Hong Kong, intervista al card. Zen: si prenderanno le nostre scuole

Di Leone Grotti
30 Novembre 2011
Il vescovo emerito di Hong Kong denuncia il tentativo di Pechino di infiltrare gli istituti cattolici dell’ex colonia britannica. Un amaro assaggio della futura unificazione

Pubblichiamo l’articolo uscito sul numero 47 di Tempi.

Hong Kong
Hong Kong ha due problemi: lo spazio e il tempo. La regione amministrativa speciale cinese è grande quanto Roma ma per conservare intatta la bellezza della piccola penisola e delle 236 isole che la compongono, il governo ha deciso che la metà non deve essere edificata. Così i suoi 7 milioni di abitanti (rispetto ai neanche tre della capitale italiana) vivono in 552 chilometri quadrati di spazio. Ogni metro strappato al mare è prezioso, ed è per questo che la città, che cambia radicalmente ogni dieci anni, non può fare altro che svilupparsi in verticale. I grattacieli che si assiepano un po’ ovunque a gruppi di decine vengono sistematicamente buttati giù per lasciare posto a nuove torri. Se nel 1975 il palazzo più alto si elevava fino al cinquantesimo piano, oggi a nessun architetto o ingegnere laureato nelle università a numero chiusissimo verrebbe in mente di farne uno così basso. Come se non bastasse, la popolazione è in continuo aumento, grazie ai 150 cinesi che ogni giorno si trasferiscono qui in modo permanente dalla Repubblica popolare.

Il cuore pulsante dell’ex colonia britannica – che quando è stata strappata all’imperatore cinese con la forza dopo la Prima Guerra dell’oppio nel 1841 era ancora composta da villaggi di pescatori che vivevano sulle barche – è la finanza: chiunque voglia visitare un monumento verrà accompagnato attraverso un tunnel sottomarino sull’isola di Hong Kong; lì potrà ammirare le banche, insediate in altissimi palazzi di diverse forme. Se lo spazio scarseggia, il tempo non è da meno. La città si sveglia al sorgere del sole e va a dormire a notte fonda. Tutti lavorano, anche i vecchi: non esiste un sistema di welfare, non ci sono pensioni di vecchiaia, tanto meno quelle di anzianità. Tutto si può comprare, ma niente è dovuto. Perciò uomini e donne, superato da un pezzo il fiore degli anni, si arrabattano come possono: chi raccoglie cartacce da terra, chi pulisce i bidoni posacenere, chi guida vaporetti scassati per turisti.

Ma qui a spaventare davvero sono il tempo che separa il presente dal primo luglio 2047 e lo spazio che da quel giorno rimarrà per la libertà. È quella infatti la data in cui il principio “un paese, due sistemi”, formulato dall’allora guida de facto della Cina Deng Xiaoping, cesserà di avere valore e scadranno i 50 anni di libertà amministrativa concessa a Hong Kong quando, nel 1997, il Regno Unito la restituì alla Repubblica popolare cinese senza consultare la volontà dei cittadini. Nessuno è in grado di dire cosa resterà della libertà personale e imprenditoriale di Hong Kong una volta che sarà passata a tutti gli effetti sotto il regime comunista cinese. E alcuni eventi recenti non fanno ben sperare.

Le mani sull’istruzione
«I comunisti sono uguali dappertutto», esordisce il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, vescovo emerito di Hong Kong. «Il governo, con la scusa della democratizzazione delle scuole, vuole impedire alla Chiesa cattolica di gestire i suoi istituti come meglio crede. E temo che ci riusciranno». Oggi, a 79 anni, il cardinal Zen è in pensione, ma nemmeno l’età riesce a scalfire la forza, la lucidità e l’incisività che rivelano le parole di questo campione della libertà religiosa. Sono tanti i cristiani che guardano a lui come a un punto di riferimento chiaro e luminoso per la Chiesa cinese. Ha da poco terminato uno sciopero della fame di tre giorni per protestare contro il governo e la Corte suprema di Hong Kong, che ha respinto il ricorso in appello della diocesi contro una legge che entrerà in vigore nel 2012 e che obbliga ogni scuola cattolica a istituire un comitato di gestione amministrativa e didattica, dove solo il 60 per cento potrà essere composto dal corpo scolastico scelto dalla diocesi.

E il restante 40 per cento, eminenza?
«Sarà costituito da genitori, alunni e membri della comunità. E chi ci assicura che il comitato rispetterà la linea educativa che noi vogliamo? E se il comitato decide che nelle classi dobbiamo sponsorizzare l’aborto? Se viene capeggiato da un comunista?».

Qual è il rischio?
«Temo che perderemo il carattere cristiano delle nostre scuole. Noi abbiamo fatto causa ma il sistema giudiziario non è più indipendente. È nelle mani del governo, che ha fatto molte pressioni. Non per niente noi abbiamo perso».

A Hong Kong le oltre cento scuole cattoliche ricevono sussidi. Lo Stato non ha per questo diritto a “mettere il becco” nella loro gestione?
«Da noi il sistema scolastico è molto più avanzato che da voi in Italia. Le nostre scuole sono le migliori di tutta Hong Kong: abbiamo formato le persone quando la città era povera, i vertici del governo sono usciti dalle nostre aule. È vero, ci danno un sussidio, ma non ci fanno mica un favore, siamo noi che lo facciamo a loro. La nostra gestione costa il 30 per cento in meno di quella delle scuole statali. Darci fondi significa darli agli studenti. Il governo risparmia grazie alle nostre scuole e noi rispettiamo la libertà religiosa di tutti».

Qual è lo scopo di questa legge?
«Vogliono impadronirsi dell’educazione. Abbiamo provato a opporci ma non ci siamo riusciti. Comunque ormai è dal 2003 che la gente ha capito».

Ha capito cosa?
«Nel 2003 il governo voleva approvare una legge contro la sovversione, che avrebbe permesso alla polizia di arrestare un gruppo di persone in base a semplici sospetti. Allora Hong Kong, che è liberale, ha avuto paura e mezzo milione di persone hanno manifestato per le strade. La legge non è passata ma tutti si sono resi conto di quanto il governo fosse pericoloso».

Cosa pensate di fare ora?
«Siamo preoccupati, ma non disperiamo. Dio è il Signore della storia. Affidiamo a lui tutte le nostre preoccupazioni. Egli si prende cura di noi, speriamo che permetta che i giovani, attraverso l’educazione cattolica, possano ancora perseguire il reale obiettivo di ogni esistenza umana e contribuire a una vita felice e piena di significato per tutta la società».

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