
Il bivio della storia indicato da due eventi di quel maggio 1981

Nel mese di maggio ricorrono due eventi di straordinaria rilevanza, accaduti entrambi 40 anni fa a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro.
Il 13 maggio 1981 al termine dell’udienza in piazza San Pietro, Giovanni Paolo II fu colpito da un terrorista turco che gli sparò a bruciapelo. Al Policlinico Gemelli il Papa rimase per ore fra la vita e la morte. Alla fine, Maria decise di salvarlo. È un’affermazione dello stesso Papa, confermata dalle parole del medico che lo operò subito dopo l’attentato: «Salvo per miracolo» non è un modo di dire, ma ciò che avvenne perché una mano ostile cercò di ucciderlo e una mano materna deviò il corso della pallottola.
Ancora oggi l’attentato rimane parzialmente avvolto nel mistero. La “pista bulgara” appare quella più verosimile, confermata da inchieste giudiziarie e giornalistiche, ma non venne portata a conclusione. Papa Wojtyla aveva cominciato a dare un contributo importante per scardinare il “blocco” dei paesi del socialismo reale guidato dall’Urss, anzitutto grazie al trionfale viaggio in Polonia nel 1979 che mostrò al mondo come la classe operaia di uno stato comunista stava tutta, insieme al resto del popolo, a fianco del Pontefice polacco, senza che quest’ultimo avesse pronunciato durante la permanenza nella sua patria una sola parola imputabile di acceso anticomunismo. In effetti, c’erano tutti i motivi perché l’Internazionale comunista si dovesse preoccupare per quanto aveva iniziato il Pontefice venuto dall’Est, anche se un movente non basta per fornire una prova definitiva.
In difesa dell’uomo
Giovanni Paolo II aveva iniziato nel 1978 uno straordinario pontificato, lungo 27 anni e denso di conseguenze importanti per la vita della Chiesa e del mondo. Dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989 e il crollo dell’Urss, accaduti nella prima parte del pontificato, il mondo cambiò completamente non solo dal punto di vista geopolitico ma in tutti i sensi. Tramontò l’epoca delle ideologie che avevano insanguinato il mondo dopo la Rivoluzione del 1789 e in particolare nel Novecento. Dalla “questione sociale” che aveva spinto alla lotta di classe e alla diffusione del comunismo si passò progressivamente alla “questione antropologica” come aspetto centrale delle relazioni, perlomeno in Occidente. Il Papa ne prese atto e sviluppò un Magistero straordinario in difesa dell’uomo, della sua dignità aggredita da ideologie che in sostanza negavano (e negano) la stessa natura umana.
Pochi giorni dopo l’attentato, il 17 maggio, si svolse in Italia il referendum per abrogare almeno parzialmente la legge 194 che aveva introdotto l’aborto legale. Il risultato fu disastroso: solo il 32 per cento dei votanti si espresse contro la legge abortista. L’attentato, il Papa in fin di vita in ospedale, nulla commosse il paese già cristiano che aveva voltato le spalle alle sue radici. Giovanni Paolo II ne prese atto e con pazienza pose le basi per una rinascita che espresse pubblicamente nel famoso discorso a Loreto nel 1985. La Chiesa non avrebbe più dovuto delegare a partiti di ispirazione più o meno cristiana la propria presenza nella vita pubblica, ma impegnarsi direttamente con i propri organismi, soprattutto laicali.
La nuova evangelizzazione
Era il momento in cui le associazioni e i movimenti nati dopo il Vaticano II dovevano rianimare l’ordine temporale, secondo quanto indicato nel decreto sull’apostolato dei laici Apostolicam actuositatem. Iniziò la stagione della “nuova evangelizzazione”, che conquistò soltanto movimenti e associazioni senza riuscire a penetrare più di tanto nelle parrocchie, nel clero e nell’episcopato.
Le due vie, quella del Papa ferito e missionario, e quella del mondo ostile, le due vie del 13 e del 17 maggio marciarono una accanto all’altra per due decenni. Il Papa promosse uno sforzo apostolico mondiale straordinario ma il relativismo venne solo frenato. A ciascuno di noi oggi spetta decidere a quale delle due eredità affidare la nostra vita.
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