Guarda e impara (non viceversa)

Di Emanuele Boffi
05 Dicembre 2002
100mila metri quadrati per 2.132 espositori provenienti da 87 paesi dei cinque continenti: 914 italiani, 558 lombardi, 308 europei e 352 dal resto del mondo. 32 i ristoranti tipici.

C’è quello che t’insegna l’antica arte di intagliare il faggio, quello che ti mostra come si decorano le ceramiche, quello che sa come lavorare il sasso e il marmo per farne mosaici. Basterebbe guardarli per sfatare il luogo comune che relega l’artigianato a una professione “antica”. «Persino la Nasa, per alcune missioni lunari, utilizza oggetti prodotti da artigiani lombardi» racconta Antonio Intiglietta, presidente di Ge.Fi. che organizza in questi giorni a Milano (30 novembre – 8 dicembre) “L’artigiano in Fiera”, la più grande mostra internazionale dedicata all’artigianato. Quest’anno Intiglietta, in collaborazione con la Regione Lombardia e la Provincia di Milano, ha voluto allestire un percorso di 30 botteghe che aiuterà i giovani a conoscere la storia dell’artigianato e le sue applicazioni più recenti. «Perché il problema – prosegue il presidente di Ge.Fi. – è che in Italia dobbiamo dare continuità a quello che già esiste. In un momento in cui la bolla di sapone della new economy è scoppiata e la grande industria è in difficoltà, bisogna ripartire proprio da questa media e piccola imprenditoria. Abbiamo pensato a questo percorso proprio perché avvertiamo una carenza in qualche modo “culturale”, di mentalità, nel campo dell’imprenditoria italiana. Pochi oggi pensano alle grandi potenzialità che ci ritroviamo ad avere in casa». Il percorso è pensato con l’intento di mostrare come si svolge il lavoro. In uno slogan: guarda e impara. E non l’inverso. «Oggi – sottolinea Intiglietta – i giovani, usciti dalle università, pensano subito a specializzarsi, a frequentare qualche master che li renda appetibili sul mercato, a essere super-professionisti in un ambito specifico e particolare. Non che questo sia un errore, per carità. Anzi, è giusto che i giovani investano sulla propria formazione personale ma, sia da parte loro sia da parte dei padri artigiani o imprenditori, non va dimenticato che esiste già oggi in Italia un dato da cui partire che è la grande tradizione artigianale italiana». Intiglietta inventò la mostra mercato nel 1996; da allora ha conosciuto, parlato e contattato artigiani e imprenditori di tutta Italia. Sono sempre di più quelli che si lamentano perché “non sanno a chi lasciare l’azienda”. «Occorre invece fare un salto: unire le esperienze dei giovani che meglio sanno muoversi fra le lingue straniere e le innovazioni tecnologiche a quelle dei padri che sanno come “si fa il mestiere”». Per questo Intiglietta continua ad insistere che il problema è innanzitutto di mentalità. «In Francia c’è chi ha già avuto questa idea. Artigiani che costituiscono una rete e lanciano sul mercato, a prezzi concorrenziali a quelli dell’industria, prodotti di qualità nettamente superiore. La strada dunque da seguire è “l’innovazione della tradizione”. Proprio lo spirito che pervade la Fiera dell’artigianato che è una grande festa del lavoro, con manufatti che sfiorano la bellezza di opere artistiche, e di popolo, gente di tutto il mondo e di tutte le religioni che si incontra e si conosce rispettandosi». E che, per conoscersi e rispettarsi meglio, può scegliere uno dei 32 ristoranti tipici sparsi fra i 100mila metri quadrati della Fiera.

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