Degni di nota

Grazie a Petrucciani, che ci ricorda l’Origine della musica

Ricevo e pubblico una lettera del lettore Luca Sirianni (che ringrazio) a proposito del mio articolo su Michel Petrucciani.

Stim.mo maestro Mario Leone,
sono rimasto piacevolmente sorpreso nel leggere su Tempi, di cui sono affezionato lettore, il bellissimo ritratto del piccolo-grande Michel Petrucciani che Lei ha offerto ai lettori della versione on-line del settimanale (mi auguro che anche la versione cartacea possa presto approfittarne).
Mi sono sorpreso perché mi sono commosso e la commozione mi provoca sempre dei pensieri.
Ho trovato il suo articolo coraggioso, ma non solo: per dire «dopo aver ascoltato e visto Petrucciani la musica non è più la stessa» occorre infatti coraggio ma, credo, anche un’esperienza vissuta personalmente.

Io sono dalla sua, avendo ascoltato e visto direttamente all’opera Michel (l’ultima volta al festival Jazz di Calvi, giugno 1998).
Anche se la mia famiglia paterna si è sempre occupata di musica “colta” (lo zio compositore, la zia pianista concertista, la nonna cantante lirica, il nonno anch’egli compositore; nelle loro case c’erano solo dei Bluthner a coda, prediletti per la loro timbrica, Chopin era sempre nei dintorni), così come la definisce l’introduzione alla sua rubrica, io non sono mai stato orientato o indirizzato a studi musicali, non ho subito condizionamenti né mi è stato chiesto di far mie le scelte di chi mi aveva preceduto; l’aria però la respiravo, la musica era già “dentro” di me, pur se ancora in letargo.

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La musica non mi ha chiesto di essere apprezzata, non mi ha avvicinato con circospezione o attraverso percorsi formativi: mi ha letteralmente investito, travolto, catturato in un bel pomeriggio del 1973. Ed ha scelto di farlo facendo morire e fiorire uno dei semi che mi erano stati piantati dentro sin dall’origine, il seme del jazz.

Mi sono innamorato di questo fiore, che tuttora mi accompagna e rimanda a bellezza e grandezza non mie, regalatemi e non meritate, testimoniate autorevolmente da chi si è lasciato fare dolcemente, docilmente ma totalmente, dal Mistero verso cui la Musica è un indice puntato.

Michel Petrucciani è stato uno di questi.

È proprio grazie a questo “sì” alla Musica, a quest’abbandono totale, accettato, deciso e non subìto che Michel (ma anche altri come lui) è in grado di suscitare emozioni eccezionali, fuori dal comune, che fanno star bene e di cui si avverte il bisogno.

A mia volta ho avuto il regalo di suonare jazz, di vibrare per quel fiore che con affetto e sensibilità voglio accudire e coltivare finché potrò, perché – pur non capendone fino in fondo tutte le ragioni – sento che è per il mio bene, mi fa star bene.

Le ho premesso queste righe solo per meglio motivare il mio apprezzamento per il suo ritratto di Michel, che aveva poco body ma molto, molto soul e tanto swing da dare e tante cose da dire.

«La sua musica è un inno alla vita, così come la scelta di avere un figlio, pur sapendo che avrà la sua stessa malattia», oppure «Michel si fida della realtà, che non lo tradisce»: affermazioni che può fare solo chi fa continuamente l’esperienza dell’innamoramento, cioè dell’impatto con qualcosa o qualcuno che rende la vita diversa da prima. E intende restare attaccato ad un’esperienza così, percependone la personale ed immediata convenienza.

Quest’esperienza e la Musica hanno quindi in comune la stessa la stessa Origine appagante, che è ciò a cui – al fondo – ciascuno di noi tiene veramente. È questo che commuove, l’Origine e la sua appagante gratuità.

Il video con “Little piece in C for U” ha presentato tutto lo swing di cui Michel Petrucciani era cosciente e riconoscente portatore; il suo sì, ripetuto di fronte al gigante John Paul II al termine di una lunga e certo faticosa camminata con le sue stampelle, rimanda a verità e semplicità che ci ostiniamo a non voler riconoscere solo per profonda – ma naturale – slealtà verso noi stessi.

Sono quindi profondamente grato per il Suo contributo e per la riflessione che ha suscitato in me.

Molto cordialmente,
Luca Sirianni

 

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