
I denti, i sorrisi e i ghiaccioli. “Il popolo canta” dentro San Vittore
Sabato scorso, mentre Milano si dibatteva tra le code dei saldi e l’afa di Minosse, a San Vittore un centinaio di detenuti dava aria fresca al cuore con la musica irlandese della Shamrock Band, il primo dei concerti della rassegna musicale “Il popolo canta” voluta dall’associazione Incontro e Presenza. Tra i presenti, anche l’onorevole Renato Farina, da sempre attento alla situazione carceri.
«C’era un’atmosfera bellissima, sembrava quasi di essere a una festa popolare, è stato un sabato pomeriggio molto coinvolgente, per la band che ha suonato, per il pubblico speciale, per i volontari», spiega Farina. I ritmi cadenzati e inconfondibili dei grandi classici della tradizione irlandese si sono dipanati dal cortile dedito all’ora d’aria delle detenute donne, che erano anche in maggioranza sul centinaio complessivo dei partecipanti. «C’era gioia sui volti di tutte, tanto che io stesso facevo fatica a distinguere tra volontarie e carcerate. Poi, tristemente, mi accorgevo che si trattavano di carcerate dal fatto che mancavano loro i denti, a causa delle condizioni di estrema povertà in cui vivono. Questo però non impediva loro di sorridere».
Tutto è avvenuto sotto il controllo e la collaborazione della polizia penitenziaria, che si è occupata di gestire le operazioni di trasferimento dei detenuti dalle celle al cortile. Tanto da meritarsi la dedica di uno dei canti. «Il poliziotto che mi accompagnava era molto felice per questo. Mi ha detto “è bello che qualcuno si ricordi anche di noi”». Il tutto si è poi concluso con un’adeguata distribuzione di ghiaccioli per i presenti. «Non è rimasta una carta o un bastoncino per terra, tutto era pulito e ordinato. Questo dimostra che c’è da imparare anche da chi è a San Vittore a scontare una condanna, perché il periodo di detenzione non deve essere solo una pena o una tortura, ma una rieducazione, e dobbiamo ringraziare i volontari di Incontro e presenza per il loro impegno su questo fronte. Penso sempre all’etimologia della parola carcere, dall’aramaico “car-car”, che significa tumulare, seppellire. E invece sabato pomeriggio l’atmosfera diceva tutto il contrario, alla tomba veniva contrapposta la Resurrezione, la bellezza che la musica e l’amicizia hanno in sé».
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