Il muro israeliano dividerà i frati dalle suore del monastero Cremisan

Di Leone Grotti
05 Gennaio 2012
Il "muro di sicurezza" che separerà Israele dalla Cisgiordania, nel villaggio palestinese di Walaja, passerà in mezzo al monastero Cremisan separando i frati dalle suore salesiane. I frati vorrebbero stare dalla parte Israele ma le suore non vogliono abbandonare la loro scuola, che si trova nella parte palestinese

I frati e le suore del monastero Cremisan, appartenente all’ordine dei salesiani, a cavallo tra Gerusalemme e la Cisgiordania, tra un territorio israeliano e uno palestinese, dopo aver vissuto uniti per 50 anni, stanno per essere divisi dal muro che lascerà le suore in Cisgiordania e i frati in Israele. È questa la soluzione trovata dal Ministero della difesa di Tel Aviv. Il monastero si trova sulla punta di Walaja, villaggio palestinese, e secondo quanto progettato in principio doveva essere interamente incluso nella parte israeliana. Una buona soluzione per i frati, che si mantengono producendo vino e vendendolo soprattutto in Israele, ma non per le suore, che dirigono una scuola cattolica per i ragazzi palestinesi di tutti i villaggi vicini. Nel peggiore dei casi, infatti, il muro impedirebbe ai ragazzi palestinesi di raggiungere la scuola, nel migliore renderebbe questa operazione molto complicata. Da quando nel 2006 il monastero è stato avvisato della costruzione del muro, che dovrebbe circondare Walaja a settembre, la tensione tra frati e suore è aumentata.

«I frati fanno il vino e per loro trovarsi in Israele è un’ottima soluzione» spiega la Madre superiore, suor Adriana, a un giornalista del quotidiano israeliano Haaretz. «Ma per noi non va bene, i 300 bambini che frequentano la nostra scuola non potranno più venire. C’è una sola strada che conduce al monastero e con il muro verrà creato qui un checkpoint con i soldati». La soluzione perfetta sarebbe che il muro non venisse costruito affatto ma è un’ipotesi irrealizzabile. Le suore si sono unite alla petizione degli abitanti del villaggio Walaja ma l’Alta corte di giustizia ha respinto la loro richiesta di bloccare la costruzione. Davanti alla difficoltà di raggiungere un accordo, il Ministero della difesa israeliano ha deciso che il muro passerà in mezzo ai territori del monastero separando così le suore dai frati. Oltre alla separazione fisica, però, c’è anche un problema di natura materiale ed economica: le terre dei salesiani saranno danneggiate e alcuni edifici che si trovano nel luogo dove passerà il muro dovranno essere distrutti. Sono previste altre trattative con il Ministero nei prossimi giorni. Intanto, però, suor Adriana ha già ricevuto un’ingiunzione di demolizione di due vecchie strutture nel cortile del monastero. «Siamo dispiaciuti della rottura» dice ad Haaretz alludendo agli screzi con i frati. «Ma il punto è che i muri non creano buoni rapporti di vicinato».

Il cosiddetto “muro di sicurezza“, che quando sarà finito separerà completamente Israele dalla Cisgiordania, misura circa 700 km ed è stato cominciato nel 2002, dopo che Tel Aviv ha subito diversi attentati terroristici. Nell’ottobre 2003 l’Assemblea generale dell’Onu ha adottato la risoluzione ES-10/13 che condanna la costruzione del muro, che si addentra per un ventina di chilometri in Cisgiordania. La decisione non è vincolante ed è stata respinta da Israele.

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