
Grünen fra idealismo e ricatti morali
Di tutte le metamorfosi della sinistra europea in materia di politica estera e di valutazione della Nato, la più clamorosa è fuori da ogni dubbio quella dei Verdi e “sessantottini” tedeschi. In Germania la cosa non è piaciuta a tutti. Non va tanto per il sottile Die Zeit, settimanale tedesco di sinistra, che nel suo numero della settimana scorsa definisce i vari Joschka Fischer, Hans Magnus Enzensberger, Peter Schneider e Daniel Cohn-Bendit, francese alsaziano di lingua tedesca, ma come gli altri protagonista del Sessantotto in Germania dopo esserlo stato in Francia, “traditori” e “rinnegati”. “I più famosi intellettuali con un passato radicale di sinistra militano oggi fra i più decisi fautori dei raid Nato”, scrive Die Zeit in un articolo sormontato dal titolo “I traditori sono fra noi”. L’analisi sulle ragioni della mutazione si compiace di varie battute, come quella secondo cui l’attuale opzione dei sessantottini tedeschi si potrebbe considerare una “prosecuzione dell’internazionalismo e della solidarietà con altri mezzi”. Questo spiegherebbe il radicale mutamento di giudizio sulla Nato: l’Alleanza atlantica, vista negli anni della Guerra fredda come il nemico numero uno della pace nel mondo, si dimostrerebbe adesso uno strumento decisivo per l’affermazione dell’universalismo dei diritti umani. “Nessuno – scrive Die Zeit – ha mai preso tanto sul serio l’espressione della Nato come comunità atlantica dei valori comuni quanto fanno oggi i suoi spregiatori di un tempo”. Fra le numerose conversioni filo-atlantiche, quella più sorprendente non riguarda tanto i politici di professione, quanto piuttosto un intellettuale: Hans Enzensberger, poeta, romanziere e saggista “inclassificabile”, ma nume tutelare della sinistra intellettuale. Tanto più che per spiegare la sua opposizione all’intervento della Nato il ministro degli interni francese, il socialista Jean-Pierre Chevenement, il 1° aprile scorso ha distribuito ai suoi perplessi colleghi, nel corso della quindicinale riunione del Consiglio dei ministri, un testo scritto tratto da un libro di Enzensberger pubblicato nel 1992: “Opinioni sulla guerra civile”. Un brano senza possibilità di equivoci: “La retorica universalista – scrive l’autore bavarese – non conosce la differenza fra il vicino e il lontano. L’idea dei diritti umani impone a ciascuno e a tutti un obbligo illimitato per principio. Essa rivela così il suo nocciolo teologico, che è sopravvissuto a tutte le laicizzazioni. Ciascuno è tenuto ad essere responsabile di tutti. Questo desiderio implica il dovere di diventare simili a Dio, perché è un desiderio che suppone l’onnipresenza, cioè l’onnipotenza. Ma poichè tutte le nostre possibilità di azione hanno i loro limiti, il divario fra esigenza e realtà non fa che aumentare. Ben presto si approda, oggettivamente, al fariseismo e l’universalismo si rivela essere, dal punto di vista morale, una trappola”. Se questa era la filosofia di uno degli intellettuali di riferimento dei Verdi tedeschi, cosa è successo poi per spingere il medesimo e molti altri sulla via dell’interventismo? Per capirlo può bastare ascoltare quel che dice un famoso sessantottino francese, il filosofo di origine ebraica Bernard-Henry Levy, a proposito del ministro degli Esteri tedesco: “Joschka Fischer sa bene che il principio fondatore della nuova Europa è “mai più”. Sa bene che tutto dipende dal non consentire mai più ad alcuna potenza di stare ai piedi della rampa di un vagone ferroviario per ordinare agli ebrei, agli albanesi o ai musulmani, di mettersi a sinistra e incamminarsi oltre il cancello, mentre cattolici e serbi no”. Il meccanismo svelato è sin troppo chiaro: non solo i Verdi tedeschi, come altri loro omologhi europei, sono sedotti dall’idea di tradurre in pratica la Idealpolitik dei loro vent’anni, ma, essendo tedeschi, sono moralmente ricattati dalla colpa storica dell’Olocausto. Per ritrovare la rispettabilità perduta sentono di dover dimostrare al mondo che sono pronti a fare la loro parte contro Milosevic, il nazista del Duemila. I sondaggi confermano questa analisi: il 63 per cento dei tedeschi è d’accordo con la partecipazione della Germania ai raid aerei, solo il 34 per cento si oppone. L’unico partito i cui elettori sono in maggioranza contrari è il Pds post-comunista (69 per cento di no). Invece il 68 per cento degli elettori Verdi è favorevole all’intervento aereo, la stessa percentuale degli elettori cristiano-democratici della Cdu! I dubbi riguardano solo l’intervento di terra: per adesso soltanto il 27 per cento dei tedeschi è d’accordo.
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