
Hong Kong torna a protestare. Carrie Lam ascolti la voce del popolo

Per la prima volta da agosto, la polizia di Hong Kong ha dato il via libera a una grande manifestazione che si terrà oggi per le strade della città autonoma e che potrebbe attirare centinaia di migliaia di persone. Il nuovo capo delle forze dell’ordine, Chris Tang, nominato da poche settimane e subito volato in visita di cortesia a Pechino, ha auspicato che «i manifestanti possano dimostrare alla città e al mondo che è possibile sfilare in modo pacifico e ordinato». Ha anche aggiunto, come riportato dal Scmp, che il permesso alla protesta sarà ritirato se si verificheranno «violenze e scontri».
GOVERNO RESPONSABILE DELLE VIOLENZE
La popolazione della città autonoma protesta da oltre sei mesi contro il governo di Carrie Lam e la legge sull’estradizione da lei proposta e poi ritirata. Negli ultimi mesi Hong Kong ha registrato un livello di violenza senza precedenti, con la polizia che ha risposto alle proteste dei manifestanti con un dispiegamento di forze mai visto dal 1997. Il tasso di gradimento della polizia tra la popolazione è sempre stato molto alto, ma da giugno è crollato al 30 per cento a causa dell’eccessivo uso della forza, anche letale, spiega Reuters.
Per quanto rappresenti un positivo gesto di distensione l’autorizzazione della marcia di domenica, non si può dimenticare, come ben spiegato dal leader democratico Lee Cheuk Yan all’incontro di Tempi su Hong Kong a Milano settimana scorsa, che la violenza dei manifestanti è stata innescata sia dall’assenza di volontà del governo di rispondere alle richieste legittime dei manifestanti sia dalla violenza della polizia.
LE ELEZIONI SONO STATE UN SEGNALE CHIARO
Due settimane fa, inoltre, la popolazione di Hong Kong ha già dimostrato di essere in grado di far sentire la propria voce in modo chiaro e perfettamente pacifico. Alle elezioni distrettuali, infatti, il fronte democratico ha conquistato l’87 per cento dei seggi, risultato mai raggiunto prima d’ora, grazie a un’affluenza record. Ma ancora una volta, la governatrice Carrie Lam, pur riconoscendo la sconfitta del fronte pro Pechino, non ha concesso nulla ai manifestanti, che chiedono: un’indagine indipendente sulle violenze della polizia, l’amnistia per gli oltre 5.000 arrestati, il ritiro della definizione delle proteste come “sommosse” e il suffragio universale per l’elezione di governatore e Parlamento (come previsto dalla costituzione di Hong Kong e promesso da Pechino nel 2007).
Se il governo si ostina a non ascoltare la voce della popolazione, ma a concedere qualcosa solo quando la protesta diventa violenta, è inevitabile che il malcontento prenda strade più radicali per esprimersi. Ben venga dunque l’autorizzazione della protesta, ma è dalla politica che Hong Kong si aspetta risposte. Se non arriveranno, il clima pacifico che si è registrato nelle ultime due settimane non potrà che svanire.
Foto Ansa
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