Hong Kong. Lee Cheuk-yan candidato al premio Nobel per la pace

Di Leone Grotti
27 Aprile 2022
Il dissidente, che partecipò nel 2019 all'incontro di Tempi a Milano, è nella lista insieme ad altri quattro dissidenti della città. Il premio sarebbe un riconoscimento alla lotta di un intero popolo per la libertà e la democrazia
Lee Cheuk-yan
Lee Cheuk-yan, ex parlamentare di Hong Kong, presidente dell’Alleanza a sostegno dei movimenti democratici in Cina, in carcere da aprile per aver difeso la libertà dell’ex colonia britannica (foto Ansa)

Lee Cheuk-yan, Jimmy Lai e altri tre dissidenti di Hong Kong sono candidati al premio Nobel per la pace. Secondo un’indiscrezione del Wall Street Journal (le candidature sono infatti segrete), una decina di professori universitari di dieci diversi paesi hanno proposto a Oslo i loro nomi. Tra i protagonisti della lotta democratica sull’isola proposti per il premio che sarà assegnato a metà ottobre ci sono anche l’ex reporter di Stand News Gwyneth Ho, Chow Hang-tung, tra gli organizzatori dell’annuale veglia di Piazza Tienanmen, oggi bandita, e Joshua Wong.

I dissidenti perseguitati dalla Cina

Tutti e cinque sono stati arrestati dopo che il regime di Pechino ha manomesso le istituzioni democratiche di Hong Kong, introducendo a forza nella mini Costituzione dell’isola la legge sulla sicurezza nazionale. Arrestati e incarcerati con diversi pretesti, in base alla nuova legge rischiano l’ergastolo e la deportazione in Cina.

Jimmy Lai, fondatore dell’Apple Daily e campione della lotta per la democrazia, è già stato condannato a tre anni di carcere. Tra le tante accuse, gli è stato contestato di aver partecipato e di aver incitato altri a partecipare alla veglia del 2020, bandita dal governo, per commemorare le vittime di Piazza Tienanmen del 1989.

«Se commemorare coloro che sono morti a causa dell’ingiustizia è un crimine, allora accusatemi di questo crimine e lasciatemi subire la punizione per questo crimine, così che io porti il peso e la gloria di quei giovani uomini e donne che versarono il loro sangue il 4 giugno per proclamare la verità, la giustizia e la bontà», ha dichiarato in tribunale a dicembre dell’anno scorso.

Il coraggio di Jimmy Lai

In una delle ultime interviste rilasciata da uomo libero ai media stranieri, spiegò così a Tempi perché non intendeva scappare da Hong Kong, pur sapendo che l’arresto era imminente:

«Faccio parte del movimento pandemocratico fin dai suoi albori, o almeno a partire dal 1989. Oggi ho 72 anni (ne ha compiuti 73 nel 2021, ndr) e non vedo che senso possa avere per me scappare. Hong Kong è la mia casa, mi ha dato tutto ciò che ho: perché dovrei andarmene da casa mia? Dio ha un piano per tutti noi e quando metti il tuo destino nelle mani di Dio ti senti così leggero, con meno pressione addosso. Dio mi ha dato tanto e io provo un’enorme gratitudine».

Una vita spesa per Hong Kong e Tienanmen

Anche Lee Cheuk-yan è un nome noto ai lettori di Tempi. Il presidente dell’ormai sciolta Alleanza a sostegno dei movimenti democratici in Cina ha già accumulato tre anni di prigione, ma deve ancora essere sottoposto al processo più duro: quello per aver violato la legge sulla sicurezza nazionale.

Nel novembre del 2019 Lee ha partecipato a Milano all’incontro organizzato da Tempi dal titolo: “La libertà è la mia patria. Da piazza Tienanmen a Hong Kong”. Dichiarandosi colpevole l’anno scorso di aver commemorato le vittime della strage del 4 giugno, disse davanti ai giudici:

«Ho dedicato la mia vita alla memoria di Tienanmen e a Hong Kong. Ora che mi ritrovo in carcere come Gandhi, imparerò a essere impavido come lui. Sono fiero di essere un cittadino di Hong Kong. Per 32 anni, abbiamo marciato e combattuto insieme per portare giustizia a coloro che hanno rischiato la vita il 4 giugno 1989 e per la democrazia. Nonostante gli ostacoli, siamo assolutamente convinti che i valori universali di libertà, Stato di diritto, diritti umani e democrazia per i quali abbiamo combattuto un giorno metteranno le radici a Hong Kong e in Cina. E quel giorno, saremo in grado di consolare le anime che sono venute prima di noi».

Un premio Nobel per Hong Kong

Anche Chow Hang-tung si è battuta coraggiosamente per la democrazia a Hong Kong. In un’intervista a Tempi poche settimane prima dell’arresto, affermava:

«So che finirò presto in prigione. Del resto, quando ti opponi a una dittatura che cosa puoi aspettarti di diverso? Ho un po’ paura, ma so che è la cosa giusta da fare. La Cina ha il potere assoluto ormai, eppure continua ad avere paura. Siamo in tanti a non voler tollerare leggi ingiuste e persecuzioni. La situazione è critica, ma finché la gente non perderà la speranza, la battaglia per Hong Kong non sarà persa».

Consegnare il premio Nobel per la pace a questi cinque coraggiosi dissidenti sarebbe un importante riconoscimento alla pluridecennale lotta di un intero popolo per la libertà e la democrazia.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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