
La nuova Hollywood woke non riesce a trovare un presentatore per la serata degli Oscar

È passato oltre un quarto di secolo dalla presentazione della 67esima notte degli Oscar e David Letterman ha ancora gli incubi: «Il vincitore non è David Letterman» (New York Times), «il peggior presentatore di sempre» (Time), «il gold standard del fallimento agli Oscar» (Atlantic). Non aveva azzeccato una gag, una sola battuta, la platea scintillante era rimasta muta, disgustata, nulla aveva funzionato.
Letterman ricorda ancora oggi quella sera come «il più grande momento di imbarazzo professionale della mia vita», il giorno successivo come «un’esplosione di escrementi». Un eufemismo per descrivere la pioggia di reprimende di giornalisti e attori offesi dalla sua conduzione. Due anni fa, nel 25esimo anniversario della sua débacle, intervistato dall’Hollywood Reporter Letterman ridacchiava: «Forse sono stato io ad ammazzare tutta la faccenda».
L’uomo nudo senza cacchio
Il riferimento era al sedevacantismo della serata degli Oscar dal 2018, ultimo anno con un presentatore, Jimmy Kimmel, a fare gli onori di casa, l’anno della vittoria del sindacato e dell’uomo nudo senza cacchio (parola di Jimmy: «Oscar è l’uomo più amato e rispettato di Hollywood. E c’è una buona ragione. Guardatelo. Tiene le mani là dove si possono vedere. Non dice mai una parola rude. E, soprattutto, cosa molto importante: lui non ha un pene»). E ricordate perché fu l’ultima? Nel 2019, dopo averlo annunciato nel ruolo, il profilo Twitter dell’attore e cabarettista Kevin Hart è stato passato al setaccio fino al rinvenire di battutacce inequivocabilmente omofobe. Vecchie di parecchi anni ma tant’è, l’Academy gli aveva chiesto di scusarsi e Hart aveva deciso di abbandonare gli studi.
Da allora non solo la notte degli Oscar è diventata un floppone ma nessuno vuole più condurlo. Chi si considera talmente puro da mettere a repentaglio la propria carriera? Quale account, profilo social, vecchie interviste o parti accettate prima che il woke iniziasse a terrorizzare Hollywood e le regole dell’Academy riscrivessero quelle per l’assegnazione dell’Oscar 2025 al miglior film, passerebbe il tagliando?
La serata degli Oscar è un flop: sempre meno spettatori
Un po’ di numeri: nel 2021 l’audience della notte degli Oscar è precipitato del 58 per cento rispetto al 2020, quando già si era registrato un record storico negativo di 23,6 milioni di spettatori. In altre parole l’anno degli Oscar dell’inclusione, l’anno dell’America liberata da Trump, l’anno dei divi di Hollywood immortalati col Covid o le vaccinazioni, gli Oscar presenziati da attori e personaggi del cinema che pronunciavano discorsi, si passavano sobriamente le statuette e il testimone, sono stati visti da 9,9 milioni di persone, praticamente quanto una puntata del commissario Montalbano.
Si capisce che quest’anno per la cerimonia del 27 marzo sia stato annunciato un conduttore. Quale? Mistero. Tante le idee, pochi i nomi che realmente sono disposti ad accettare il ruolo e il conseguente stillicidio. La paura di offendere dilaga, nessuno può più dire niente e se non è donna, nero, Lgbt o nativo d’America, e anche in questo caso, o in caso di altissimo tasso di bravura il risparmio della gogna non è affatto assicurato (valga su tutti il caso di Dave Chappelle che tanto arricchisce quanto imbarazza Netflix).
La conduzione «è uno dei lavori meno desiderati di Hollywood», scrive Vulture. «Chiunque provi a contattare per la conduzione scappa a gambe levate prima ancora che tu possa fare la proposta», rincara Bill Mechanic, ex membro del consiglio direttivo della Academy, e coproduttore dell’edizione degli Oscar del 2010.
L’idea: una coppia della Gen Z. Ma il nome ancora non c’è
Jimmy Kimmel sembra non poterne più, vecchi presentatori e stand up comedian si danno alla macchia, la questione scuderia (è l’Abc a trasmettere gli Oscar, va da sé che i vari Jimmy Fallon e Seth Meyers in forza alla concorrente Nbc siano esclusi a priori). Da qui il rumor: dare gli Oscar in pasto a una coppia di Millennials o della Gen Z che non abbiano all’attivo battutacce invecchiate male, ma dove li trovi comici e capaci? Dopo l’indimenticabile e «rovinosa» conduzione della coppia di attori Anne Hathaway e James Franco nel 2011 la notte degli Oscar è stata affidata a Billy Crystal, Seth MacFarlane, Ellen DeGeneres, Neil Patrick Harris, Chris Rock e poi Kimmel. E ora?
Incalzato dai reporter di Today a proposito di una sua conduzione degli Oscar, il noto comico britannico Ricky Gervais, mattatore dei Golden Globes, aveva scosso la testa assicurando che in cambio di totale libertà accetterebbe volentieri ma «non accadrà mai, mi oscurerebbero a metà cerimonia», «Voglio dire, è per questo che mi hanno preso ai Globes: hanno assicurato che potevo scrivere le mie battute e dire quello che volevo».
Ricky Gervais sarebbe perfetto, non succederà
Ricordate come è finita? «Ora vi sfotto», aveva annunciato nel corso della della sua quinta (e ultima) serata come presentatore della kermesse infilando il dito in tutte le piaghe di Hollywood, fustigando amici intimi e presenti in platea dei vari Weinstein, le ipocrisie delle multinazionali come Apple che sfruttano dipendenti in Cina e producono serie per smacchiarsi la coscienza, sbeffeggiando i discorsi impegnati che sarebbero seguiti sul palco dei divi che avevano passato meno tempo di Greta Thunberg a scuola eccetera. Immaginatelo a distribuire statuette gender neutral alle élite terrorizzate dalla libertà di dire, fare e pensare goduta un tempo. Potrebbe assicurare loro un biglietto di sola andata per il tritacarne mediatico e l’inglorioso The end della nuova Hollywood “risvegliata”.
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