
«Ho dedicato la mia vita alla memoria di Tienanmen e a Hong Kong»

Pubblichiamo il discorso tenuto ieri in tribunale a Hong Kong da Lee Cheuk-yan durante il processo che lo vede imputato per aver «organizzato, partecipato e incitato altri a partecipare» alla veglia del 2020 bandita dal governo in onore delle vittime di Piazza Tienanmen. Lee, che si è dichiarato colpevole, è già stato condannato in precedenti processi a 20 mesi complessivi di carcere. L’ex parlamentare, segretario generale della Confederazione dei sindacati di Hong Kong e presidente dell’Alleanza a sostegno dei movimenti democratici in Cina, obbligata dal regime allo scioglimento pochi mesi fa, aveva partecipato nel novembre 2019 a Milano all’incontro organizzato da Tempi dal titolo: “La libertà è la mia patria. Da piazza Tienanmen a Hong Kong” (qui il video). La sentenza sarà proclamata il 13 dicembre.
Vostro onore, sono felice di avere l’opportunità di perorare la mia causa.
Per iniziare, voglio ringraziare il popolo di Hong Kong che ha mantenuto la promessa fatta nel 1989, ben 32 anni fa. Davanti alla soppressione, hanno perseverato, onorando la memoria del massacro del 4 giugno di Piazza Tienanmen con la veglia al Victoria Park. Vostro onore, il popolo di Hong Kong che ha preso parte alla veglia non aveva bisogno di una persona o di una organizzazione che li incitasse. Se c’è stato un provocatore, questo è il regime che ha aperto il fuoco contro il suo stesso popolo.
Per 31 anni, la nostra incrollabile memoria e inarrestabile coscienza ci hanno spinti a mantenere la promessa di continuare a onorare il ricordo delle vittime, chiedendo verità e responsabilità e portando avanti la lotta per ottenere libertà e democrazia per il popolo cinese.
Onorare la memoria del massacro del 4 giugno è un sentimento che porto con me da sempre. Come scriveva Milan Kundera ne Il libro del riso e dell’oblio, «la lotta dell’uomo contro il potere è la lotta della memoria contro l’oblio».
Il Partito comunista cinese ha censurato con la forza ogni menzione del “4 giugno” sui social media e nello spazio pubblico. Il popolo cinese ha risposto promuovendo il Museo del 4 giugno nella Cina continentale cambiando il suo nome in Museo del 35 maggio per difendere la memoria del massacro. Questa è la battaglia della memoria contro l’oblio, come simbolizzato dalla veglia al Victoria Park.
La generazione di Hong Kong che ha assistito al Movimento del 1989 amava intensamente la propria nazione, la propria gente e sperava che si realizzasse la democrazia in Cina. Le nostre emozioni erano intrecciate con quelle degli studenti e dei cittadini che si sono battuti per la democrazia in Piazza Tienanmen. Noi ci siamo riuniti, abbiamo marciato, abbiamo organizzato sit in e raccolto donazioni nella speranza che la democrazia trionfasse.
Ma al suono dei primi colpi di mitraglia, ci siamo sciolti in lacrime e nella disperazione. Hong Kong non sarebbe mai più stata la stessa. Il popolo di Hong Kong si è risvegliato dall’apatia politica ed è passato all’attivismo per il futuro democratico di Hong Kong, sperando che il sogno della libertà e della democrazia un giorno sarebbe stato condiviso dai nostri compatrioti della Cina continentale.
L’Alleanza di Hong Kong a sostegno dei movimenti patriottici di Cina è nata dallo sforzo di unire la gente di Hong Kong, a prescindere dall’appartenenza politica, per sostenere il movimento democratico del 1989.
Allora, io ero un sindacalista e marciavo alla testa di un milione di abitanti pacifici di Hong Kong. L’Alleanza di Hong Kong è stata incaricata di organizzare una delegazione per portare le donazioni raccolte ai manifestanti in Piazza Tienanmen. Quattro di noi sono arrivati nella piazza di Pechino il 30 maggio 1989 per visitare i gruppi autonomi degli studenti, i lavoratori e gli intellettuali.
La notte del 4 giugno, sentii l’incessante rumore degli spari e seguii le notizie sui carri armati che entravano in piazza, soffocando nel sangue i manifestanti nel Viale Chang’an. Improvvisamente, tutte le luci della piazza si spensero. Scoppiammo in lacrime, non sapendo se qualcuno fosse sopravvissuto. All’alba, vedemmo uno dopo l’altro i cadaveri mentre venivano portati via. Non avevamo idea di quanti fossero stati feriti e uccisi. Non potrò mai dimenticare quella notte di immensa devastazione.
Il 5 giugno 1989, salii sull’aereo che doveva riportare a Hong Kong studenti e giornalisti. Ma prima di partire, la polizia mi portò via e mi interrogò per tre giorni. Fortunatamente, il popolo di Hong Kong chiese a gran voce che venissi liberato e fui rilasciato l’8 giugno.
Ho ringraziato Dio nelle mie preghiere, ho promesso di diventare uno strumento della Sua giustizia e ho dedicato la mia vita alla lotta per la democrazia a Hong Kong e in Cina. Questa è la promessa che ho fatto al popolo di Hong Kong che mi ha salvato e al popolo di Pechino che ci ha implorati di raccontare al mondo intero la verità su quello che era avvenuto in Piazza Tienanmen.
Da allora, mi sono sempre impegnato nella missione dell’Alleanza di Hong Kong e ho partecipato alla veglia del 4 giugno ogni anno fino ad ora. Anche in carcere, ho continuato a onorare la memoria delle vittime digiunando per un giorno e accendendo un fiammifero.
Vostro onore, in questa era decisiva, la nostra volontà collettiva ha plasmato lo sviluppo e aperto una via per Hong Kong e la Cina. La memoria del 1989 ha scosso non soltanto la nostra generazione. Molte giovani persone sono state ispirate dalla partecipazione alla veglia annuale e hanno dedicato se stesse al movimento sociale.
Influenzati da idee localiste, molti mettono in discussione i principi dell’Alleanza di Hong Kong, ma tutti riconosciamo la necessità di svelare la verità e di chiedere che i responsabili del massacro del 4 giugno rispondano delle loro azioni. La partecipazione dei giovani spiega perché l’affluenza alla vigilia è cresciuta negli anni fino a raggiungere centinaia di migliaia di persone nell’ultimo decennio.
La polizia arresta in modo arbitrario e manda a processo i manifestanti nel nome dell’«incitamento», che fondamentalmente minaccia la libertà di espressione e di assemblea del popolo difesi dalla Basic Law e dalla Dichiarazione universale dei diritti umani.
Lo Stato pretende che nessuna libertà sia assoluta e che debba essere bilanciata rispetto alla libertà degli altri e alla sicurezza pubblica. In realtà, la libertà di espressione e di assemblea sono state sottratte al popolo di Hong Kong da un regime, il cui potere di sopprimere i nostri diritti di assemblea non ha limiti. Non c’è alcun bilanciamento di diritti di cui parlare.
Recentemente, il ministro per la Sicurezza ha sostenuto che i giornali inviati ai detenuti potessero incitare ad assumere sentimenti antisociali. Con questa vaga e arbitraria accusa, il potere di censura è diventato assoluto e i detenuti sono stati privati del loro diritto a restare informati.
Il nuovo titolare dell’Agenzia delle dogane ha messo in guardia dalla “resistenza soft” fomentata nei detenuti da libri, riviste e beni di prima necessità necessità, i quali potrebbero disseminare messaggi e minacciare la sicurezza nazionale. Di nuovo, un’accusa vaga e arbitraria è stata usata per sopprimere la libertà della gente di avere accesso alle informazioni.
Ci sono molti esempi che si possono fare. Chi controllerà i poteri del regime? Vostro onore, lo Stato estende i suoi poteri oltre ogni limite. L’ultimo guardiano è la corte. La gente ripone la sua ultima speranza nella corte, che ha il potere di restituire alla giustizia il suo ruolo di bilanciamento a dispetto dell’attuale favoreggiamento di una sola parte.
Vostro onore, non mi sarei mai aspettato che la polizia argomentasse a nostro favore. Ma il 2 ottobre, Giornata internazionale della non violenza, la polizia ha twittato le lodi della lotta non violenta del Mahatma Gandhi, citandolo così: «La non violenza è la più grande forza che l’umanità abbia a sua disposizione. È più potente della più potente arma di distruzione che l’ingegno dell’uomo abbia mai escogitato».
La polizia deve aver dimenticato che Gandhi era un pioniere della disobbedienza civile, che cerca di ottenere la giustizia violando la legge [ingiusta]. Se la polizia approva la lotta non violenta di Gandhi, perché non dovrebbe rispettare il diritto del popolo di Hong Kong a onorare la memoria del massacro del 4 giugno attraverso un raduno pacifico e non violento?
Per circa 30 anni, la veglia del 4 giugno ha simboleggiato la pratica della resistenza pacifica e non violenta. Perché la polizia dovrebbe proibire il raduno e perseguire i suoi partecipanti? Siamo tutti seguaci dell’idea di Gandhi della non violenza, nella speranza di riformare democraticamente Hong Kong. Ora che mi ritrovo in carcere come Gandhi, imparerò a essere impavido come lui.
Sono fiero di essere un cittadino di Hong Kong. Per 32 anni, abbiamo marciato e combattuto insieme per portare giustizia a coloro che hanno rischiato la vita il 4 giugno 1989 e per la democrazia.
Nonostante gli ostacoli, siamo assolutamente convinti che i valori universali di libertà, Stato di diritto, diritti umani e democrazia per i quali abbiamo combattuto un giorno metteranno le radici a Hong Kong e in Cina. E quel giorno, saremo in grado di consolare le anime che sono venute prima di noi.
Infine, dirò due cose sul mio background. Non ho rimpianti ma sono pieno di gratitudine. Ringrazio Dio perché mi ha dato l’opportunità di dedicare la mia vita al movimento dei lavoratori fin da quando mi sono laureato all’Università di Hong Kong, edificando la Confederazione dei sindacati di Hong Kong, che ha 30 anni di attività. Credo che solo quando i lavoratori si metteranno insieme e organizzeranno sindacati indipendenti potranno rettificare le ingiustizie sociali e trasformare il loro destino.
Ringrazio anche la gente di Hong Kong per il loro sostegno e per la fiducia che hanno riposto in me eleggendomi a rappresentarli per 20 anni in Parlamento: mi sono battuto per i diritti dei lavoratori, per migliorare le loro condizioni di vita, alzandomi sempre in piedi per i più deboli e combattendo per la democrazia. Sono anche stato membro della Commissione permanente dell’Alleanza di Hong Kong per 32 anni, lottando per una Cina democratica. Se devo andare in carcere per affermare la mia volontà, così avvenga.
Grazie, vostro onore.
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