
I giovani “indignados” sgomberano mentre novantenni nostalgici li celebrano
Hanno smontato le tende e hanno lasciato la piazza raccogliendo bicchieri e cartacce, ramazzando a terra con gli spazzoloni. I manifestanti spagnoli che si erano accampati in segno di protesta a Puerta del Sol, a Madrid, per criticare i fallimenti del governo (disoccupazione e corruzione) di Zapatero hanno deciso di trasformare l’occupazione in un “accampamento itinerante” per le piazze della capitale, cercando ogni volta l’accordo con i quartieri. L’accampamento che è diventato il simbolo della rivolta dei giovani spagnoli è stato smantellato, ma l’indignaciòn non si è spenta. “No nos vamos, mudamos a tu consciencia” recita uno striscione: “Non andiamo via, traslochiamo nella tua coscienza”.
Lo sgombero ha per molti un alto valore simbolico. Cosa accadrà adesso? L’assenza di leader riconoscibili costituisce la grande forza del movimento, in una Spagna che sta vivendo una forte sfiducia nelle istituzioni. Si spiega anche così l’appoggio unanime che questi giovani hanno trovato nella popolazione, molto più che nei giornalisti: per il senso comune applicato alla loro resistenza, discreta, strutturata, pacifica e multicolore. D’altra parte, un movimento che non fa riferimento ad alcun rappresentante e ha solo una serie di portavoce a rotazione, può sopravvivere o è destinato a estinguersi? Per fare un brutale confronto con la realtà italiana, ora come ora gli Indignados sono come un Movimento Cinque Stelle nato senza Beppe Grillo, un Popolo Viola prima che Di Pietro vi mettesse il cappello.
Certo è che mentre il destino della “rivoluzione dolce” è incerto, il fenomeno delle lotte giovanili (in Spagna come in Italia, in Regno Unito, in Grecia, Islanda, passando dalle rivoluzioni nel Maghreb) si attira facilmente toni retorici e anche sguardi un po’nostalgici. I testi che glorificano questa ondata emotiva nata dal malcoltento proliferano, ed è curioso che a scriverli non siano proprio dei giovani rivoluzionari di primo pelo. Il testo più legato alle piazze spagnole è Indignatevi, di Stephane Hessel, vero e proprio caso editoriale: l’autore è un diplomatico, politico e scrittore tedesco naturalizzato francese, combattente nella Resistenza. Ha 94 anni.
E in Italia? Massimo Ottolenghi, classe 1915, ebreo scampato alle leggi razziali del 1938, già militante del Partito d’azione con Ada Gobetti, Alessandro Galante Garrone, Giorgio Agosti (fu magistrato negli anni del dopoguerra, quindi avvocato civilista) ha pubblicato con Chiarelettere Ribellarsi è giusto, un monito alla nuova generazione («Noi non ce l’abbiamo fatta, abbiamo fallito, ora tocca a voi».)
Luciana Castellina è l’autrice di Ribelliamoci. L’alternativa va ricostruita (Aliberti), centrato sulla mancata consequenzialità tra indignazione ed impegno. Ottantadue anni di militanza politica (si iscrive al PCI nel 1947) e fondatrice del Manifesto, che divenne poi il Pdup (Partito di Unità Proletaria). L’elenco sarebbe lungo. Uno su tutti: Indignarsi non basta è la risposta indirizzata a Hessel da Pietro Ingrao (Aliberti). Ciò che preme al novantaseienne giornalista, parlamentare e dirigente comunista, è la natura umana, unita alla sana pratica del dubbio: «Ho imparato in questo secolo l’indicibile dell’umano, di ognuno di noi e della relazione con l’altro che non possiamo mai afferrare fino in fondo. (…) Vi prego, non permettete che la domanda sull’essere umano venga cancellata».
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