
Grillo, chi era costui?

L’articolo sulle spericolate giravolte dei grillini è ormai diventato un topos letterario: erano così, ora sono cosà. Impossibile negare l’evidenza.
L’altro giorno, la buona penna di Mattia Feltri ha riassunto sulla Stampa la metamorfosi:
«Pensate al Movimento cinque stelle di qualche anno fa. Non possedeva la sede, non esisteva il leader, aveva il non Statuto, uno valeva uno, era contro la Nato, era contro l’Europa, intendeva uscire dall’euro, era nemico delle banche, era no Tav, era no Tap, era no vax, le riunioni soltanto in streaming, il suo guru era Casaleggio, lanciava la piattaforma Rousseau, la finanziava con una quota degli stipendi, la utilizzava per la democrazia diretta, era il mezzo per promuovere le leggi volute dai cittadini, riteneva indegno il solo pensiero di allearsi con altri partiti, era per il limite del doppio mandato, era per l’abolizione delle auto blu, era per l’abolizione dei cambi di casacca, soprattutto aveva un garante: Beppe Grillo».
Il Grillo Carneade
E ora che il movimento s’è rimangiato tutto, mancava solo l’ultimo passaggio per la camaleontica trasformazione: la presa di distanza dal garante.
È successo anche questo. Sul blog di Beppe Grillo è stato pubblicato un articolo a firma del professore Andrea Zhok in cui si definisce il G7 «una parata ideologica contro la Cina». Un articolaccio tutto pro “Mr Ping”, quanto è bella la Repubblica popolare, viva il regime, la Nato è il nemico, “siamo la gente e il potere ci temono“.
Non è la prima volta che Grillo e il suo blog difendono il Dragone e già qualche giorno fa era scoppiato un caso diplomatico per l’incontro fra il comico e l’ambasciatore cinese cui Giuseppe Conte s’era sottratto solo all’ultimo.
La novità è che Luigi Di Maio ha bollato le posizioni di Grillo come «personali e non politiche». Quindi il garante, l’eletto, il leader di un non partito diventato partito quando parla lo fa a titolo «personale e non politico», manco fosse il portaborse di un consigliere comunale. Grillo, chi era costui? Pensate se la stessa cosa la dicesse Tajani di Berlusconi.
Una gran faccia da paraguru
Il “transgrillismo” – scrive oggi Marcello Veneziani sulla Verità – «è un
fenomeno di mutazione da circo, in cui anche la categoria del trasformismo sarebbe gravemente offesa dall’accostamento». Vero, ma solo in parte. La realtà più profonda è che è il paraculismo stesso la vera natura del grillismo. Fissato il “vaffa” come postulato, il resto è sempre stato solo e soltanto contorno, modificabile e adattabile a seconda delle contingenze e convenienze.
Chiunque abbia letto la Fattoria degli Animali sa bene che i due rivoluzionari con la faccia da impiegati, steward Di Maio e Domopak Conte, non sono dei “traditori” dei “valori” del grillismo, ma la loro perfetta, funambolesca e inevitabile incarnazione. I figli di un guru possono essere solo dei gran paraguri.
Foto Ansa
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