Lettere al direttore

Il cardinale Marx e la Chiesa “alla moda”

epa06257364 Chairman of the German Bishops Conference, Cardinal Reinhard Marx speaks at the St. Michael's reception (Michaelsempfang) of the German Bishops Conference in Berlin, Germany, 10 October 2017. The St. Michael's reception brings together responsible politicians and the representers of the church. EPA/CLEMENS BILAN

Caro direttore, ho letto con una certa inquietudine l’intervista al cardinale Reinhard Marx, pubblicata su La Stampa il 18 giugno e intitolata “Il celibato dei preti non è un dogma alle donne ruoli apicali nella Chiesa”. L’inquietudine nasce e permane per il fatto che l’illustre porporato si è reso protagonista di una serie di affermazioni molto parziali, che non hanno tenuto conto della “totalità” della dottrina, della tradizione e della prassi cattolica. Affermare solo aspetti parziali, senza tenere conto del “tutto” in cui dovrebbero inserirsi, significa aprire la strada ad ogni opinione e condurre Santa Madre Chiesa lontana dal suo compito fondamentale che è quello di annunciare Cristo fino alla fine dei tempi. Vorrei segnalare alcune di queste “parzialità”, cominciando dal titolo dato all’intervista che esprime, peraltro, esattamente ciò che il cardinale voleva comunicare.

  1. Sarà anche vero che il celibato dei preti non è un dogma, ma è sicuramente un dogma che la Chiesa sia “una, santa, cattolica, apostolica” come affermiamo anche noi laici di strada ogni domenica quando recitiamo il Credo durante la S. Messa. Ma se la Chiesa è una e cattolica, allora la Chiesa tedesca non può apprestarsi a mettere a rischio questa unità e questa cattolicità con le conclusioni che il Sinodo di tale Chiesa sta prendendo sotto la spinta proprio del cardinale Marx. L’unità e la cattolicità sono il bene più prezioso della Chiesa, quello per cui Gesù ha pregato nell’orto degli ulivi poco prima di essere arrestato (capitolo XVII del Vangelo di San Giovanni). Mettere a repentaglio l’unità della Chiesa per una propria opinione significa rendere difficile, se non impossibile, ogni altra testimonianza. Rende inutile ogni altra discussione. Occorrerebbe, allora, recuperare appieno la parola “comunione”, anche quando il cardinale dice che tra Chiesa universale e Chiesa locale dovrebbe esserci un “incastro” più che un “insieme”. La parola giusta mi pare proprio “comunione”. Facciamo più attenzione ai dogmi, dunque, e non solo a ciò che non è dogma.
  2. Quando si affronta parzialmente la realtà, diventa facile demonizzare le posizioni contrarie alla propria, come il cardinale puntualmente fa, quando afferma che «qualcuno vorrebbe trasformare la Chiesa in una fortezza in attesa che passino le tempeste». Può essere che qualcuno la pensi così, ma io constato che il vero e grande popolo di Dio non ha questa intenzione, nel senso che vorrebbe una Chiesa piena di verità e di carità, senza che una cosa escluda l’altra. Se poi la mettiamo sul piano delle squalifiche vicendevoli, allora occorre anche dire che molti cristiani temono che la visione di Chiesa espressa dal cardinale Marx porti la stessa ad essere una specie di deserto dentro il deserto del mondo, dove tutto diventa uguale e dove non c’è più posto per la “diversità” rappresentata dalla Chiesa, che non è una Ong, come ha più volte sottolineato papa Francesco. Il cardinale dice ancora: «Il popolo di Dio, per dare consolazione e incoraggiamento, per raggiungere la pace, è chiamato a riempire i fossi e abbattere i muri. Non è un buon rinnovamento se la Chiesa continua a distribuire dogmi e a educare pretendendo di sapere cosa serva alle persone». La Chiesa, in effetti, sa cosa serve alle persone ed è Gesù Cristo stesso. La Chiesa ipotizzata dal card. Marx perderebbe tutto il “sale” che la rende vera luce nel mondo. Nel mondo ma non del mondo. Desideriamo non una “fortezza”, ma un popolo che vive nella verità e nella carità e che, per questo, genera cultura e missione, come ci testimoniano gli Atti degli Apostoli. Proprio in questi anni così confusi, gli uomini e le donne hanno bisogno di essere “accompagnati” non genericamente verso chissà che cosa, ma verso il senso del mondo rappresentato da Cristo, che solo può dare pace, laboriosità e positività. Senza Cristo, si accompagna l’umanità verso la disperazione. Ed allora, perché dividere verità e carità? Perché dividere la Madre Chiesa dalla Chiesa Maestra? Perché annullare l’identità della Chiesa, facendone un corpo non più distinguibile, non più visibile?
  3. Il cardinale afferma che Gesù «non si ergeva dando ordini». Può essere che non desse ordini, ma è senza dubbio vero che non separava mai la sua immensa carità e misericordia dalla verità che ha visto presso il Padre. E quando occorreva, polemizzava anche fortemente con gli ipocriti ed i farisei, che non accettavano i suoi gesti di carità, ma anche le verità che affermava. Al termine del suo supremo e misterioso gesto di misericordia, ha detto all’adultera di non peccare più e non l’ha “accompagnata” dicendole “se è vero amore continua pure a peccare”! E correggeva Marta, quando quest’ultima avrebbe voluto che Maria lasciasse “l’essenziale” per aiutarla a preparare la cena. Può essere che non si ergesse a dare ordini, ma senza dubbio Gesù correggeva continuamente i suoi interlocutori, sia che fossero persone “semplici” sia che fossero grandi intellettuali come Nicodemo e lo faceva perché Egli costituiva una “presenza” diversa da tutte le altre, essendo venuto tra di noi proprio per testimoniare la carità nella verità e la verità nella carità. Perché i cristiani di oggi hanno paura (o vergogna?) di essere testimoni di verità oltre che di carità? Così facendo, corrono il serio pericolo di rotolare nel deserto di un buonismo e di un sentimentalismo, che certamente non riescono a costruire un popolo “nuovo”. E poi, senza la verità di Cristo, prima o poi anche la carità viene meno, perché essa è una dimensione che viene da Dio e non dagli sforzi, anche generosi, dell’uomo.
  4. La frase che più mi ha inquietato è stata questa: «Non sono le persone che devono cambiare, è la Chiesa che deve cambiare». Ma cosa significa? Cristo non ci ha forse invitato a convertirci, cioè a cambiare? Cristo non è forse morto in croce per i nostri peccati, dai quali, evidentemente dobbiamo allontanarci? Ma venendo ai nostri giorni: non deve cambiare ciascuno di noi, seguendo Cristo e la Sua Chiesa? Non devono forse cambiare le persone che dichiarano le guerre, quelle che trafficano con la droga, quella che uccidono, quelle che sfruttano la gente, quelli che praticano l’usura, quelli che invitano ad abortire, e così via? Tutti, ma proprio tutti dobbiamo sperare di cambiare e chiedere a Cristo che ciò avvenga, se non altro perché tutti, ma proprio tutti, abbiamo addosso quella ferita che chiamiamo “peccato originale”. Ma allora, perché le persone non dovrebbero cambiare? Perché non ne hanno più bisogno? Mi sembra che anche in questo caso ci sia un dogma di mezzo. Detto questo, è chiaro che anche la Chiesa debba continuamente purificarsi per essere più degna del compito enorme che le è stato assegnato dal Signore . Deve essere più “santa”, perché il suo annuncio sia più limpido, aiutando così le parsone a cambiare, cioè a convertirsi. Se le persone non devono più cambiare, allora la Chiesa diventa semplicemente inutile. È questo che si vuole?
  5. Il cardinale Marx assicura (excusatio non petita … ) che le riforme da lui così tenacemente volute vengono proposte “non per essere una Chiesa che piace”, ma per essere fedeli al Vangelo. L’impressione non solo mia, invece, è proprio che il grande tentativo messo in atto dalla Chiesa tedesca sia proprio quello di piacere di più al mondo, nella illusione, contraddetta dallo stesso Vangelo, di potere essere più facilmente accolta dalla cultura e dal potere attuali che, come è evidente, hanno tolto Dio da ogni possibile discussione. Ripeto che si tratta di una pia illusione, perché proprio Gesù ci ha promesso che il popolo di Dio non avrà mai vita facile e che le persecuzioni ci saranno sempre, anche se in forme molto diverse. Per esempio, nei nostri giorni in Nigeria i cristiani vengono addirittura massacrati in chiesa, mentre in occidente la persecuzione è molto più “raffinata”, consistendo per lo più in una “educata emarginazione”. Del resto, le Chiese protestanti e la Chiesa anglicana, che, in pratica, hanno già attuato quasi tutte le riforme a cui si riferisce il card. Marx, non hanno aggiunto maggiore vigore alla loro presenza, la quale, anzi, in certi casi è quasi scomparsa: non è neppure vero, allora, che le riforme ipotizzate siano più attraenti per il popolo. Il loro appiattimento sui capricci del mondo le ha rese sempre più insignificanti. Riforme, dunque, non solo inutili ma anche dannose, per il semplice fatto che esse non partono dalla conversione alla persona stessa di Cristo, ma unicamente da problematiche organizzative, prive di ogni vera originalità e “novità”.
  6. Si scopre l’acqua calda, poi, quando si afferma che la sessualità fa parte del rapporto. Ma è evidente! Ma il problema è che le questioni non si risolvono banalizzandole, ma approfondendo il significato di ogni parola e di ogni gesto. Avendo perso tale significato (anche per l’assenza della Chiesa, troppo impegnata a organizzare Sinodi), le persone finiscono con il seguire solo il proprio istinto, perdendo di vista lo scopo sia del sesso, che dei rapporti, che della fedeltà. Oggi molte famiglie si separano non certo perché il sesso non sia stato parte del loro rapporto, ma perché nessuno annuncia più loro le ragioni profonde del loro rapporto, che non può essere sostenuto solo dal sesso. Confido che la Chiesa riesca ad uscire dalle attuali ambiguità, perché il suo popolo chiede più certezze.

Insomma, mi inquieta il fatto che, in nome di una “moda” (passeggera come tutte le mode), si voglia banalizzare la presenza eterna della Chiesa, che è chiamata, con la Sua unità, a convocare tutti gli uomini e tutte le donne alla vita nuova prodotta dall’incontro con la persona di Cristo nella Sua comunità. Solo ripartendo dalla totalità di Cristo potranno avvenire i veri cambiamenti necessari oggi. Lasciamo i cambiamenti “organizzativi” ai sociologi, non ai Pastori, che devono condurre un intero popolo nella verità, nella carità e dentro una santa tradizione che non può essere tradita.

Peppino Zola

Foto Ansa

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