
Il doppio standard di Harvard sulla presidente che “copre” gli antisemiti

In una lettera pubblica alla comunità universitaria, i ricercatori di Harvard che hanno scelto la presidente Claudine Gay e supervisionano l’Università scrivono di avere “fiducia” nel fatto che lei sia «il leader giusto per aiutare la nostra comunità a guarire e ad affrontare le gravissime questioni sociali che abbiamo davanti».
La Gay è una delle tre presidenti di università americane che due settimane fa sono andate in audizione alla Camera dei deputati americani per rispondere alle accuse di non aver preso alcun provvedimento contro studenti e professori che, pur essendo un’esigua minoranza, hanno creato un clima di violenta discriminazione nei confronti degli ebrei con le loro manifestazioni a favore di Hamas tenute nei campus nei mesi scorsi. «Ad Harvard, chiedere il genocidio degli ebrei viola le regole contro bullismo e molestie?», hanno chiesto a Gay. Che ha risposto: «Dipende dal contesto».
Ad Harvard contano più le identity politics dei valori liberali
Ma a differenza della sua collega della Penn University Liz Magill, subito dimissionaria, Gay è rimasta al suo posto. Sorprendente, dato che negli stessi giorni è stata accusata di plagio per due sue articoli accademici datati 2001 e 2017, che lei si è affrettata a correggere. Eppure la Harvard Corporation si è schierata dalla sua parte. Una decisione che – scrive il Wall Street Journal in un duro editoriale – «conferma la volontà del campus di anteporre le identity politics ai valori liberali e quanto il suo sostegno alla libertà di parola sia selettivo».
Il quotidiano conservatore ha ironicamente osservato come la presidente Gay sia stata «fortunata a non aver ricevuto il trattamento Larry Summers. Summers si è dimesso dalla carica di presidente di Harvard nel 2006 a seguito di un voto di sfiducia da parte della facoltà dopo aver fatto commenti sui motivi per cui le donne sono sottorappresentate nelle scienze e lamentarsi del fatto. Alla fine dovette andarsene perché aveva violato l’ortodossia del campus sulla politica di genere».
La guerra di Gay ai professori non “allineati” ad Harvard
Le università americane, però, negli ultimi anni hanno dimostrato che c’è qualcuno più uguale degli altri, e Harvard in particolare non è più la campionessa di free speech e libertà accademica che era un tempo: la Foundation for Individual Rights and Expression quest’anno classifica Harvard all’ultimo posto su 248 scuole per la libertà di parola nel campus. E l’aspetto curioso della vicenda è che Claudine Gay è stata tra i dirigenti più attivi nel perseguire i professori per azioni non compatibili con l’ortodossia progressista della scuola, sottolinea il Wsj.
Qualche esempio? Nel 2019 ha chiesto l’estromissione dalla carica di preside della Winthrop House di Ronald perché lavorava nel team di difesa del produttore cinematografico e molestatore sessuale Harvey Weinstein. Nel 2020 si è schierata contro il professore di Scienza dei dati David Kane perché aveva invitato Charles Murray a parlare agli studenti e non gli ha rinnovato il contratto.
Crolla la qualità, scendono le domande di ammissione
Nulla di fatto anche per le accuse di plagio, ammesse ma ritenute non così gravi da violare gli standard di Harvard per la cattiva condotta nella ricerca. Curioso, perché a luglio l’ex presidente di Stanford, il neuroscienziato Marc Tessier-Lavigne, si è dimesso dopo che articoli apparsi sul giornale studentesco lo avevano accusato di frode nella ricerca. Tessier-Lavigne è stato prosciolto dall’accusa di cattiva condotta, ma è stato comunque costretto a dimettersi. Tessier-Lavigne era stato criticato anche per non aver denunciato gli studiosi della conservatrice Hoover Institution di Stanford, spiega il Wall Street Journal, che aggiunge: «La signora Gay non ha commesso peccati del genere contro il conformismo ideologico».
Dopo la disastrosa audizione alla Camera, molti finanziatori ebrei hanno deciso di interrompere le loro donazioni all’Università, e «forse i supervisori di Harvard hanno deciso che dovevano schierarsi dalla parte della signora Gay per non sembrare succubi delle pressioni di donatori e politici». Possibile, ma il segnale è quello di un campus in cui stare dalla “parte giusta” conta più della oggettiva violazione degli standard e delle regole.
Da tempo i critici denunciano il declino dell’istruzione di Harvard, e ora i numeri cominciano a dare loro ragione: Secondo il sito web della scuola, scrive Bloomberg, quest’anno l’Harvard College ha ricevuto il 17 per cento in meno di domande di ammissione anticipata da parte degli studenti delle scuole superiori. Un declino, scrive la testata economica, che «segue gli episodi di antisemitismo e molestie nei campus». Difficile che sia soltanto un caso.
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