Guardare il mondo a testa in giù. Rileggere Dante con gli occhi di Chesterton

Di Annalisa Teggi
15 Giugno 2014
Pubblichiamo alcuni stralci dell’introduzione del nuovo libro di Annalisa Teggi, "Capriole cosmiche" (Lindau), in libreria da questa settimana

teggi-capriole-cosmiche-chesterton-dantePubblichiamo alcuni stralci dell’introduzione di Capriole cosmiche (Lindau), in libreria da questa settimana.

Il mio carattere timido sarebbe incline ad accettare di buon grado la norma urbanistica, sempre più dilagante, che dissemina rotonde ovunque. Non lo nego, gli incroci mi spaventano, soprattutto quando vanno attraversati. Però devo ammettere che grazie a un incrocio imprevisto è giunta sulla mia via una svolta provvidenziale. Finito il liceo, ho imboccato la strada della mia passione per Dante: laurea e dottorato li ho dedicati alla Divina commedia.

Si sa, una volta chiusa la porta di Lettere non si apre il portone di un contratto a tempo indeterminato, piuttosto si entra nel tunnel di un precariato indeterminato. Nel mio caso questo periodo è coinciso con il matrimonio e la maternità. Le statistiche mi avrebbero relegato nel ripostiglio dei disoccupati a vita: la cultura non garantisce un reddito e la famiglia è un’obiezione al lavoro. Falso, ma vero. È falso che la formazione umanistica e la costruzione di una famiglia siano obiezioni alla presenza operativa e creativa di una persona dentro la società. Eppure ho sentito un grande attrito attorno a me, un messaggio chiarissimo, anche quando implicito, sul fatto che chi scommette sulla poesia e sui figli non è una risorsa. (…)

Non esistono fatti neutri
Non esistono fatti neutri, ogni evento incide il nostro vissuto; letteralmente, tutto quel che capita è un incidente e un’occasione. Gl’incidenti di norma s’impongono in modo brusco, ma anche un’occasione somiglia a un agguato, ha un’irruenza pari a quella di una strada che ne taglia perpendicolarmente un’altra. In un caso e nell’altro lo spazio della vita cambia e si allarga, perché lì dove due linee s’incontrano si apre un angolo. A un certo punto sulla linea retta della mia vita si è intromesso qualcosa, incidente e occasione insieme. Sulla mia scrivania, piena di appunti e progetti dedicati a Dante, è precipitata un’altra imponente figura umana.

La scelta del verbo “precipitare” è voluta. In barba a i miei bellissimi e astratti progetti danteschi, la prima vera proposta lavorativa che ho ricevuto consisteva nel tradurre un poema epico dello scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton. Mi si presentava un’opportunità concreta, ma dovevo abbandonare la strada vecchia per una nuova. Sapevo cosa lasciavo e ignoravo in chi stavo per imbattermi.

Il signor Chesterton non è un uomo garbato, se prende qualcuno per mano come minimo lo strattona. Ma non è violenza, è entusiasmo. Il suo pensiero è ospitale: la sua è un’identità che si fa chiara abitando nella fucina del dibattito col mondo. E lo stesso si può dire di Dante, che ci ha lasciato un poema in cui il protagonista riconquista la propria «diritta via» immedesimandosi nell’esperienza di numerosissimi uomini e donne, incontrandoli nel profondo del loro dolore tanto quanto al sommo della gioia. L’impressione di una similitudine radicale tra questi autori si è fatta strada nella mia testa con intensità crescente. Col tempo mi sono resa conto che non c’era una strada vecchia e una nuova, bensì un percorso unitario. (…)

Paradossali capriole
In compagnia di Chesterton è facile che la vista su certi luoghi comuni si ribalti. Mettersi a guardare le cose da una prospettiva inusuale è proficuo, e tecnicamente Chesterton ci riusciva usando il paradosso, che è come fare le capriole. A testa in giù non si vedono cose diverse, ma si vedono diversamente le stesse cose; è anche la posizione più adatta per capire cosa sta veramente in piedi. (…) Forse l’abitudine al paradosso mi ha preso la mano; di certo le capriole in compagnia di Chesterton mi hanno fatto riprendere in mano il poema dantesco guardandolo in modo capovolto. Ci si può azzardare a dire che la Divina commedia sta in piedi perché è a testa in giù. Tentare di mettere a fuoco quest’idea è il cammino che mi propongo di fare in queste pagine.

A volte sono gli eventi a buttarci gambe all’aria, a volte è la bellezza a farci fare salti acrobatici, a volte è qualcuno a spingerci su un’altalena. In tutti questi casi l’effetto fondamentale è che le cose attorno ruotano fino a capovolgersi e tutto diventa strano, non importa se in positivo o negativo. Strano, questo è l’importante. (…). Anticipare il lieto fine all’inizio, oltre che apparire come un nonsenso, equivarrebbe a negare ogni possibilità di evoluzione e di interesse per la trama… ma forse un bravo narratore può sorprenderci e smentire tutto ciò. E Dante ci riesce perfettamente.

So che si è diffusa l’idea che la Divina commedia cominci con un uomo che si è smarrito in una selva, ma quello che accade davvero non è la storia di qualcuno che si è perduto, ma di qualcuno che è stato trovato. (…) Siamo soliti dire di un giorno in cui le cose non sono andate bene: «Ho avuto una giornata storta». Anche Dante potrebbe dire la stessa cosa del suo viaggio: si è risvegliato smarrito e niente di ciò che gli è accaduto dopo ha seguito i suoi progetti. Tutto, alla fine, è andato per il meglio, ma non nel modo in cui il protagonista se lo immaginava. (…)

Essere costretti a seguire una strada non preventivata può essere la salvezza. Una giornata così, storta e capovolta, è un incidente sorprendente e una straordinaria occasione: un uomo può svegliarsi sentendosi al tramonto della vita e andare avanti fino ad assistere a un’alba inaspettata quando è sera inoltrata.

@AlisaTeggi

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