
Hong Kong, elezioni. «Surreale e schiacciante vittoria dei democratici»

Ieri la popolazione di Hong Kong ha ribadito con forza impressionante al governo che non può più permettersi di ignorare le sue istanze. Lo ha fatto senza violenza, andando a votare. Alle elezioni distrettuali di domenica, 2,94 milioni di persone, il 71,2 per cento degli aventi diritto, hanno conferito al fronte democratico una vittoria senza precedenti contro i candidati pro Pechino. Se nel 2015, tutti i 18 distretti di Hong Kong erano in mano al fronte dell’establishment, dopo il voto di ieri 17 su 18 sono passati nelle mani dei democratici.
«VITTORIA SURREALE»
«È un risultato surreale», ha commentato lo scienziato politico dell’Università cinese di Hong Kong, Dr Ma Ngok. «Il popolo ha mandato un messaggio chiaro al governo: l’opinione pubblica non è cambiata e appoggia il movimento sociale di protesta» che ha sconvolto la città autonoma negli ultimi sei mesi. «Il governo non potrà più governare se si rifiuta di ascoltare la popolazione: ha perso ogni legittimità».
Quasi l’80 per cento dei 452 seggi a disposizione sono stati conquistati dal fronte democratico. Anche i distretti tradizionalmente “rossi”, da decenni in mano al fronte fedele a Pechino, dove la vittoria dei democratici era quasi impossibile, sono caduti. Nel 2015 l’affluenza era stata appena del 47 per cento.
«ORA IL GOVERNO DEVE ASCOLTARCI»
Jimmy Sham Tsz-kit, tra gli organizzatori del Fronte per i diritti umani e civili, che ha lanciato le proteste di massa di giugno, ha sottolineato il significato di questo voto: «Ora il governo deve considerare le nostre cinque richieste, altrimenti le proteste non si fermeranno». Dopo aver ottenuto il ritiro della legge sull’estradizione, il movimento che ha infiammato la città negli ultimi mesi chiedi: amnistia per gli oltre 5.000 arrestati, una commissione d’inchiesta indipendente sulle violenze della polizia, ritirare la definizione delle proteste come “sommosse” e il suffragio universale.
Il voto per i distretti si è trasformato in un referendum sulle proteste e sul modo in cui Carrie Lam e la polizia le hanno affrontate. Il risultato è inequivocabile e mostra che «Lam non è accettata dalla maggior parte della popolazione». Dopo la sonora sconfitta, la governatrice ha ammesso che i risultati «riflettono l’insoddisfazione della gente» e che il governo «ascolterà con umiltà le opinioni della popolazione e rifletterà seriamente».
RISCHIO DI NUOVE VIOLENZE
Le elezioni distrettuali sono solitamente poco considerate a Hong Kong, anche perché gli eletti hanno un potere decisionale pressoché simbolico. Possono però nominare 117 rappresentanti nella commissione di 1.200 membri incaricata di scegliere il prossimo governatore di Hong Kong. Questi saranno certamente tutti del fronte democratico e andranno ad aggiungersi ai circa 325 che di solito i democratici controllano. Questo significa che, rispetto ad altri anni, il fronte avverso a Pechino avrà più voce in capitolo nella scelta del prossimo leader di Hong Kong, anche se l’intero processo è viziato all’origine.
Dopo la schiacciante sconfitta elettorale di ieri, tutti gli occhi sono puntati su Carrie Lam. La governatrice non può più permettersi di ignorare le istanze della popolazione. Se lo farà, innescando nuove violenze e proteste di piazza, la colpa di quanto accadrà sarà solo sua.
L’INCONTRO DI TEMPI
Il modo migliore per capire davvero che costa succedendo a Hong Kong e quali saranno le implicazioni di queste elezioni è partecipare venerdì 29 novembre al grande incontro organizzato da Tempi “La libertà è la mia patria. Da Piazza Tienanmen a Hong Kong” (Milano, Teatro Pime, via Mosè Bianchi, ore 21.00). All’incontro parteciperanno padre Gianni Criveller, missionario del Pime a Hong Kong, e Lee Cheuk-yan, che era in piazza Tienanmen trent’anni fa, dove fu arrestato e poi rilasciato, parlamentare per 20 anni nella città autonoma, segretario generale dell’Alleanza democratica a sostegno dei movimenti democratici patriottici in Cina, che organizza l’annuale veglia di Victoria Park, segretario generale della Confederazione dei sindacati di Hong Kong e vicepresidente del Partito laburista.
Foto Ansa
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