
«Grexit? No, Brexit». E se fosse la Gran Bretagna a uscire dall’Unione Europea?

“Grexit”? No, “Brexit”. Si avvicina la data delle elezioni politiche in Gran Bretagna (7 maggio) e se vincessero i conservatori, potrebbe farne le spese l’Unione Europea. La promessa centrale del premier uscente Tory, David Cameron, è questa: promuovere un referendum sulla presenza della Gran Bretagna nell’Ue in caso di rielezione. Per l’ex ministro Laburista Denis MacShane, «se il referendum avesse luogo, le correnti antieuropeiste, potentissime nella società britannica, ci porterebbero in modo irrimediabile a uscire dall’Europa.
BREXIT, NON GREXIT. I Ventotto non devono dunque temere la cosiddetta “Grexit”, l’uscita di Atene dall’Ue, ma la “Brexit”. «In Gran Bretagna sono tutti contro l’Europa: il mondo politico, i media, gli affari, la cultura», continua MacShane al Le Figaro. «Il partito conservatore è diventato quasi interamente euroscettico. Se si mostra il minimo parere favorevole all’Europa, è impossibile essere candidati nel partito. È un criterio di selezione. Gli euroscettici dell’Ukip non vedono l’ora di mostrare chi sono con un referendum. La politica europea dei laburisti, invece, consiste nel non parlarne mai».
«È SOLO UN COSTO». I laburisti hanno promesso che non faranno nessun referendum se dovessero vincere. Gli ultimi sondaggi mostrano un testa a testa tra il partito di Ed Miliband e quello di Cameron, con il 35 per cento dei voti ciascuno. L’ex ministro laburista, autore del libro Brexit, How Britain Will Leave Europe, è convinto che la Gran Bretagna dirà addio all’Ue perché «gli inglesi pensano che per loro sia solo un costo, e caro anche. Credono che non possano guadagnare niente dal restare in Europa». Non c’è da stupirsi di simili pensieri, quando il sindaco della capitale, Boris Johnson, «è uno che passava il tempo a inventare storie per ridicolizzare l’Europa e nel suo ultimo libro ha scritto: “L’Unione Europea nazista è controllata dalla Gestapo”».
DOPO GLI INGLESI, I FRANCESI. Per MacShane, quindi, ci sono solo tre possibilità perché la Gran Bretagna resti nell’Ue: «Subire un’invasione per tre o quattro anni. La seconda, più seriamente, è godere di cinque anni di crescita al 3 per cento nella zona euro e allora qualcuno riscoprirà i meriti dell’Europa. La terza è che i laburisti vincano le elezioni». L’ex ministro vede l’uscita di Londra dall’Ue come una catastrofe: «Perderemmo il nostro accesso privilegiato al mercato unico, che rappresenta la metà del nostro export. Ma sarebbe anche un precedente rischioso per l’Europa. Marine Le Pen avrebbe tutti gli argomenti per riuscire a indire un referendum in Francia. Dopo la “Brexit”, seguirebbe subito la “Frexit”».
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3 commenti
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gli inglesi hanno tutti i difetti del mondo tranne uno: non sono stupidi. prima viene la gran Bretagna, poi
il mercato europa. non ci pensano nemmeno a farsi comandare dagli euroburocrati. per loro la sovranità nazionale è cosa seria. occorrerebbe una prospettiva per rendere l’europa meno invasiva. gli stati nazionali esistono ancora, non sono una maledizione come pensano juncker, napolitano e i cattolici italiani (sempre sull’attenti alla voce del padrone straniero).
Se è per quello gli inglesi evidenziano in modo solare una caratteristica che a Roma chiamano “paraculismo”: sono in Europa ma non vogliono l’euro (con tutte le conseguenze del caso).
Per loro la sovranità nazionale è seria almeno quanto il loro portafoglio.
Esatto Sebastiano, non hanno aderito all’euro, però grazie alla stoltezza e alla pavidità dei restanti governi europei partecipano agli utili della bce, tramite le azioni della Bank of England.