
I cattolici tornino a farsi sentire “sui tetti”

Un «cambio di passo» nel laicato cattolico. È quello auspicato da oltre settanta associazioni che da quasi tre anni si accompagnano in un percorso comune e che si sono ritrovate mercoledì 9 marzo all’Angelicum di Roma al convegno “Sui tetti”. Un’iniziativa prepolitica che, come ha spiegato uno dei suoi animatori, Domenico Menorello, vuole costituire un’agenda di impegni affinché, «in un periodo di smarrimento», il mondo cattolico non rinunci a far sentire la propria voce. «I cattolici sono chiamati non tanto a sforzi organizzativi, ma innanzitutto a una presenza e una visibilità antecedenti, cioè a una visione e a giudizi pubblici, convintamente “pre-politici”, che spieghino “con un linguaggio di verità” e rendano chiara verso tutti, senza preclusione alcuna, pubblicamente, dunque “sui tetti”, come ci incoraggia il Vangelo quale sfida antropologica si giochi anche attraverso le leve della politica, della legislazione e del diritto».
Le parole di Bassetti
Il convegno è stato aperto dal cardinale Gualtiero Bassetti, presidente Cei, e da monsignor Francesco Pesce, rettore della Cappella di San Gregorio e chiuso da una lectio del segretario di Stato del Vaticano, cardinale Pietro Parolin.
Il presidente della Cei ha ricordato che «è doveroso lavorare per il bene comune dell’Italia, in un orizzonte europeo e internazionale, con carità e responsabilità, mettendo da parte opportunismi e radicalismi, e senza soffiare sul fuoco della pur comprensibile frustrazione e della protesta sociale». Per questo «ai cattolici italiani è dunque chiesto uno sguardo a 360 gradi che chiama in causa alcuni binomi fondamentali: cultura e formazione, solidarietà e sussidiarietà, diritti e doveri».
Bassetti ha poi detto: «Necessitiamo di un’agenda che contempli al primo posto la cultura della vita, da accogliere, tutelare, curare, accompagnare in ogni sua stagione; dobbiamo ugualmente porre in primo piano la famiglia, che richiede scelte coraggiose atte a favorire la formazione dei nuovi nuclei, a sostenere i redditi più bassi, a promuovere una conciliazione tra la dimensione professionale e quella domestica. C’è bisogno di una scuola accogliente per i nostri ragazzi, di lavoro per i giovani, di efficaci tutele per le donne, di un welfare in grado di tendere la mano a tutti i soggetti fragili. Occorre dare una nuova centralità, infine, ai poveri, agli emarginati e agli sfruttati».
Orsina e la lezione di Del Noce
Il convegno è poi proseguito con gli interventi del politologo Giovanni Orsina, il filosofo Dario Antiseri, il magistrato Alfredo Mantovano e l’ex ministro Maurizio Sacconi. Ognuno di loro ha toccato, secondo la sua competenza, un aspetto della questione, riassunto sotto il titolo “Quale nuovo ruolo dei cattolici nel cambio d’epoca?”.
Orsina è partito da una sottolineatura del filosofo Augusto Del Noce (secondo cui «Dio non sarebbe “morto” sul terreno filosofico, ma sarebbe stato consapevolmente “assassinato” per scelta politica»), per spiegare che «il catastrofico fallimento delle forme novecentesche di politica della fede abbia lasciato la politica dello scetticismo – ossia il liberalismo – come unica opzione ancora in vita». Una opzione, però, ricca di conseguenze: «Alla fine di tutto, però, da assolutizzare è rimasto soltanto lo scetticismo. La morte di Dio come ultimo Dio. Il rigetto di ogni identità come nuova identità. La distruzione di ogni tradizione come tradizione. Il naturale rifiuto della natura». Ora che anche questa scelta «è entrata profondamente in crisi», si apre per i cattolici un compito. Quello, secondo Orsina, di tornare alla lezione di Del Noce. Non per «rifondare una fede attraverso la politica», ma di promuovere un impegno politico per «provare almeno a riguadagnare lo spazio, la possibilità per una fede».
Mantovano e l’esempio di Livatino
Mantovano ha proposto una riflessione che è stata anche un auspico affinché «sorga una nuova generazione di giuristi cattolici» che richiami «l’attenzione di chi opera nel mondo del diritto per quella che la scuola classica chiama “legge naturale”». Oggi la magistratura esercita una supplenza sulla politica che è stata favorita «dall’averla considerata come un intervento neutrale, connotato da terzietà: ma la realtà ha dimostrato quanto sia illusoria una prospettiva del genere».
Gli esempi si sprecano, ma ciò che è da trattenere è il giudizio sintetico di Mantovano: «Il governo da parte dei giudici, non soltanto nelle materie eticamente sensibili, ha sostituito il governo della legge, che pure la Costituzione conferisce all’esecutivo sotto il controllo del legislativo. L’antinomia colpevole/innocente è stata sostituita dall’antinomia del puro/impuro. Il reato è diventato una colpa sociale per il fatto stesso di essere contestato, al di là del successivo eventuale accertamento della sua consumazione. Il processo penale da strumento per accertare il fatto-reato è diventato ciò che crea il fatto-reato: è la formulazione dell’accusa che costruisce la colpa, non il contrario».
Per questo, ha concluso, per ritrovare un giusto equilibrio, bisogna ispirarsi a un giudice, Rosario Livatino, che «la Chiesa porta sugli altari». «Sulla scia del beato Livatino – ha detto Mantovano – mi auguro che i laici cattolici italiani in modo profetico lavorino per ricondurre la giurisdizione nei suoi propri confini, in adesione al quadro di principi iscritto nel cuore dell’uomo».
Sacconi e il senso del lavoro
Sacconi ha illustrato i punti di contatto «tra credenti e non credenti che riconoscono con la semplice osservazione l’antropologia naturale e in essa la ricchezza e l’attitudine relazionale della persona umana».
Con due affondi: uno sul «senso della vita e il senso del lavoro che si alimentano reciprocamente. Ma può esservi vitalità economica e sociale senza vitalità demografica? E come avere vitalità demografica in società nelle quali si è perso il rispetto della vita con la propensione alla selezione eugenetica, con il rifiuto delle condizioni di fragilità, con l’accettazione del commercio dell’umano?».
E un secondo sul Pnrr che, così come è stato pensato, è «pervaso dal ritorno dello Stato pesante e dal rifiuto del criterio di sussidiarietà che pure discende dai principi delle nostre radici culturali e ora è iscritto nella nostra Costituzione».
«Per questo – ha concluso Sacconi – l’agenda prepolitica, affermata pubblicamente, “sui tetti”, vuole essere strumento organico e dinamico di lettura dei fatti e dei processi decisionali offerto a tutti coloro che, con la fede o con la ragione, nel cambiamento d’epoca, trovano nel cuore antico della nazione la forza morale per costruire il futuro».
Parolin: i nostri tre cardini
A seguire vi sono stati gli speech di diversi rappresentanti delle varie associazioni (tra cui anche alcuni nomi noti ai lettori di Tempi: Giancarlo Cesana, Lorenzo Malagola, Marco Invernizzi) e infine la lectio del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano, che ha insistito su tre parole: «Ragionevolezza, dignità e bellezza»: sono questi i tre cardini su cui deve essere imperniata «un’agenda di ispirazione cristiana». Queste sono le tre leve «perché il cristianesimo, la Chiesa, i cristiani possano oggi ispirare pensieri e opere in seno al contesto sociale; e così incidere non soltanto a livello privato, ma anche pubblico e politico».
Lo smarrimento dell’uomo moderno, ha spiegato Parolin, è dovuto al fatto che si distruggono le radici dell’umano «senza proporne di nuove. È un distruggere senza costruire, nella menzogna o nell’illusione di presentare come evoluzione un processo che altro non è che un impoverimento e un indebolimento dell’essere umano. Causa e sintomo, al tempo stesso, di questa crisi antropologica è il fatto che non soltanto l’uomo non sa più chi egli sia; la cosa ancor più grave è che abbia smesso di domandarselo».
È per questo che solo una autentica laicità – ben diversa dalla laicità negativa che esclude il fenomeno religioso – deve consentire all’uomo di fede si avere un suo spazio nell’agone pubblico. Tra Stato e Chiesa ci deve essere separazione, ma non indifferenza e sospetto. «Questo implica anzitutto la libertà della Chiesa e dei cristiani di esprimere anche nell’ambito pubblico pensieri, azioni e comportamenti corrispondenti alla propria fede con il pieno diritto di sollecitare, ben oltre la sfera del privato, corrispondenti azioni pubbliche e leggi a tutela dei valori professati».
Foto Ansa
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