«Ho attraversato l’inferno». Storia di Nour, sposa bambina francese

Di Mauro Zanon
03 Febbraio 2023
Una franco-marocchina ha raccontato in un libro che la famiglia le impose le nozze con un cugino violento e stupratore. «Mi dicevano: "Se protesti, ti uccidiamo"»

Parigi. Duecentomila. È questo, secondo le stime, il numero di ragazze francesi vittime di matrimoni forzati, costrette a sposarsi contro la propria volontà. Come Nour, che aveva diciotto anni quando i suoi genitori la obbligarono a piegarsi ai loro ordini. «Mio padre mi diceva che se avessi protestato o avessi parlato, mi avrebbe ucciso», ha raccontato Nour al Journal du dimanche.

L’incubo di questa ragazza, nata in Francia in una famiglia di origini marocchine e di confessione islamica, è iniziato un giorno d’estate. Nour in vacanza nella città d’origine dei suoi genitori, in Marocco, ha già sentito parlare del fenomeno delle spose bambine e dei matrimoni forzati, molto diffusi nei paesi di tradizione islamica, ma non immagina nemmeno per un instante che un giorno quella «pratica barbara» (così la definisce) le sarebbe stata imposta. Fino a quando sua cugina la informa che suo cugino ha chiesto a suo padre di sposarla. Di primo acchito, Nour pensa a uno scherzo, perché era quasi come un fratello. Ma rapidamente capisce che è già stato tutto pianificato, che anche lei, come la madre, subirà un matrimonio coatto.

Se parli, ti uccido

«Il giorno dopo aver parlato con mia cugina, i miei genitori mi hanno portato da un medico affinché mi rilasciasse un certificato di verginità. Poi, sono andata a vedere un imam», ha testimoniato al Jdd, prima di aggiungere: «O meglio credo che fosse un imam. L’ho dedotto da com’era vestito, ma non ero completamente sicura. Tutti parlavano arabo». Lingua che Nour non ha mai parlato essendo cresciuta nella scuola laica francese e nella cultura occidentale, e che non ha più alcuna intenzione di imparare.

Dopo il passaggio dall’imam, il padre la porta in un altro luogo. «Non so dire se fosse un tribunale o un comune. Anche mio fratello era lì. È in quel momento che ho capito che la situazione era veramente seria. Li ho supplicati di non impormi il matrimonio. Mio padre mi ha minacciato: “Se parli o protesti, ti uccido”. Conoscendolo, sapevo che le minacce erano serie. È violento con me fin da quando sono piccola. Al minimo passo falso, mi picchiava. A volte mi colpiva con una cintura e mi sottoponeva a scariche elettriche. Era talmente violento che talvolta mi chiedevo se fossi veramente sua figlia», ha testimoniato Nour al quotidiano francese.

Gli stupri coperti dai genitori

Rientrata in Francia, prova a riprendere la sua vita di sempre, al liceo non racconta ciò che accaduto in Marocco. Poi, un giorno, viene accompagnata dalla madre all’aeroporto di Paris-Orly: «Ho visto sbarcare mio cugino. È stato orribile. Mi sono sentita inutile». Nonostante tutto, Nour vuole vivere all’occidentale. Ma una mattina, al termine di una notte trascorsa con le amiche in discoteca, suo cugino la aspetta sveglio a casa: le chiede conto della serata, inizia a picchiarla e la violenta. Il primo di tanti stupri, coperti dai genitori.

Per giorni e giorni è condannata a coabitare con il suo stupratore, accolto “come un principe” dalla sua famiglia. Fino a quando non trova rifugio da un’amica di liceo. «Nella sua famiglia ho scoperto un altro mondo: la libertà», ricorda Nour, oggi 39enne.

L’inferno che ho attraversato

Dopo essere riuscita a ottenere il divorzio dal suo tiranno, è riuscita a risposarsi, ha avuto una figlia e ha appena deciso di raccontare la sua storia in un libro, Tous coupables. Ils m’ont mariée de force (Balland) con un obiettivo: «Dire alle donne che si trovano nella mia situazione che non sono sole. Che, contrariamente a quanto ho fatto io, devono avere il coraggio di sporgere denuncia per non conoscere l’inferno che ho attraversato».

Nour, seppur sotto pseudonimo, ha avuto la forza di testimoniare. Ma le pressioni e le minacce provenienti da famiglie come la sua costringono al silenzio ancora troppe ragazze in Francia. Come riportato dal Jdd, ogni anno, a fronte di una stima di 200 mila matrimoni forzati, soltanto una quindicina di dossier riescono ad arrivare davanti al giudice. E oltre al silenzio delle vittime, c’è quello di una certa Francia che, per paura di risultare “islamofoba”, si gira dall’altra parte dinanzi a queste pratiche barbare.

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