
Tutte le contraddizioni della “coalizione semaforo” al governo in Germania

Assomiglia più a un programma elettorale che a un programma di governo il testo di 177 pagine sul quale socialdemocratici, verdi e liberali si sono accordati in vista della presentazione del nuovo esecutivo tedesco guidato da Olaf Scholz al Bundestag all’inizio della seconda settimana di dicembre.
Una Germania decarbonizzata
Rispetto ad altri paesi dell’Europa nord-occidentale come il Belgio, che nel 2020 costituì un governo dopo 500 giorni di negoziati post-elettorali, o l’Olanda, che a quasi nove mesi dalle ultime elezioni politiche non ha ancora un nuovo esecutivo, la Germania sembra avere trovato la quadra molto più in fretta: “solo” due mesi e mezzo per dare vita al governo della “coalizione semaforo” (dai colori dei tre partiti coinvolti: rosso per la Spd, verde per i Grünen, giallo per l’Fdp); ma non a vantaggio della coerenza e della fattibilità dell’intesa raggiunta.
La contraddizione più evidente riguarda la fattibilità di un programma che intende accelerare al massimo la transizione a un’economia decarbonizzata basandosi quasi esclusivamente sulle attualmente costose energie rinnovabili, dovendo al contempo rispettare la clausola costituzionale che non permette al governo di creare nuovo debito pubblico per più dello 0,35 per cento del Pil annuo. Il programma prevede di vietare l’utilizzo del carbone per la produzione di energia elettrica entro il 2030 anziché entro il 2038, come previsto attualmente, e di incrementare la percentuale di partecipazione delle rinnovabili alla soddisfazione del fabbisogno di energia elettrica dall’attuale 45 per cento all’80 per cento entro il 2030, mentre finora l’obiettivo era fissato al 65 per cento.
La parola più ricorrente, “clima”
Secondo i calcoli dei Grünen, per raggiungere questi obiettivi ambiziosi lo Stato tedesco dovrà investire 50 miliardi di euro annualmente da qui al 2030: una cifra ben al di sopra di quanto la clausola costituzionale permetterebbe, valutato mediamente in 12 miliardi di euro all’anno. La soluzione all’italiana di chiudere un occhio su quanto stabilisce la costituzione non è percorribile, dal momento che il posto di ministro delle Finanze sarebbe stato assegnato, secondo quello che si sa, al liberale Christian Lindner, assolutamente contrario, come il suo partito, a un aumento importante del deficit e del debito nazionale. Lo sfiderà sicuramente a un braccio di ferro continuo Robert Habeck, leader dei verdi insieme ad Annalena Baerbock, ministro in pectore di un nuovo dicastero che si occuperà di economia e di clima: “clima” è il sostantivo più ricorrente nelle 177 pagine del programma di governo, con ben 198 menzioni.
Alcune soluzioni per aggirare il vincolo costituzionale contro l’indebitamento ci sarebbero: la più astuta potrebbe essere quella di sfruttare la temporanea sospensione del freno all’indebitamento giustificata dall’emergenza del Covid (attuata in conformità alla clausola costituzionale) prolungandola a tutto il 2022; nel frattempo il governo creerebbe un fondo speciale nel quale contabilizzare una cifra a parecchi zeri di miliardi di euro in deroga al limite dello 0,35 per cento. Esaurita la deroga per l’emergenza, il fondo resterebbe a disposizione anche per gli anni di amministrazione ordinaria. Tutte le altre soluzioni (aumentare le dotazioni della KfW, la Banca di stato per gli investimenti, modificare i parametri per il calcolo del deficit, ecc.) non permetterebbero di passare da 12 a 50 miliardi all’anno, questa invece sì. Ma non è noto se l’Fdp la accetterebbe.
La politica nei confronti di Russia e Cina
Altri passaggi del programma di governo lasciano perplessi: la Germania promette una politica più vigorosa nei confronti della Russia e della Cina, che sarebbero affidate alle “cure” di un ministro degli Esteri verde, la signora Baerbock, ma non menziona neanche una volta le questioni legate al Nord Stream 2, il gasdotto che dalla Russia porterà direttamente in Germania il gas russo aggirando i paesi alleati e vincolando la politica energetica tedesca alle forniture di Mosca; per quanto riguarda la Cina, poi, nessun commento sull’accordo sugli investimenti firmato dalla Ue alla presenza della Merkel e di Macron nel dicembre 2020.
Tanto meno la Germania prende impegni sull’aumento della spesa militare al 2 per cento del Pil, come richiesto in sede Nato. Ha commentato Federico Petroni su Limes: «La delega agli Esteri alla “verde” Annalena Baerbock e la sua prevedibile retorica più accesa contro Russia e Cina serve a rassicurare gli Stati Uniti. Cioè a continuare a fare affari con la Repubblica Popolare senza sposare in pieno il contenimento di Pechino richiesto dagli americani».
Schizofrenia sulle armi nucleari
La schizofrenia prosegue sul tema delle armi nucleari: il nuovo governo tedesco si impegna a partecipare alla prossima riunione dei paesi che hanno firmato un trattato contro le armi atomiche, ma allo stesso tempo conferma gli accordi sottoscritti in sede Nato che comportano la presenza sul territorio tedesco di armi nucleari e dei vettori (aerei e missili) che consentirebbero di utilizzarle in caso di guerra. Su altri temi i partiti della coalizione seguono la linea “un colpo al cerchio e uno alla botte”: si impegnano a facilitare le riunificazioni familiari degli immigrati, ma anche ad accelerare e rendere più facili le espulsioni dal territorio tedesco.
I temi sui quali invece, secondo l’Economist, «i negoziatori dicono che è stato facile concludere un accordo rapidamente», sono stati l’estensione dei diritti dei gay e dei transessuali, il voto ai sedicenni e la legalizzazione della cannabis. Dopodiché sarà un po’ difficile riservare gli spinelli solo ai maggiorenni…
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