
Il mio amico a prima vista Pier Alberto “Acciaio” Bertazzi

Giancarlo Cesana ne avrà da dire ben più di me. Loro sono cresciuti insieme. Questa è una postilla di un fratellino minore.
Ci siamo incrociati per l’ultima volta cinque anni fa al bar all’angolo all’uscita della metro Gioia, Milano. Mi aveva offerto un caffè e il suo bel sorriso affettuoso di sempre. Lo chiamavano “Acciaio” il Pier Alberto. Della generazione appena precedente la mia, quella dei fratelli più grandi, aveva fatto il ’68, aveva tenuto duro sulla “comunità cristiana” presente con la sua faccia in tutti gli ambiti. E socialmente in università, lui medico del lavoro e poi capo di partimenti di Medicina del lavoro, aveva dimostrato che si può essere begli uomini in tutti i sensi, dedicarsi in tutti i sensi al significato della vita ed essere lieti. Questo era il suo acciaio.
Affetto e simpatia
Mi curò le mie mani violacee raccomandandomi nessun medicinale ma solo prudenza al gelo e guanti. Psicosomatico com’ero, l’affetto di questo fratello grande e la simpatia che mi ispirava a primo acchito me lo hanno fatto portare con me tutta la vita, anche quando egli sapeva – quel caffè di cinque anni fa – che era meglio lasciar stare certe discussioni inutili.
Inventò il nome di Comunione è liberazione
Inventò (forse con la complicità di Sante Bagnoli?) il nostro magnifico nome. E, per di più, nell’idea originale era Comunione è – verbo essere! – liberazione. Lo rivedo adesso in piedi al primo convegno di Comunione e Liberazione, 31 marzo 1973, Milano, a gestire gli oratori e a tirare le fila. Con Cesana, Formigoni, Simone….
È stato un uomo buono, grande e soprattutto un amico a prima vista. “Acciaio”, le mie mani ti ricordano come la rosa purpurea della medicina del lavoro.
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