Il dramma dei cristiani perseguitati costretti a fuggire

Di Agnese Costa
19 Giugno 2022
L'ultimo rapporto di Open Doors - Chiesa profuga: Report 2022 su sfollati interni e rifugiati - mostra il dramma di chi è costretto a scappare per professare la propria fede. Rischiando però di perdere la propria identità
Cristiani profughi in Sudan

Cristiani profughi in Sudan

Nel suo ultimo libro Contro la guerra- il coraggio di costruire la pace, papa Francesco ricorda che alla radice dell’odio c’è la difficoltà del fare memoria delle lezioni del passato ma anche la «dissolvenza del volto» dell’altro. Se l’altro non ha volto, diventa un nemico contro cui è lecito fare ogni cosa. Non lo scriviamo, qui a Tempi, per fare la “lezioncina” ma perché è con questo approccio che abbiamo letto l’ultimo report di Open Doors, un’ong internazionale che da oltre 60 anni monitora con accuratezza lo stato delle persecuzioni ai danni dei cristiani.

Il rapporto di Open Doors

Un report, dicevamo, pieno di numeri che potrebbero far venire mal di testa, se solo ci dimenticassimo che ogni singola cifra corrisponde a un nome e ad un cognome. A una madre, a un padre, a un figlio che poco lontano da noi – oppure a migliaia di chilometri da noi – soffre a causa della propria fede.

I numeri, eccoli. Nella World Watch List 2022 Open Doors registrava che tra il 2020 e il 2021 oltre 360 milioni di cristiani hanno vissuto alti livelli di persecuzione e discriminazione, e 312 milioni hanno affrontato un livello di persecuzione molto alto o estremo. L’aumento delle violenze, rispetto al report del 2021, è purtroppo un’evidenza. Sono 5.898 i cristiani uccisi (+4%); oltre 5 mila le chiese incendiate o che hanno subito attacchi terroristici (+14%) mentre i cristiani arrestati senza processo e incarcerati sono 6.175 (+69%). Come abbiamo documentato più volte (basti pensare alla Nigeria), aumentano anche gli episodi di sequestro e rapimento, soprattutto ai danni di religiosi e giovani studenti.

Nel nuovo rapporto (Chiesa Profuga: Report 2022 su sfollati interni e rifugiati) l’ong indaga invece su chi è costretto a fuggire e a lasciare la propria casa a causa della persecuzione.

Cristiani costretti alla fuga

Quello che più ferisce la popolazione cristiana di alcuni paesi (dall’Africa al Medioriente) infatti è l’essere costretta a lasciare la propria terra a causa delle persecuzioni. «Una strategia deliberata», si legge nel report, «adottata per cancellare la presenza della cristianità da una determinata comunità o da un certo paese. In alcuni casi si tratta di una strategia dichiarata e pubblica, in altri è invece segreta e informale».

Ma il dover abbandonare la propria casa o la propria comunità, avvertono gli analisti di Open Doors, è solo l’inizio. Spesso chi fugge è costretto a separarsi dalla famiglia, a dover affrontare lunghi viaggi in territori tradizionalmente ostili al cristianesimo per non parlare della perdita molto concreta di quella rete di protezione (sociale, finanziaria, medica, umana, educativa) che garantiva la vita e l’identità della comunità cristiana.

E c’è da considerare che queste persone «devono poi affrontare continue e nuove sfide, in primo luogo violenza psicologica e insicurezza fisica, che scaturiscono da pressioni di gruppi religiosi violenti».

L’esodo nel mondo

Nel Medio Oriente e nel Nord Africa, i cristiani che lasciano il proprio paese per ragioni prevalentemente legate alla fede sono spesso di origine musulmana. Per loro, la minaccia principale può essere costituita dai familiari che non accettano la conversione. Le nazioni con più sfollati sono invece Iran e Siria, teatri di conflitti prolungati che, nell’ultimo decennio, hanno provocato conseguenze particolarmente gravi per le comunità cristiane minoritarie, costringendole alla fuga. Un caso a sé è l’Iraq, dove sono rimasti soltanto 166 mila cristiani autoctoni. Una perdita gravissima per Baghdad, visto che ai tempi di Saddam Hussein il paese contava oltre un milione di cristiani, considerati vero ago della bilancia nell’eterno conflitto tra sunniti e sciiti nell’area.

Nell’Africa subsahariana i principali paesi che generano rifugiati e sfollati interni cristiani sono oggi la già citata Nigeria, il Camerun, la Repubblica Democratica del Congo e l’Eritrea. Tutta la zona del Sahel, del resto, conta numerosi gruppi di estremisti islamici in attività che prendono di mira proprietà, bestiame e terreni della popolazione cristiana (come accade ad esempio in molti Stati nigeriani).

Anche l’Asia, purtroppo, si rivela essere spesso ostile a chi crede in Gesù: in Afghanistan, Myanmar e Pakistan è praticamente impossibile vivere se si dichiara la propria fede. Ma a suscitare forse più impressione è che oggi anche un’area del mondo tradizionalmente cristiana come l’America Latina è invece rischiosa: molti sfollati vengono da Colombia e Messico. E in paesi autoritari come Cuba, Nicaragua e Venezuela, poi, i responsabili della Chiesa locale e i fedeli più attivi si trovano ad affrontare persecuzioni da parte del governo, spesso per aver manifestato pubblicamente il desiderio di democrazia e libertà.

Foto Open Doors

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