Il mistero di un Meeting che resiste a ogni change d’epoca

Di Luigi Amicone
20 Agosto 2017
Una bella e fortunata espressione di made in Italy che testimonia un ultimo e quanto mai necessario impeto di cristianità vitale e non passatista

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Anticipiamo un articolo tratto dal numero di Tempi in edicola da giovedì 24 agosto (vai alla pagina degli abbonamenti) – Capite che in un tempo in cui contano solo i soldi, il denaro non dorme mai e anche i money europei sono l’anima del commercio umanitario, è piuttosto stravagante sentirsi invitare a un raduno popolare che titola la raccomandazione “Quello che erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo”. Sotto il profilo materiale abbiamo ereditato e consegnato ai figli quasi solo debiti, pubblici e privati. Dal lato spirituale siamo tentati di osservare come Malraux che «non c’è fede o ideale al quale possiamo sacrificarci, perché di tutti noi conosciamo la menzogna». In effetti, a parte le preoccupazioni sul climate change e le importantissime assemblee in casa Google per decidere se si possa accettare che le foglie siano verdi, tutto il resto della vita della gente se ne va tranquillamente a ramengo nel noioso e pastrugnoso piagnisteo democrat. Oppure deve cominciare a preoccuparsi, la gente, chissà mai che uno si trovi per lavoro in estremo oriente, per l’ideuzza di zio Trump di cancellare il cattivissimo ciccio Kim con una guerra preventiva dalla «furia mai vista». Per tutto questo, e per molto altro ancora, come per l’estate che anche quest’anno ci ha portato un’emergenza di calura tremenda, per l’autunno che ci porterà l’emergenza “bombe d’acqua” devastanti, e per l’inverno, chissà mai, quando si scioglieranno di nuovo i ghiacci, glorifichiamo il Meeting di Rimini per l’amicizia e la pace tra i popoli.

Glorifichiamo, non foss’altro che per questa sua caparbietà di stimare l’impossibile: la pace, appunto, e l’amicizia. Dopo di che, lo sa tutto il circo barnum dei media, l’appuntamento ciellino di fine agosto è il modo più piacevole per ricominciare l’anno di politica e di polemiche, di buone intenzioni e di belle promesse. D’altronde, a Rimini sono sempre successi miracoli. Devi aspettare un anno, e poi aspettare ancora l’anno che verrà, in mezzo succede di tutto, però su quell’isola dell’ultima festa popolare d’Europa che non sia basata sull’ammazzarsi di rumore, canne e birra, la vita buona resiste impavida a ogni change d’epoca.

Sia come sia, a Rimini ho conosciuto per la prima volta il torinese cattolico diocesano Marco Travaglio, allora, si era sul finire degli Ottanta, era un Johnny Stecchino inviato dal Giornale di Montanelli, implacabile fustigatore dei Meeting democristian-socialisti andreottiani. Miracolato da Cl, sapete poi che grandissima carriera egli fece.

Elogio del volontario
Più di recente, il miracolo del Meeting ha riguardato lo Ior. Istituto di sacra finanza che aveva ben 24 milioni bloccati – e da ben cinque anni – sul conto di una banca del nord. E che non poteva movimentare fino a che Banca d’Italia non avesse ricevuto le informazioni necessarie, imposte dalle norme antiriciclaggio, sui tenutari del malloppo. Che c’entra il Meeting con lo sblocco di quei soldi? Semplice. George Pell venne a Rimini e apprese da un interlocutore incontrato casualmente alla kermesse che c’era questo problema in casa Ior. Comprese anche che c’erano delle informazioni che non aveva ereditato – pur essendo stato egli incaricato dal Papa in persona a rimediare i danni e l’opacità del passato – e così quello che non si mosse per 60 mesi si mise in moto immediatamente. Così il settimo giorno il conto venne sbloccato. Volete che a Pell sia successa la sventura australiana che gli è successa anche per questo suo zelo di imitazione del Padreterno, che fece il mondo in sei giorni e il settimo si riposò? Chissà.

Insomma, scesa in terra a miracol mostrare, non è solo la donna della Vita nuova di Dante. C’è anche questo piccolo resto di Israele che quando viene l’ultima di agosto rivela di quali suggestioni e civiltà resistenziale è capace. Osserveremo di passaggio che, come tutti gli anni, il miracolo principale che rende possibile la manifestazione sono i due-tremila ragazzi che gratuitamente compiono il loro gesto di volontariato costruendo e smontando il teatro Meeting. Rifletteremo sull’incredibile gentilezza e bellezza di una gioventù che non si capisce come mai recalcitri alla propria mummificazione nel cliché digitale. Ci domanderemo dove va e dove non va questo popolo che, vivo don Giussani, era spina nel fianco di ogni genuino poterazzo. E lo saluteremo ancora una volta come una bella e fortunata espressione di made in Italy che testimonia un ultimo e quanto mai necessario impeto di cristianità vitale e non passatista. Già, quello che si eredita bisogna riguadagnarselo per possederlo. Lo sanno bene gli imprenditori del nord che vedono le loro fabbrichette finire impacchettate e vendute dai figli che poi si godono il cash all’estero o in finanza. A Rimini non succede. O perlomeno c’è una eredità che dura, nonostante ogni mysterium iniquitatis.

@LuigiAmicone

Foto Ansa

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