L’attacco a Israele più violento degli ultimi vent’anni

Di Giancarlo Giojelli
07 Ottobre 2023
Pioggia di razzi, morti e prigionieri. Netanhyau dichiara «è guerra» in un paese già diviso, Abu Mazen non controlla le milizie. Ben più armata della Jihad e alleata di Hezbollah, Hamas chiama i musulmani alla rivolta
Palestinesi a bordo di una jeep militare israeliana per le strade di Gaza durante l'assalto agli insediamenti israeliani da parte di Hamas
Palestinesi a bordo di una jeep militare israeliana per le strade di Gaza durante l'assalto agli insediamenti israeliani da parte di Hamas (foto Ansa)

Il giorno è lo stesso di 50 anni fa, le circostanze interne e soprattutto internazionali molto diverse. Nel 1973, cinquant’anni fa esatti, Israele fu attaccato a nord dalla Siria, a sud ovest dall’Egitto, il cui esercito dilagò nel deserto del Sinai. Israele vedeva minacciata la sua stessa esistenza: tremila soldati uccisi. I riservisti vennero richiamati con ogni mezzo. I siriani furono fermati sul Golan. Nel Sinai il contrattacco israeliano sorprese l’Egitto. Le potenze mondiali intervennero. La guerra fu fermata aprendo la strada ai futuri accordi di pace con le nazioni arabe e i palestinesi.

Ora è diverso. Israele si appresta a firmare un accordo con i sauditi, dopo quello con gli Emirati. Ottimo il rapporto con l’Egitto e la Giordania. La Siria ha ben altro a cui pensare. Diversa la situazione interna: Israele diviso pro e contro il governo Netanyahu.

L’attacco di Hamas e il fronte del Nord

Così, nel cinquantesimo anniversario di Yom Kippur, il giorno penitenziale più sacro per gli ebrei, Hamas da Gaza lancia l’attacco più violento degli ultimi vent’anni. Civili e soldati israeliani uccisi e fatti prigionieri: cosa insopportabile per Israele che risponde con una valanga di bombe contro Gaza, inevitabilmente colpendo i civili.

Ma se negli ultimi tre anni gli scontri a Gaza erano sostenuti dalla Jihad islamica, ora è coinvolta direttamente Hamas, ben più armata. Alleata degli Hezbollah libanesi che potrebbero attaccare da nord, nonostante l’ingente forza militare delle Nazioni Unite, tra cui l’esercito italiano, schierata cuscinetto.

I palestinesi di Abu Mazen, l’88enne presidente, temono che il conflitto si allarghi a tutta la Palestina, Hamas invita alla rivolta gli arabi all’interno di Israele. L’attacco di Hamas è stato significativamente ribattezzato “Al Aqsa flood”, chiamando i musulmani a rispondere alle pretese degli estremisti ebrei sui luoghi santi per l’islam, la spianata delle moschee. Che per il mondo ebraico è il Monte del Tempio di Salomone. Netanyahu dichiara lo stato di allarme: è guerra, dice, rispondiamo con “la Spada di ferro”.

Abu Mazen non controlla le milizie, Israele diviso su Netanyahu

Ora Netanyahu affronta la sfida di riunificare il suo paese e fronteggiare una minaccia ai confini con i territori, all’interno della stessa Palestina, dove deve difendere gli insediamenti, e all’interno di Israele, dove la popolazione è divisa e si temono nuovi attacchi kamikaze. Difficile anche la posizione del vecchio Abu Mazen, che non controlla le milizie palestinesi e chiede alle potenze mondiali di intervenire. Ma il mondo ora sembra guardare da tutt’altra parte. La questione palestinese non è in agenda o lo è in modo molto formale.

Negli anni scorsi queste guerre sono durate al massimo dieci giorni. Con centinaia di morti e ritorno alla situazione precedente. Ora tutto sembra più complesso. E più pericoloso.

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1 commento

  1. CARLO SCHIEPPATI

    Si può davvero pensare che i Servizi inglesi non sapessero nulla dell’attacco?
    Vedremo a breve cosa succede in Siria (e in Iran).

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