Il Deserto dei Tartari

Gli Stati nazione esistono, gli Stati Uniti d’Europa no

Di Rodolfo Casadei
27 Marzo 2025
Europeisti illusi e progressisti indignati per l'"oltraggio" al Manifesto di Ventotene si mettano il cuore in pace: Donald Trump ha messo fine al liberalismo egemonico statunitense
(Foto Ansa)

Europeisti illusi e progressisti indignati non hanno più lacrime. Hanno pianto per le ingenerose parole della presidente del Consiglio sul Manifesto di Ventotene e hanno pianto per il riarmo unilaterale della Germania. E mentre le prime sono state le lacrime di credenti sbigottiti per la profanazione di una venerata reliquia la cui autenticità veniva irrispettosamente messa in dubbio, le seconde sono lacrime di paura e di incredulità di fronte a una realtà troppo diversa dall’utopia per tanti anni così magnificata da far perdere il contatto con le fattualità storiche e con la loro implacabile persistenza.

Gli stati nazione, per quanto malandati, esistono, gli Stati Uniti d’Europa no, esistono solo nelle liturgie della Rai e nelle Messe laiche di Michele Serra e di Fabio Fazio, nei discorsi di fine anno dei capi dello Stato e nelle allocuzioni dei presidenti della Cei. Quando arriva una crisi sistemica degli equilibri internazionali come quella che è sotto ai nostri occhi – la nuova dottrina strategica dell’amministrazione Trump – a prendere l’iniziativa sono le entità reali dotate di potere decisionale e titolari di gravi responsabilità nei riguardi dei loro cittadini, non quelle le cui facoltà sono limitate da trattati intergovernativi e che non devono rispondere del loro operato a un popolo. E siccome la Germania dal punto di vista fiscale ha molto spazio di manovra, come pure la Polonia, mentre l’Italia non ne ha per niente e la Francia ne ha poco e sempre meno, le prime due riarmano senza aspettare gli squattrinati compagni di strada, e al diavolo la difesa europea.

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Fine del liberalismo egemonico

La deterrenza è una questione seria, non si può lasciare agli editoriali della stampa mainstream, alle intemerate degli intellettuali e alle esibizioni degli uomini di spettacolo. La sicurezza dei tedeschi e dei polacchi, dei baltici e dei nordici, la non ricattabilità dei loro paesi da parte di russi, americani o cinesi, cioè la difesa della loro sovranità si gioca oggi, e si gioca nella concretezza di rapporti di forza e di confini da presidiare. La storia si rimette in moto, per il meglio e per il peggio, e gli adoratori di manifesti e gli spacciatori di illusioni faranno spettacolo ancora per poco. S’è mai visto un paese che rinuncia alla sovranità per difendere la propria sovranità? Sono cose che possono pensare solo certi italiani…

Donald Trump ha tanti difetti, e non poche sue politiche sono biasimevoli, ma su una cosa ha ragione da vendere, su un punto i posteri riconosceranno i suoi meriti: la sua rinuncia al liberalismo egemonico risparmierà milioni di vite, allontanerà lo spettro della guerra atomica e paradossalmente favorirà l’evoluzione dello Stato di diritto e dei diritti umani nei paesi non occidentali (i regimi non potranno più ricorrere all’alibi delle “interferenze dall’esterno” di fronte ai loro cittadini).

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump (foto Ansa)
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump (foto Ansa)

Trump, la nemesi

Ci sono voluti sessant’anni di fallimenti – da Cuba al Vietnam, dall’Iraq alla Libia all’Afghanistan – perché le élites politiche americane pagassero il fio della loro tracotanza di voler liberare il mondo dai cattivi e di poter imporre il sistema liberaldemocratico (progressivamente sempre meno liberale e sempre più ideologico) armi alla mano al mondo intero. Milioni di morti stranieri, decine di migliaia di morti americani, enormi risorse finanziarie bruciate nella presunzione di sapere quel che è buono per gli altri, e come e quando va implementato.

Come ha scritto Robert Kaplan,

«Afghanistan e Iraq sono stati fallimenti epocali per come le forze della storia e della cultura locali hanno sconfitto l’ideale americano di democrazia. (…) Non abbiamo ancora imparato quel che gli antichi Greci già sapevano: non tutto può essere sistemato, dobbiamo accettare buona parte del mondo così com’è».

Alla fine è arrivata la nemesi nella persona del tycoon eletto presidente da un popolo disincantato. Il realismo ha preso il posto di un idealismo che ha prodotto molte più sciagure che vittorie.

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O pace o giustizia

Il rischio è più teorico che reale, ma emerge comunque chiaro dalla retorica degli illusionisti europeisti: gli Stati Uniti d’Europa erediterebbero il liberalismo egemonico che gli Usa hanno dismesso, ci penserebbe la nuova entità a modellare il mondo com’è giusto, a cominciare dall’Ucraina. Che può vincere la sua lotta contro l’invasore russo solo se gli altri paesi europei entrano in guerra al suo fianco. E dunque, armiamoci e partite.

Le male parate in Afghanistan, Iraq e Libia, che tanto hanno insegnato agli americani, agli europei non hanno insegnato nulla: ancora sono convinti che il diritto è forza, e che pertanto si imporrà per una sorta di determinismo etico sul campo di battaglia, sono convinti che giustizia e pace siano inscindibili, al contrario dei loro antenati greci. Non solo hanno rigettato le radici giudaico-cristiane dell’Europa (secolarizzate prima nel marxismo poi nel progressismo odierno), ma anche quelle elleniche: Eschilo e Sofocle hanno insegnato che la condizione tragica dell’uomo consiste nell’inevitabilità di dover scegliere fra due beni, penalizzando diritti e interessi di coloro che si identificano nel bene trascurato. Quasi mai si possono avere pace e giustizia insieme: o avremo la pace a scapito della giustizia, o faremo giustizia ma non avremo la pace. Vale per l’Ucraina come vale per Palestina e Israele. L’unico modo per tenere insieme una dose di giustizia con un intero di pace è il compromesso, è la via di mezzo, è il congelamento del conflitto. Come in Corea, per esempio.

Ursula von der Leyen
Ursula von der Leyen (foto Ansa)

Il “popolo europeo” non esiste

Il “popolo europeo” non esiste, esistono i popoli europei, prodotto di millenni di guerra e di pace. Quello che attualmente si fa passare per popolo europeo è un’entità fittizia e astorica – come astorica è l’Unione Europea che tecnocrati hanno materializzato – resa credibile dagli ottant’anni di pace dell’Europa non balcanica. Per darle sostanza occorre storicità. E allora qualcuno certamente è tentato dall’idea di produrre un vero popolo europeo, con una memoria e dei miti condivisi, attraverso una guerra. Dimentica che da parecchi anni le guerre nessuno riesce più a vincerle, tranne i talebani e gli azeri con l’assistenza dei turchi. Nessuno vincerà la guerra in Ucraina, nemmeno Putin. Tutti quelli che vi hanno preso parte la pagheranno cara. Chi pensa di entrarci per intero ora la pagherebbe ancora più cara.

E a proposito di memoria e miti condivisi: la vicenda del manifesto di Ventotene e delle vesti stracciate dei suoi sacerdoti conferma quello che da anni andiamo ripetendo. Aveva ragione George Orwell: «Chi controlla il passato controlla il presente. Chi controlla il presente controlla il futuro». Gli illusionisti europeisti sono usciti dai gangheri non perché qualcuno ha criticato il passato, ma perché la narrazione costruita attorno a quel frammento di passato serve a loro a controllare il presente, a esercitare un’egemonia culturale. Si batteranno come belve non per restaurare l’onore di uomini del passato, ma per poter continuare ad esercitare un potere nel presente. Tutti quelli che si vantano di partire dal presente anziché dal passato per la loro “testimonianza” dovrebbero a questo punto farsi qualche domanda, e darsi una regolata.

Nel frattempo noi rivolgeremo una domanda agli scandalizzati di Ventotene: se il manifesto di Spinelli e compagni va contestualizzato, vanno contestualizzati anche il fascismo, il patriarcato, l’inquisizione, ecc.? E se no, perché?

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1 commento

  1. Gabriele Bonfrate

    Grandissimo articolo, come sempre. È disarmante constatare la stupidità di molti dei governanti e politici odierni. E deprimente l’atteggiamento di molti che si dicono cattolici.
    Trump a volte esagera, ma non sbaglia di moltissimo….