
Ho incontrato un alieno figlio di un popolo oppresso eppure libero

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Pubblichiamo il tema scritto da Letizia Pasqualin, studentessa di IV al Liceo “Don Gnocchi” di Carate Brianza (Mb), dopo l’incontro-testimonianza organizzato il 14 maggio scorso dalla sua scuola con padre Douglas Al Bazi, sacerdote iracheno della diocesi di Erbil, in Kurdistan. L’articolo fa parte della serie “Ragione, Verità, Amicizia” (il cui manifesto si può sottoscrivere qui).
Anche io ho una Luna. Qui ci sono le quattro cose che io e il mondo abbiamo perso. Ma c’è un po’ di differenza tra questa Luna e quella di Ariosto. Per prima cosa le cose perdute non si trovano in ampolle, ma in persone. In secondo luogo non sono gli abitanti della Terra ad andare, come Astolfo, sulla Luna, perché sono troppo indolenti e si sono dimenticati che la Luna esiste; qualche volta, invece, è un abitante della Luna che viene tra noi e stravolge la vita di alcuni terrestri. Gli abitanti della Luna chiamano quelli della Terra sleeping men, a buon diritto; e gli abitanti della Terra chiamano quelli della Luna vittime, o eroi, o martiri.
Io ho incontrato un abitante della Luna. Subito mi è sembrato un alieno: sorrideva. Questo sorriso mi ha affascinato. Poi ha cominciato a parlarmi della Luna. È un posto violento, duro e spietato in confronto alla mia Terra. Però era contento ed era evidente che la sua contentezza era frutto di una consapevolezza; infatti, nonostante si trovasse in una situazione durissima, viveva le quattro cose che il mondo, e soprattutto io, abbiamo perso.
La prima cosa è l’educazione. Stando a quello che ho udito non è tanto erudizione, come pensiamo noi terrestri, ma è qualcosa che ti aiuta a percepire la realtà nel suo significato vero e ti trasmette quella intelligenza che ti rende in grado di giudicare quello che ti accade, ti aiuta a dire giusto o sbagliato. Da quel che ho capito questo è molto importante; infatti l’alieno mi ha raccontato che sulla Luna è scoppiata una guerra e che c’è gente che vuole sterminare il suo popolo proprio perché possiede la potente arma dell’educazione.
La seconda cosa è l’affezione. Lui diceva che, nonostante la Luna fosse così spietata, era legato al suo Paese, tanto è vero che non scappava di lì. Ha descritto un legame profondo, un’affezione per il suo popolo, e a me questa cosa ha colpito molto. Pensavo che in fondo io, con tutti gli agi che ho, non so neanche volere bene come vorrei alla mia famiglia, figuriamoci al mio popolo, che non saprei neanche identificare. Certo, per formare un popolo è necessaria l’educazione; ma che dramma gigantesco se non c’è il popolo!
Continuando, nel dialogo con l’extraterrestre ho capito che il suo popolo è libero. La libertà è la terza cosa che abbiamo perso. Libero nel senso che, nonostante siano un popolo in via di estinzione, non temono di estinguersi; nonostante altri facciano di tutto per sopprimerli, loro continuano con forza ad affermare quello in cui credono (perché, sì, hanno una religione) e riescono a vivere con serenità tutte le avversità che si abbattono su di loro. Non hanno paura della morte: sono, appunto, liberi. Mi sono chiesta come fosse possibile questa cosa e ho scoperto che sono così grazie a una cosa che si chiama fede.
Credono in Dio, nel Dio cristiano; e questa è la quarta ed ultima cosa che abbiamo perso. Tra tutte, questo è ciò che di più grande manca a noi sulla Terra, perché senza Dio non c’è popolo (infatti il popolo che ha la peculiarità di essere libero si chiama popolo di Dio), senza popolo non c’è affezione e senza affezione non può nascere la possibilità di educare.
L’alieno mi ha detto che questo Dio non può impedire che le cose brutte accadano, in quanto esse scaturiscono dalla libertà che ha gentilmente concesso agli uomini, ma che non li abbandona mai; e questo li rende contenti.
Istintivamente è nato in me il desiderio di conoscere questo popolo per incontrare il loro Dio, perciò ho chiesto all’alieno dove si trovasse la Luna e se potessi andarci con lui. A quanto pare la Luna si trova a Erbil, nel Kurdistan iracheno. Mi ha detto che, se volevo, potevo andare con lui, ma che, in realtà, anche stando qui potevo fargli compagnia, perché in fondo il popolo della Terra e il popolo della Luna sono un unico corpo; solo che, mentre una parte soffre, l’altra dorme.
Questo Corpo si chiama Chiesa e i membri che ne fanno parte si chiamano cristiani.
L’alieno mi ha lasciato una missione: parlare della sua storia ai terrestri e non lasciarli soli, non dimenticare i coraggiosi cristiani della Luna.
Ora Douglas, così si chiama questo testimone venuto dalla Luna, è partito, è tornato dal suo popolo. Dell’incontro con lui mi rimangono la nostalgia e il desiderio di andare sulla Luna.
Tuttavia sono consapevole che la mia missione è qui, sulla Terra, perché in fondo anche da noi i cristiani sono in via di estinzione e anche da noi c’è bisogno di testimoni come lui. Gli abitanti della Luna possono sì ricordarci e testimoniarci con la loro vita questo Dio, ma tocca a noi credere in Lui.
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