parlato di pericolo di una Chiesa “viralizzata”).

Non vuoi prendere il Covid? Vieni in Chiesa

A marzo, col primo lockdown, le chiese erano state chiuse. Già allora, come ricorderete, questo giornale – senza toni rancorosi né piagnoni – aveva chiesto se fosse così indispensabile un provvedimento del genere. Soprattutto, si era rimasti colpiti dalla leggerezza con cui l’esecutivo aveva preso un provvedimento del genere e dalla passività con cui era stato accolto. Già allora ci chiedevamo se – con un po’ di buona volontà e un minimo spirito organizzativo – non si potesse fare altrimenti. Forse non avevamo tutti i torti, stando a vedere come vanno le cose oggi nelle parrocchie italiane: fedeli distanziati, qualche precauzione all’entrata e all’uscita, mascherine, niente scambio della pace, comunione ricevuta sulle mani e non per bocca e stando al proprio posto. Da che sono ricominciate le funzioni si è avuta notizia di qualche focolaio scoppiato in chiesa? Non ci pare. Come ha detto a Tempi il vescovo Massimo Camisasca con una battuta, «se non vuoi prendere il Covid, vieni in chiesa».

Messe vespertine

Adesso la questione che agita i sonni dei nostri clerico-governanti è la Messa di mezzanotte nella notte tra il 24 e il 25 dicembre che violerebbe il coprifuoco. Per un cattolico che la funzione si celebri in quell’orario è un modo per ricordare che la giornata inizia con la celebrazione del Natale di Cristo. Liberissimi tutti di crederlo o meno, ma per un fedele non è indifferente iniziare quel giorno ricordando il “perché” c’è qualcosa da celebrare e festeggiare. Detto questo, l’orario – già oggi – è anticipato: esistono le Messe vespertine e sul Foglio Matteo Matzuzzi ha ricordato che «il Papa stesso, ed è così da più di dieci anni, il 24 dicembre si presenta nella basilica di San Pietro ben prima di mezzanotte: Benedetto XVI fissò l’orario alle 22, Francesco l’ha anticipato di mezz’ora». Quindi: è un dramma spostare l’orario? No, non lo è, in pratica la Cei ha già dato il suo assenso.

Don Cecco e don Peppo

In realtà, a dar fastidio non è questo, ma è la sicumera con cui con Peppe e don Cecco si permettono di “spiegarci” cos’è il Natale, “come” sia giusto festeggiarlo, “cosa” si eretico o meno. Non bastano loro i dpcm, vogliono pure farci catechismo. Non potrebbero fare il loro dovere e occuparsi della nostra salute anziché della nostra salvezza? Sarebbe un bel regalo di Natale (anticipato).

Foto Ansa

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