I No Tav manifestano davanti alla Prefettura. E attaccano “una certa” giornalista di Repubblica

Di Marco Margrita
30 Ottobre 2012
In un comunicato contro la procura i trenocrociati fanno riferimento a un articolo apparso sul quotidiano. Non è la prima volta che fanno riferimenti sibillini a giornalisti e giornali

 I giornali ed i giornalisti, quando non si fanno loro fedele megafono, non sono certo amati dai No Tav. Insomma, come anche per i grillini, se non si scrive sotto dettatura del movimento, si è sicuro alle dipendenze di qualche oscuro complotto. Ultima, ma c’è da scommetterci solo per il momento, è la collega della Repubblica Sarah Martinenghi. Prima furono le scritte contro Gian Franco Bianco del Tg3 regionale, poi – ancora in corso – la delegittimazioni dei cronisti della Stampa che non si accodano ai peana verso i “nuovi resistenti”.

Domani, i No Tav, saranno di fronte alla Prefettura di Torino (ed in altre piazze) per esprimere solidarietà a Fabiano Di Bernardino, che ha denunciato violenze da parte della polizia durante le manifestazioni del 3 luglio dello scorso anno. «La sua storia – scrivono i No Tav convocando la manifestazione – torna oggi a rimbalzare per l’amaro finale, la Procura di Torino ha archiviato la sua querela usando le falsità contenute in un articolo pubblicato su Repubblica il 4 luglio del 2011, a firma di una certa Sarah Martinenghi, nel quale vengono attribuite a Fabiano parole che non ha mai pronunciato e che tuttavia la Procura ha ritenuto più valide di quelle dello stesso Fabiano. Come sempre, quindi, la loro parola contro la nostra».

Insomma, il cronista non è più una persona, ma “una certa”. Per quanto tocchi ammettere anche ai trenocrociati che «la richiesta di archiviazione non contiene esplicitamente nelle motivazioni il riferimento all’articolo su Repubblica, tuttavia fa riferimento al rapporto della Digos che cita come elemento significativo l’articolo in questione». Parole forti anche contro magistratura e forze dell’ordine. «Questo evento – si legge ancora – è da realizzare insieme a chi, oltre ad esprimere a parole la solidarietà verso Fabiano, vuole fare di più, non tanto sperando di influenzare (cosa impossibile) l’ingiusta Procura di Torino, quanto perché la gente sappia che in questo paese non c’è alcun organo deputato alla Giustizia, ma semplicemente al controllo ed alla repressione, anche utilizzando la tortura, reato che, come sapete, non è riconosciuto dalle nostre leggi ma è praticato costantemente e senza alcuna conseguenza da chi quella legge sostiene di “difenderla”».

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