
Il Green Deal «sta creando la morte nel sistema industriale»

«La transizione energetica nel sistema industriale sta creando la morte». A usare queste parole durissime contro le politiche green dell’Unione Europea non è un osservatore qualunque, ma l’amministratore delegato di uno dei principali motori dell’economia italiana: Claudio Descalzi. La guida di Eni, parlando all’Istituo Affari Internazionali in occasione del suo 55esimo anniversario ha ribadito quello che in tanti dicono da tempo: se Bruxelles si ostinerà a portare avanti il suo Green Deal in modo radicale senza che le altre potenze facciano lo stesso, sarà una catastrofe economica per l’Europa e senza che l’ambiente ne benefici in alcun modo.
L’allarme della guida di Eni
L’ad di Eni, che pure punta alla neutralità carbonica nel 2050, come l’Ue, e che ha programmato investimenti da 5,7 miliardi sull’energia pulita da qui al 2024, ha dichiarato:
«La transizione è una storia per ricchi, perché sono i ricchi che emettono di più. L’Europa ha una Borsa per far pagare le emissioni, l’Ets. Eravamo a 20-25 euro per tonnellata, abbiamo toccato i 60 euro, arriveremo a 100 euro per tonnellata. Questo sta creando la morte nel sistema industriale, soprattutto per gli energivori».
Il Green Deal fa aumentare i prezzi
Il Green Deal prevede che l’Unione Europea azzeri le proprie emissioni nette entro il 2050 e le riduca del 55 per cento in nove anni entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. Il meccanismo Ets, entrato in vigore nel 2005, è il principale sistema dell’Ue per ridurre le emissioni di carbonio e prevede che chi rilascia nell’atmosfera agenti inquinanti debba acquistare un permesso per farlo. Ogni quota comprata equivale a una tonnellata di Co2. L’idea dell’intero sistema, appena entrato nella Fase 4, è semplice: mantenere i prezzi dei “carbon credit” così alti da costringere le aziende a trovare soluzioni produttive più green per risparmiare.
L’aumento dei prezzi delle quote di cui parla Descalzi ha portato al recente spaventoso aumento delle bollette: +10% della luce e +15% del gas. E i prezzi non si fermeranno qui, perché l’Ue prevede di rilasciare sul mercato sempre meno quote, facendo di conseguenza alzare il costo delle emissioni. L’Autorità dell’energia ha lanciato l’allarme e il governo sta ragionando su come reagire.
Disastro economico e ambientale
Il problema di scaricare tutti i costi sulle aziende è che così si rischia di azzerare i benefici per l’ambiente. Spiega ancora Descalzi: «Una raffineria in Europa perde per definizione. Per Eni sarebbe meglio chiudere tutte le raffinerie per non pagare l’Ets e comprare i prodotti all’estero». Così si produrrebbero due conseguenze: ecatombe occupazionale in Europa e zero benefici per l’ambiente, visto che le emissioni non prodotte in Europa verrebbero immesse nell’atmosfera in Asia dove, oltretutto, le regole ambientali sono molto più morbide.
L’ambiente si conferma infatti un problema globale e non risolvibile da una singola potenza, come evidenziato in una approfondita analisi sul Green Deal pubblicata sull’ultimo numero di Tempi, che spiega e approfondisce le ragioni esposte da Descalzi. L’Ue inoltre è responsabile dell’8% dell’inquinamento mondiale a fronte del 15% degli Stati Uniti e del 30% della Cina.
«Serve tecnologia, non ideologia»
Prosegue l’ad di Eni:
«L’Europa sta dando l’esempio, l’Italia anche, ma se siamo gli unici serve a poco. Se l’Europa dovesse scomparire, il mondo perderebbe l’8% delle emissioni. Bisogna analizzare le cose in modo competente e non ideologico e le tecnologie non devono passare per l’ideologia».
L’avvertimento degli Stati Uniti
La prossima settimana la Commissione Europea presenterà un pacchetto di misure, per trasformare le promesse del Green Deal in realtà, che potrebbe cambiare per sempre l’industria europea e settori chiave come quello dell’automotive e del trasporto su gomma, aria e mare. Negli ultimi mesi, quasi tutti i gruppi industriali hanno scritto lettere allarmate all’Ue, cercando di far capire a Bruxelles che deve dimostrarsi ragionevole e non intransigente. In particolare, hanno gridato al possibile disastro i colossi del trasporto marittimo, le compagnie aeree, i produttori di automobili e anche gli Stati Uniti.
Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, in visita in Italia ha fatto un discorso molto chiaro al premier Mario Draghi: se l’Europa punta tutto sulle energie rinnovabili e sulle batterie, e se tutti gli elementi indispensabili per sfruttare le prime e costruire le seconde sono in mano alla Cina, esiste un piano per non legarsi mani e piedi al regime comunista? Il nostro governo al momento non ha una risposta. La speranza è che almeno l’Unione Europea ce l’abbia.
Foto Ansa
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