I falsi profeti dell’apocalisse imminente

Di Carlo Marsonet
28 Settembre 2024
Il libro di Genta e Riberi critica la propaganda antioccidentale di chi preannuncia un disastro ambientale imminente. Serve un po’ di sano realismo
Protesta degli ambientalisti a Glasgow per il Cop26
Ambientalisti in protesta a Glasgow in occasione della Conferenza Onu sul clima (Cop26), 11 november 2021 (foto Ansa)

Che sia una catastrofe climatica, epidemica, demografica o altro, a farla da padrona è una certa propensione a vedere il futuro oscuro, o, meglio ancora, disastroso. Vedere nell’avvenire null’altro che qualcosa di assolutamente negativo non è però sorprendente, dopo tutto. A furia di incistare ossessivamente l’idea che siamo continuamente sull’orlo del baratro, il risultato non può che essere creare una generazione fagocitata dalla disperazione e dell’angoscia. Il panico è generato però da qualcosa di più profondo. Anche il catastrofismo climatico – come ripete spesso Bjørn Lomborg –, che probabilmente costituisce la forma più “popolare” di questa propensione negativistica, è solamente un sintomo di un malessere ben più radicale. È il segnale che il mondo occidentale vive una crisi di sé, nel senso cioè che non possiede più principi primi che ne orientano il pensiero e l’azione.

Augusto Del Noce (1910-1989), uno dei pensatori più fini del secondo Novecento, parlava di «millenarismo negativistico» proprio per indicare la contraddizione dell’ideologia progressista che va per la maggiore. Muoiono i vecchi ideali, o valori tradizionali, ma di nuovi non ne nascono, non ne possono nascere, proprio perché vige l’idea che di valori assoluti non ne esistano. Che cos’è, dopo tutto, il progresso che spesso si sente evocare? L’espressione del nulla, il vuoto erto a valore.

Le nove piaghe

Ecco allora, come scrivono in un bel libro di recente uscita Giancarlo Genta e Paolo Riberi, che il disastro imminente propagandato serve a riempire un futuro, altrimenti svuotato, di qualcosa: la colpevolizzazione del mondo occidentale, dei suoi valori, dei suoi abitanti. I profeti dell’apocalisse. La civiltà occidentale sta distruggendo il mondo? (Lindau), che nel titolo riecheggia il ben noto classico di Norman Cohn I fanatici dell’apocalisse (1957), scandaglia le varie piaghe che un giorno sì e l’altro pure ammorberebbero gli uomini.

Le piaghe esaminate sono nove: la sovrappopolazione, il capitalismo, l’alienazione tecnologica, l’apocalisse nucleare, la mancanza di risorse, l’inquinamento, i cambiamenti climatici, l’insostenibilità del nostro stile di vita e, ça va sans dire, le epidemie. Ognuno di questi flagelli – si badi bene – creati dal mondo moderno occidentale, ha lo scopo precipuo di colpevolizzare l’uomo (occidentale, ovviamente) e il suo stare al mondo. Anziché visto come essere creato a immagine e somiglianza di Dio, e dunque dotato di una sua propria incommensurabile dignità, l’uomo è concepito come il flagello calato sulla terra. Cosa rappresenta una tale, esiziale ideologia?

Distruggere senza costruire

La risposta è semplice: che l’uomo non è più al centro del mondo, non ha più principi permanenti in cui credere, non ha più fiducia in nulla salvo che nella disperazione. Benedetto XVI, nella Spe Salvi (2007), ricordava come la speranza non possa fare a meno di Dio. Senza questi, invece, la tentazione è quella della hybris di potere, dovere creare il paradiso in terra. Ma a che prezzo? Di fatto, eliminando l’uomo, con la sua fragilità e la sua libertà. E prendiamo Giovanni Paolo II e la definizione forse migliore degli uomini: «Costruttori responsabili della società terrena», vengono definiti nella Sollicitudo Rei Socialis (1987).

Al millenarismo negativistico mancano precisamente i primi due elementi: vuole distruggere, anziché costruire, e, pertanto, manca della necessaria responsabilità umana. È intriso di manicheismo e dunque è incapace di vedere come l’uomo ha creato quel che ha creato, sebbene in maniera imperfetta, grazie all’innovazione resa possibile dalla libertà degli uomini. Le sfide si affrontano dunque con buon senso e capacità di discernimento, e non creando ansie imminenti e universali che colpirebbero l’uomo perché colpevole del semplice stare al mondo (andatevi a leggere la lista di alcune “profezie” pronunciate negli ultimi sessant’anni). Quello che manca, insomma, è un po’ di sano realismo, liberale e cristiano, o cristiano e liberale. Fate voi.

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