Hong Kong. L’assalto finale del Partito comunista alla memoria di Tienanmen

Di Leone Grotti
30 Settembre 2021
Dopo aver cancellato le libertà civili nell'isola, il regime condanna gli abitanti di Hong Kong all'oblio: oscura il sito del Museo virtuale del 4 giugno
La polizia smantella il museo di Piazza Tienanmen a Hong Kong

Il “Museo del 4 giugno” online, lanciato neanche due mesi fa a Hong Kong, è stato oscurato. «Il sito non può essere raggiunto»: è questo il messaggio che compare a chiunque cerchi, dall’isola, di accedere al sito del museo virtuale su Piazza Tienanmen. Dopo un’importante raccolta fondi, con donatori da ogni parte del mondo, lo storico Museo del 4 giugno, che conserva memorie, ricordi e cimeli unici del massacro del 1989, era stato interamente digitalizzato e trasferito su internet. L’obiettivo dell’esposizione è sempre stato triplice: onorare il dovere della memoria, non dimenticare né le vittime del massacro né chi lo ha organizzato, testimoniare la verità storica.

La polizia chiude il Museo del 4 giugno

L’operazione era stata accelerata dopo che Pechino aveva imposto con la forza a Hong Kong la legge sulla sicurezza nazionale. Temendo la chiusura del museo da parte delle autorità comuniste, gli organizzatori dell’Alleanza di Hong Kong a sostegno dei movimenti patriottici cinesi (costretta a sciogliersi pochi giorni fa) erano riusciti a trasferirlo online prima dell’inevitabile. Il 9 settembre, infatti, una retata della polizia ha sequestrato tutti i materiali del museo chiudendolo forse per sempre.

Ma anche l’avventura online del Museo del 4 giugno è durata poco: come ammesso dai principali provider di internet dell’isola (Smartone, Hkbn, China Mobile Hong Kong, 3HK, Csl), le autorità hanno imposto di oscurare il sito e anche il museo virtuale è piombato nel regno dell’oblio.

Hong Kong non è diversa da Pechino

In poco più di un anno Hong Kong è stata tramutata da Pechino in una qualunque città del continente: la sua pur traballante parvenza di democrazia è stata cancellata, i diritti civili revocati, libertà di espressione, stampa e assemblea annullate, presunzione di innocenza affossata attraverso un’impressionante sfilza di arresti e un turbinio di martellanti, draconiani e ridicoli editti diffusi uno dopo l’altro.

C’era ancora una cosa, però, che rendeva Hong Kong diversa da Pechino, Shanghai, Guangzhou, Shenzhen: il diritto alla memoria. Nonostante il feroce controllo del presente e l’annullamento del futuro, al panopticon comunista sfuggiva ancora il dominio del passato. Qualunque cittadino, digitando su internet “8964museum.com”, poteva trovare documenti e testimonianze inoppugnabili sulla reale natura dittatoriale del Partito comunista, disposto a massacrare il suo stesso popolo pur di non perdere il potere.

La guerra del regime alla memoria

Ieri è stato cancellato anche quest’ultimo privilegio di Hong Kong, ormai costretta all’oblio e alla dimenticanza. Dopo aver impedito di piangere le giovani vittime del 4 giugno, mettendo al bando la tradizionale veglia di commemorazione, ora il regime di Xi Jinping vuole costringere gli abitanti dell’isola a dimenticarle. Il Partito comunista sa bene infatti che non basta togliere agli individui la libertà, solo cancellando la memoria è possibile sopraffarli. Spiegava in proposito a Tempi Albert Ho, ex presidente dell’Alleanza, oggi in carcere per il suo impegno politico e civile:

«La memoria è fondamentale e il regime lo sa. Se non conosciamo la verità e non ci preoccupiamo della verità, non avremo mai un paese civile e la gente non potrà mai vivere nella dignità. Impedendo ai giovani di scoprire la verità, il regime spera che non siano più in grado di distinguere il bene dal male. Solo così il Partito potrà rimanere al potere».

«La Cina non può privarci della coscienza»

Nonostante la guerra della Cina alla memoria e alla storia appaia al momento vinta e stravinta, c’è ancora chi ritiene che il regime non avrà l’ultima parola. È quello che ha scritto il presidente dell’Alleanza, Lee Cheuk-yan, in una breve lettera dal carcere:

«Una dittatura non può davvero privare il popolo della memoria e della coscienza. Riusciremo a trasmettere al cuore di tutti gli abitanti di Hong Kong ciò in cui crediamo. La gente continuerà a commemorare il 4 giugno nel profondo del cuore».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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