Il metodo Ricci

Di Persico Roberto
12 Ottobre 2006
Il grande gesuita non fu precursore del multiculturalismo, ma un vero missionario, «venuto in questo Impero perché conoscano Cristo»

Esce per la prima volta in italiano Il vero significato del “Signore del cielo”, il dialogo scritto dal gesuita Matteo Ricci agli inizi del ‘600 per presentare la dottrina cristiana ai cinesi. Cogliamo l’occasione per parlare di Ricci e della sua attualità con padre Bernardo Cervellera, direttore di Asianews: grande conoscitore della Cina, ha scritto fra l’altro Missione Cina, fondamentale per comprendere il gigante asiatico, di recente uscito in edizione aggiornata.
Oggi l’opera di padre Ricci viene sovente presentata come un esempio di multiculturalismo ante litteram.
Matteo Ricci è stato prima di tutto un missionario. «Sono venuto in questo Impero perché conoscano Cristo» ripete nelle sue lettere; ma ha capito che per poter pronunciare il nome di Dio occorreva caricarsi di tutta la cultura cinese. Non gli interessava l'”incontro delle culture”, ma entrare nella cultura cinese per portare Cristo. Senza la passione missionaria non c’è neanche l’impegno culturale. Tant’è vero che quando arriveranno le grandi potenze europee avranno come unico obiettivo la penetrazione economica: l’amore alla cultura dell’altro nasce dalla missione.
È stato però un tentativo isolato, poi condannato dalla Chiesa che ha vietato i riti locali.
Non è vero. La sua opera è stata continuata dai gesuiti secondo lo stesso metodo, e il risultato è stato un nutrito gruppo di convertiti di corte. Certo la cosiddetta “questione dei riti” (il dibattito sulla liceità di inserire nella liturgia cattolica alcuni riti della tradizione cinese, alla fine vietati nel 1742, ndr) ha rallentato l’opera di evangelizzazione, ma non l’ha interrotta, come documentano studiosi cinesi – anzi, era prossimo alla conversione anche l’imperatore, se la “questione dei riti” si fosse risolta diversamente avrebbe potuto farsi cristiano anche lui.
Un episodio di miopia della Chiesa.
Un episodio da comprendere nel suo contesto. In Cina c’erano anche i francescani, che stavano col popolino, e qui effettivamente i culti tradizionali potevano facilmente assumere un aspetto idolatrico; mentre a corte, dove erano i gesuiti, i riti cinesi erano diventati una devozione cattolica. Il Papa finì per accogliere le proteste dei francescani, anche per le pressioni che aveva da tutte le potenze europee, impegnate nella lotta senza quartiere contro i gesuiti che porterà alla loro soppressione.
Dunque una lezione ancora attuale?
Certo. Come ha detto Giovanni Paolo II, il metodo di Ricci è un modello ancora adesso. Da quando è ripreso il rapporto culturale fra la Chiesa e la Cina tantissimi intellettuali cinesi studiano il cristianesimo e la cultura occidentale; perché lì tutte le ideologie sono fallite, e c’è una sete di Dio che può essere saziata solo da una testimonianza cristiana. E capiscono che solo nel cristianesimo si trova quel valore assoluto della persona che dà fondamento ai diritti umani e che manca alla tradizione confuciana e allo Stato cinese di oggi.

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