Il Banco Alimentare Sicilia scrive a Crocetta: «I tagli compromettono la nostra attività per 300 mila poveri»

Di Redazione
22 Aprile 2013
Dopo i tagli decisi dal governatore, l'opera scrive una lettera aperta per ricordare quanto sia importante non fare mancare il sostegno a chi distribuisce 30 milioni di euro in prodotti alimentari

Come vi abbiamo raccontato la settimana scorsa, il governatore Rosario Crocetta ha presentato la bozza di bilancio della regione Sicilia, nella quale, come ha scoperto tempi.it, sono presenti tagli anche a una associazione benemerita come il Banco Alimentare. Venerdì, sul quotidiano La Sicilia è stata a pubblicta una lettera aperta del direttore del Banco Alimentare Domenco Messina, che di seguito riproduciamo. In coda alla missiva trovate l’intervento di Carlo Saggio (presidente della Cdo Sicilia orientale) citato nella lettera.

In questi giorni l’Assemblea Regionale Siciliana sta lavorando alla stesura del bilancio di previsione della Regione per l’anno finanziario 2013.
Condividendo totalmente le preoccupazioni espresse nell’appello alla città pubblicato dalla vostra testata martedì 16 aprile a pag. 25 a firma di Carlo Saggio, ci preme sottolineare quanto sia importante riconoscere l’immenso valore economico, sociale e pedagogico delle realtà caritative che operano in Sicilia.
L’opera del Banco Alimentare è certamente una di queste, nata dalla semplice intuizione di recuperare le eccedenze alimentari, diversamente destinate al macero, e ridistribuirle alle persone che vivono in stato di indigenza.
In Sicilia il Banco Alimentare nasce nel 1995. Oggi, attraverso una rete composta da più di 1000 realtà caritative, distribuisce l’equivalente di 30 milioni di euro in prodotti alimentari contribuendo all’alimentazione di oltre 300mila poveri.
La drammatica situazione sociale che attraversa la nostra regione, e non solo, acuisce il disagio e il bisogno, testimoniato dalle quotidiane richieste di ulteriori aiuti da parte di Caritas Parrocchiali, associazioni di volontariato e centri di prima accoglienza che si rivolgono al Banco Alimentare per sostenere il crescente bisogno della popolazione.
I tagli alla spesa sociale, effettuati negli ultimi anni, hanno rischiato di compromettere seriamente la capacità del Banco Alimentare di svolgere la propria attività e certamente eventuali ulteriori riduzioni inciderebbero pesantemente sulla sua operatività.
Chiediamo a tutti i decisori politici e a tutti gli amministratori pubblici di valutare l’efficacia dell’operato del Banco Alimentare e di riconoscerne, attraverso aiuti concreti, il valore per l’intera società civile.

Domenico Messina
Direttore Banco Alimentare

 

Ecco l’intervento di Carlo Saggio (presidente della Cdo Sicilia orientale) citato nella lettera:

Catania ha un tesoro. Io ho imparato a conoscerlo sempre di più in questi mesi così difficili e pieni di confusione e smarrimento. La nostra città ha dei veri e propri “giacimenti di umanità” che costituiscono una risorsa fondamentale e preziosa per vivere, senza soccombere alla disperazione, il nostro tempo.

1) La nostra città si scopre più povera e con più poveri. Le situazioni di vera e propria emergenza aumentano e si fanno più prossime a ciascuno di noi. Ho scoperto in questi mesi una diffusa e capillare rete di solidarietà che si fa, come può, carico di questa povertà: mense per i poveri, ricoveri per i senzatetto, gruppi di famiglie che, in tanti quartieri, intraprendono, con semplicità e con discrezione, iniziative di aiuto per gli indigenti portando a casa loro viveri, aiuti materiali e una altrettanto preziosa solidarietà umana. Si tratta di migliaia di persone, un fiume di solidarietà, che agiscono assecondando una naturale predisposizione del cuore e sentendo il destino delle altre persone come intimamente legato al proprio.

Ho sentito il racconto di uomini adulti e di ragazzi che visitano i carcerati e riescono a stabilire rapporti di vera umanità con molti di loro, così da vedere riaffiorare la speranza in un luogo così duro.

Ho incontrato tanti che fanno spazio nelle loro famiglie ai figli degli altri e, proprio in questi mesi in cui sembra necessario ridurre le spese, trovare lo spazio per un altro figlio, per un altro bisogno, affermando – con grande semplicità – una diversa legge del rapporto fra gli uomini: l’accoglienza e la solidarietà.

2) Ho incontrato tanti giovani che con gioia, pur nelle difficoltà e nelle incertezze nel momento, mettono su famiglia e generano figli, affermando una indiscutibile speranza nel futuro.

Ho conosciuto e seguito con attenzione opere educative messe su da famiglie che hanno a cuore il futuro dei propri figli e nelle quali tanti padri e madri, che hanno già le preoccupazioni del proprio lavoro e della propria famiglia, dedicano tante energie per non vedere soccombere questi fragili tentativi.

Ho scoperto che esistono realtà nelle quali insegnanti e ragazzi dedicano il loro tempo ad aiutare altri ragazzi a fare i compiti a recuperare deficit educativi altrimenti incolmabili.

3) Ho incontrato, proprio nel mezzo nell’uragano che ha colpito le nostre imprese, tanti uomini imprenditori che hanno trovato normale incontrarsi per condividere i bisogni e che trovano il tempo di dedicare lunghe serate di discussione e di lavoro comune con chi si trova in situazioni di maggiore smarrimento, testimoniandomi una umanità commovente e costruttiva. Ho ascoltato, stupito, il racconto di lavoratori in cassa integrazione che lottano per tutelare la vita dei propri compagni di lavoro più della propria.

Sento la storia di tanti uomini cinquantenni che vedono sgretolarsi il loro mondo professionale e lavorativo e che, anziché tirare i remi in barca, si tirano su le maniche e provano e riprovano a ripartire e a ricominciare da dove mai avrebbero pensato. Queste storie, quasi segrete, mi hanno insegnato che esiste nel cuore dell’uomo, nel tumulto delle sue debolezze e delle sue paure, una indistruttibile capacità di costruire che costituisce la fondamentale e sicura risorsa che abbiamo per potere pensare con speranza al futuro nostro, dei nostri figli e della nostra città.

Mi chiedo, in questi giorni, se conosciamo come meritano questi “giacimenti di umanità”, se abbiamo la semplicità e la libertà per vedere ciò accade ogni giorno sotto i nostri occhi. Mi chiedo, anche, se siamo coscienti di quanto siamo tutti debitori nei confronti di questa realtà e di come su essa si possa costruire gran parte del buon futuro di Catania.

Sappiamo, poi, cosa queste realtà – così diffuse e discrete – chiedono, senza peraltro pretendere mai ma invece dando tanto?

Mi sembra ragionevole chiedersi come possiamo investire, senza essere invadenti, su questi grandi fattori di costruzione e di cambiamento, rispettando la loro natura, e quali azioni amministrative scaturiscano dalla loro valorizzazione.

Mi permetto, così, di proporre, nell’imminenza delle elezioni amministrative, di introdurre nel dibattito, con semplicità e concretezza, questi temi.

Sono certo che sarà un bene per tutti.

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7 commenti

  1. elisa

    che schifo….chi scrive sopra fa parte di una setta che a tutto pensa fuorché alla solidarietà.
    Se Crocetta o chi per lui andasse a vedere all’OPERA queste persone si accorgerebbe che il mangia mangia è di casa e tutto è fatto per il proprio tornaconto personale, familiare e per gli amici che si spacciano per volontari ma ricevono rimborsi per il loro insignificante o, ancor peggio, inesistente contributo a svantaggio degli sprovveduti della Regione.

  2. marzio

    Crocetta non e’ diverso da tanti altri governatori regionali, non ha a cuore piu di tanto le condizioni dei propri corregionali meno abbienti, che sono quelli che vengono aiutati dal Banco Alimentare.

  3. Giovanna Jacob

    Che tristezza pensare che il Banco Alimentare dipenda dalla spesa pubblica.
    Ed io che fino ad oggi ho creduto che fosse una vera e autentica associazione privata basata sulla carità operosa dei cittadini…
    Nei secoli passati gli enti caritatevoli non si beccavano un centesimo dallo stato, eppure hanno nutrito e istruito per secoli milioni di poveri.
    Don Bosco si prendeva forse qualcosa dallo Stato ladro?
    Oggi invece il popolo è talmente rammollito che non riesce neppure a fare la carità senza attaccarsi alla tetta dello stato, da cui succhia i soldi degli altri.
    Certo, si può pensare che sia meglio tagliare gli sprechi piuttosto che la cosiddetta spesa sociale. Ma la verità è che, se attinge al rubinetto dei soldi pubblici, anche gli enti caritatevoli diventano macchine da spreco piene di figli, amanti e raccomandati.

    1. Su Connottu

      Sì, Don Bosco qualcosa si riprese dallo stato, forse non più ladro di quello attuale.
      Quando Quintino Sella inasprì la famigerata tassa sul macinato, l’Opera salesiana rischiò di chiudere.
      Fu il ministro Rattazzi (che per ironia del destino era pure massone) che restituì con qualche “artificio” a don Bosco, di cui aveva profonda stima, una parte del maltolto. Proprio così: “aiuti di Stato”.
      Signora Jacob, il popolo non è rammollito, è solo stremato da uno stato che preferisce veder morire le persone piuttosto che rinunciare anche al più piccolo dei propri privilegi.
      Pertanto, che una parte del denaro scippato dalla banda bassotti ritorni indietro a sostegno di chi, al posto e molto meglio dello stato inetto, si occupa dei più deboli, è semplicemente s-a-c-r-o-s-a-n-t-o.
      Perchè tenga presente un altro aspetto, che forse le sfugge:
      quei denari non sono una generosa elargizione, sono la parziale restituzione di un prelievo iniquo, purtroppo senza gli interessi e senza nemmeno le scuse di circostanza.

      1. Giovanna Jacob

        “Perchè tenga presente un altro aspetto, che forse le sfugge:
        quei denari non sono una generosa elargizione, sono la parziale restituzione di un prelievo iniquo, purtroppo senza gli interessi e senza nemmeno le scuse di circostanza”.

        Sono d’accordo: lo stato deve restituire il maltolto. Se io, con la pistola alla tempia, sono costretta a cedere più del cinquanta per cento di quello che guadagno al Grande Ladro, non mi rimangono abbastanza soldi per fare la carità ai poveri. Quindi, se il Grande Ladro mi restituisce almeno parte del maltolto, io posso fare la carità ai poveri. Fin qui, siamo d’accordo.

        Ma le cose sono molto più complesse di così. Tutte le volte che si prova ad indagare, si scopre che in tutti gli enti benefici che, direttamente o indirettamente, ricevono soldi dallo stato, sviluppano tutti i vizi che sono propri delle pubbliche amministrazioni (posti di lavoro inutili a figli e amanti fannulloni eccetera).
        Questo perché oltre a ricevere indietro una quota corrispondente alla quota precedentemente versata al fisco dai membri dell’ente stesso, l’ente tende a ricevere sempre di più. Come i drogati hanno bisogno di dosi sempre maggiori di droga per provare sballo, così chi usa soldi pubblici ha bisogno di quantitativi sempre maggiori di denaro pubblico.

        Ad esempio, ormai l’Unicef è una macchina per distribuire stipendi stellari a impiegati che fingono di essere molto preoccupati dei bambini che muoiono di fame nel Terzo mondo.

        Inoltre, studi dettagliati dimostrano che gli enti caritatevoli finanziati dallo stato hanno l’effetto di moltiplicare la povertà. Per una ragione semplicissima: i bisognosi imparano che è più comodo restare bisognosi, e continuare a farsi assistere dalla carità altrui, che darsi da fare. Da quando in Francia esistono le mense istituite dal comico Coluche, la povertà è triplicata.

        Quindi,gli enti caritatevoli non devono chiedere soldi allo stato: devono piuttosto chiedere allo stato esenzioni fiscali. Negli Usa chi si occupa di carità paga meno tasse. Fare la carità con i soldi propri e fare la carità con i soldi dello stato è diverso: nel primo caso sei costretto ad essere responsabile ed oculato nell’uso dei soldi, nel secondo caso sei deresponsabilizzato e tendi a sprecare e hai bisogno di sempre più soldi come un drogato ha bisogno di sempre più droga. Come disse Friedman, nessuno ha cura dei soldi pubblici come ha cura dei soldi propri.

        P. S. E comunque lo stato ai tempi di don Bosco era molto meno ladro: dal principio del secolo scorso ad oggi la tassazione è passata da una media di meno del 10% ad una media di più del 40% in tutti i paesi occidentali.
        E comunque, dubito che la miriade di santi che hanno aiutato i poveri nel medioevo e nel rinascimento, tipo Gerolamo Emiliani, si beccassero qualcosa dallo stato.

    2. Turiddu

      mi dovresti spiegare perchè un ente caritatevole deve supplire ai compiti dello STATO?
      mi dovresti spiegare con quali soldi un ente caritatevole può aiutare quando non ci sono più dei donatori?
      mi dovresti spiegare perchè lo Stato chiede aiuto al volontariato per risolvere problemi che lui non sa neanchè come affrontare?

  4. ragnar

    Curiositá: chi votano questi 300000? Se Crocetta ha una maggioranza sufficiente se ne puó altamente fregare

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