Il doppio volto di Milano all’epoca del boom e della “vita sbarluscenta”

Di Francesca Parodi
12 Ottobre 2017
Nella letteratura italiana la città è simbolo del progresso, ma non senza ombre e inquietudini. Il nuovo libro di Giuseppe Lupo, "Gli anni del nostro incanto"

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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Nelle strade della Milano degli anni Sessanta viaggiano insieme su una vespa un padre operaio, una madre parrucchiera e due bimbi piccoli. È la foto in bianco e nero che vent’anni dopo una ragazza mostra alla madre per aiutarla a recuperare la memoria. È anche la foto di copertina di Gli anni del nostro incanto, edito da Marsilio (10 pagine, 16 euro) di Giuseppe Lupo, professore di Letteratura italiana contemporanea presso l’Università Cattolica di Milano e Brescia. Ed è la stessa foto che Lupo vide un giorno tra le pagine di un magazine e che gli diede l’ispirazione per scrivere un romanzo sulla Milano nell’epoca del miracolo economico, negli anni del successo di Sanremo, del sogno delle autostralibro-lupode, e dei satelliti.

«In realtà gli anni Sessanta sono stati per l’Italia allo stesso tempo un periodo esaltante e contraddittorio» commenta a Tempi Lupo. «Milano era la città simbolo di certezza verso il futuro, che avvolgeva i nuovi arrivati con il mito della modernità e del progresso tecnologico. Era la promessa di un benessere democratico con la sua “vita sbarluscenta”. Nell’arco di un decennio però, a partire dalla strage di Piazza Fontana, si sono annidate le ombre e sono cominciate le contestazioni giovanili, gli anni di piombo e del terrorismo». Milano è spesso rappresentata con questo doppio volto: «Elio Vittorini è l’autore che meglio di tutti ha reso omaggio a Milano come luogo della modernità, sovrapponendole il concetto di progresso. Ma una linea di autori, come Umberto Eco e Franco Fortini, osserva i risvolti negativi del boom economico, demonizzando la società di massa».

Queste diverse visioni rispecchiano perfettamente la vitalità della Milano attuale, «che armonizza in sé i Navigli e Brera, luoghi dell’inquietudine della Scapigliatura, e i grattacieli di Piazza Gae Aulenti; i centri commerciali e i salotti; le fabbriche e le università. Questa stratificazione è la forza di Milano, perché la rende una città aperta e dinamica».

@fra_prd

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