Lettere al direttore

I dolorosi compromessi che l’Ucraina dovrà accettare

Di Emanuele Boffi
16 Febbraio 2025
La guerra era in stallo da un anno e mezzo e il tempo giocava a favore di Putin. Il bivio era drammatico: o combattere e morire o subire la "pace" di Putin
Kiev, Ucraina, 12 febbraio 2025 (foto Ansa)
Kiev, Ucraina, 12 febbraio 2025 (foto Ansa)

Caro direttore, venerdì il Corriere della Sera ha pubblicato tre cartine dell’Ucraina per spiegare come è cambiata la situazione sul campo dal 2014. Nella prima cartina si vede che, in quell’anno, erano sotto il controllo russo la Crimea e le regioni di Lugansk e Donetsk (in mano ai separatisti filorussi). Nella seconda cartina, si mostravano i territori conquistati dalle armate putiniane dopo un mese di guerra (il 24 marzo 2022 l’esercito russo controllava il sud e del Paese, Chernobyl ed era arrivato a Kiev). Nella terza cartina si mostrava la situazione attuale: gli ucraini avevano riconquistato gran parte del loro paese, persino si erano spinti in quello russo a Kursk, ma molti territori a sud erano ancora in mano ai russi. E ora cosa accadrà?

Guido Alfieri

Caro Guido, non lo so. Spero, come tutti, che si trovi un accordo che sia il più favorevole possibile all’Ucraina. Quel che so, osservando le tre cartine, è che gli ucraini sono stati eroici e hanno reso quella di Putin una “vittoria monca”, rovinandogli i piani di una conquista, rapida e immediata, del loro Paese. Tuttavia, questo non è bastato e, fallita la controffensiva nell’estate del 2023, la situazione era in stallo ormai da un anno e mezzo. In stallo perché nessuno riusciva più ad avanzare e perché sia gli Stati Uniti sia l’Europa, al di là delle dichiarazioni di rito, erano disposti a sostenere gli ucraini “fino a un certo punto”. Stante così le cose, quanto si poteva andare avanti? Il tempo è diventato un fattore a favore di Vladimir Putin che poteva disporre di più uomini. È terribile da dire, ma siamo arrivati al punto in cui o si andava avanti a combattere senza prospettive realistiche di vittoria (9 meglio, di poter trattare da una posizione di forza) o si accettavano dei compromessi. Temo fortemente che gli ucraini dovranno ingoiare “compromessi” ingiusti e dolorosi.

Cartina pubblicata sul Corriere della Sera il 14 febbraio 2025
Cartina pubblicata sul Corriere della Sera il 14 febbraio 2025

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Con questo intervento, vorrei dare voce a una tragedia silenziosa che si sta consumando in Ucraina. La guerra è sempre un’inutile strage, per ripetere le parole di Benedetto XV durante il primo conflitto mondiale, tuttavia, non sempre si comprendono tutti gli effetti devastanti che essa produce. Non penso solo agli aspetti più eclatanti (quali distruzione di case, strutture civili, ospedali e, soprattutto, morte di migliaia di persone compresi i bambini), ma penso agli effetti nascosti, talora più dolorosi di quelli visibili.

Raccogliendo la testimonianza di una mia amica ucraina ripeto quanto lei mi ha raccontato. Nella sua terra è in atto una dolorosa battaglia culturale e religiosa. Il presidente Zelensky, di fatto indifferente alla religione, sta traghettando il suo popolo verso l’Europa che evidentemente per lui significa modernità e progresso, a spese del passato. Purtroppo, però, la più importante delle tappe per arrivare a tale traguardo è sradicare dalla sua gente il rapporto con la Trascendenza, il rapporto con la propria tradizione e con la propria storia, con la propria lingua e la propria cultura. Diversi milioni di ucraini di religione ortodossa sono sottoposti a pressioni di ogni genere al fine di far sì che abbandonino la loro fede. Anziani che vogliono morire ortodossi, adulti che insegnano ai figli la tradizione e mostrano loro una fede convincente e certa, bambini che, infanti, balbettano le prime parole della liturgia e vogliono seguire i genitori sulla via che essi indicano, ebbene tutto questo è seriamente a rischio. A queste persone è data l’unica alternativa di andarsene dalla loro terra perché molte chiese e monasteri ormai sono chiusi, sacerdoti incarcerati, vecchi derisi per le loro abitudini di preghiera, bambini ostacolati nel frequentare le scuole di catechismo.

L’altra conseguenza devastante, una volta epurata la relazione con Dio, è l’inimicizia generata nel popolo, prima unito e concorde pur nella diversità. Odi e rancori serpeggiano tra famiglie e famiglie: le une che hanno parenti in guerra, le altre i cui figli, per varie ragioni, non prestano servizio militare; le une che non possono godere delle rimesse di badanti (che lavorano incessantemente per mantenere la sopravvivenza dei loro cari), le altre sempre più povere e falcidiate da malattie semplici che diventano mortali per l’impossibilità di accedere a ospedali e medicine, tutte costosissime; le une per le quali la fede è ancora al primo posto nella vita e per essa sono disposte a morire; le altre per le quali va bene ogni cosa purché sia garantito il benessere materiale.

La mia amica è interiormente devastata e come lei milioni di persone. Mi domando se cedere due regioni, che per altro sono a maggioranza russa, sia un sacrificio accettabile per salvare il cuore etico della nazione ucraina.

E, comunque, rimane il fatto che il processo di sradicamento del popolo ucraino dalla propria fede, cultura, storia, tradizione, avviato da Zelensky, sia del tutto discutibile e pericoloso. Assomigliare all’Europa nei suoi aspetti negativi e nella sua deriva individualistico-materialistica non mi sembra ragionevole e neppure democratico nel senso letterale di voluto dal popolo.

Grazie!

Maria Giovanna Fantoli

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Carissimi, sono un vostro abbonato e vorrei mandarvi questo commento riguardo a quanto scritto da Deborah Giovanati sull’eutanasia. La prima cosa che mi ha colpito è il titolo: non so chi lo abbia scritto, ma ha centrato il nocciolo della questione. Mi ha fatto tornare in mente quando il quotidiano Repubblica definì i malati cronici “un peso per il Servizio Sanitario Nazionale”. Questo titolaccio fu poi corretto togliendo la frase incriminata, ma siccome nel frattempo erano passate ore, la prima versione aveva già fatto il giro dei social. Io ne feci un commento per un blog di nome “Nelle Note” in cui sottolineai che gli strumenti di persuasione all’eutanasia erano gli stessi usati in Germania negli anni 30: cioè, in breve, la soppressione dei malati era giustificata dal risparmio di denaro che sarebbe andato alle famiglie dei c.d. “sani”.

Ricordo che negli anni 90, pur non essendo molto diffuso internet, se ne parlava molto di più, forse perché parecchi testimoni dei totalitarismi erano ancora vivi, quindi mi sembrava che ci fosse più consapevolezza in materia. Pure Roberto Benigni “osò” fare un accenno ai programmi di eutanasia inculcati ai bambini attraverso problemi di matematica, nel suo film “La vita è bella”. L’attore Marco Paolini affrontò il tema nel suo monumentale dramma “Ausmerzen”, pochi anni dopo. Ma ho la sensazione che nel frattempo sia calata una cappa di indifferenza e disinteresse che somiglia alla reazione dei commensali che, nel film di Benigni, si limitano a rilevare che problemi di matematica del genere in Germania vengono proposti a bambini delle Elementari, mentre in Italia sono roba da scuole superiori. 

Ma eccoci qui, 28 anni dopo: archiviato il film di Benigni, ed eclissato Paolini (anche per sue vicende personali), c’è il vuoto pneumatico sulla parte di ideologia del III Reich meno esplorata: l’eugenetica, che è stata adottata dall’ideologia “liberal” e forse è per questo che non tira più. E paradossalmente ha le stesse motivazioni speciose di “risparmio”, forse è per quello che tentano di convincerci che l’eutanasia è cattiva solo se è quella praticata dai nazisti – e che peraltro servì ad affinare le “tecniche” di sterminio che furono infine applicate nella “soluzione finale”. Ma d’altro canto, un manifesto di propaganda degli anni 30 riporta la scritta “Wir stehen nicht allein”, che tradotto significa, “Non siamo soli”, accanto a una fila di bandiere di Stati dove simili legislazioni erano in vigore o almeno in discussione: accanto agli Stati Uniti (uno dei precursori dell’eugenetica) c’erano le insospettabili Svizzera, Svezia (socialdemocratica) e Polonia. Come a voler dire: “Vedete? Anche altri lo fanno, quindi è giusto”. Insomma, obtorto collo mi tocca citare le Pantere Nere quando dicevano “Scratch the liberal and you will find the fascist”, dove “liberal” probabilmente non va inteso tanto come “liberale” quanto come “progressista”. Con buona pace delle “professioni di antifascismo” fatte a ogni piè sospinto. Vietato fare paralleli storici! Troppo imbarazzante ammettere la convergenza tra il moderno progressismo e quanto perpetrato dal Terzo Reich: come quando si faceva notare che gli autori di alcuni cartelli anonimi volevano somministrare lo Zyklon B ai no-vax, ma si veniva messi a tacere perché “Non è la stessa cosa!”. 

Anche se in Lombardia abbiamo gli “hospice”, che sono (fuori di retorica) una eccellenza della nostra regione, temo che l’onda non tarderà ad arrivare qui da noi. E quindi mettiamoci in testa questo: se la vittoria militare contro la Germania nazista è stata schiacciante e definitiva, la sua ideologia è ben viva e la partita è ancora aperta. Per questo dobbiamo far uscire dal dimenticatoio testimonianze come i discorsi del vescovo von Galen, la bellissima mostra dell’ANFFAS sull’Azione T4 (che può rivaleggiare con quelle del Meeting), ma anche quegli stessi film che il Ministero della Volksaufklärung und Propaganda produceva a scopo di indottrinamento. Uno di questi è “Ich klage an” (“Io accuso”), che sono riuscito a reperire solo tramite YouTube per farne una disamina sul blog di Informazione Cattolica. Spero comunque che esista un DVD recuperabile tramite qualche biblioteca o Istituto della Resistenza, perché il film merita di essere visto e rivisto. Soprattutto perché strumenti e tecniche di persuasione sono gli stessi, ma forse i “megafoni” di oggi sono più potenti. Nel 1941 il film fu addirittura premiato (udite udite) alla Mostra del Cinema di Venezia, e questo rende ogni altro commento superfluo. Comunque sappiate che è roba per stomaci forti. Per chi è più delicato c’è sempre il libro “Eugenetica e altri malanni” di Chesterton. E con questa citazione chiudo il cerchio. Non mi resta che dirvi che vi leggo sempre e plaudo al lavoro che fate. Alla prossima!

Gianmaria Spagnoletti

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1 commento

  1. ENRICO VENTURA

    Caro direttore,
    una cosa che mi stupisce e capisco poco, ecco perché chiedo il tuo parere, riguardo allo scandalo con cui è stata accolta la reazione della Russia all’affermazione di Mattarella quando ha paragonato il regime di Putin al regime nazista. Mi sembra ovvio offendersi: ma come, dirà Putin, siamo queli che in prima fila hanno combattuto il nazismo, quelli che hanno invaso l’Ungheria nel ’56, che hanno invaso la Cecoslovacchia nel ’68, poi l’Afghanistan, sottomesso mezza America Latina in nome del comunismo e ora arriva Mattarella che ci dà dei nazisti qualsiasi solo perché facciamo la stessa cosa con l’Ucraina?
    Eppure, qui da noi, tutti prostrati ai piedi dell’intoccabile Mattarella, che secondo me avrebbe meritato un 4- in storia. Boh!
    Sarà che è trendy essere antifa/nazi, e ci mancherebbe, ma chiamare il comunismo col suo nome no? Nemmeno quando si ricordano le Foibe, occultate per 60 proprio dai comunisti italiani. Ma forse sono io a meritare un 4 in Storia.

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