
«Gli omogeneizzati sono a posto»: Repubblica lo sa già ma finge vuoti di memoria
«Torino, inchiesta su omogeneizzati: provocano la pubertà precoce», titola ieri La Repubblica. L’articolo parla dell’inchiesta aperta dal procuratore torinese Raffaele Guariniello seguita alla denuncia di un medico che ha diagnosticato la telarca (l’ingrandimento precoce delle ghiandole mammarie) a una bambina di tredici mesi. Il pm, quindi, ha convocato i genitori per analizzare il cibo ingerito negli ultimi tempi dalla piccola: «È emerso – si legge nell’articolo – che la bimba era stata svezzata da poco con gli omogeneizzati, in particolare quelli di carne di vitello». In effetti, sono stati 106 negli ultimi due anni i casi registrati all’ospedale pediatrico Regina Margherita di Torino.
Ma la notizia pare una fotocopia di un’altra che sei anni fa fece il giro dei media. Allora i casi di telarca segnalati furono 250. Sempre a Torino, dove sempre Guariniello aprì un’inchiesta contro gli omogeneizzati. È lo stesso Largo Fochetti a ricordarlo, scrivendo che per «il problema della telarca, legato agli omogeneizzati di diverse marche, il pm aveva ordinato verifiche anche in colossi dell’infanzia come Plasmon». La Repubblica ricorda bene il passato, ma forse non tutto. Perché l’inchiesta finì con il carnefice divenuto non solo la vittima, ma il salvatore. Dopo aver setacciato il settore dei cibi in vasetto le indagini furono, infatti, indirizzate sulle produzioni di carne all’ingrosso. «Quella che mangiamo noi adulti è il problema» spiega a tempi.it Cino Galluzzo, primario di pediatria all’ospedale Fatebenefratelli di Erba. «È ormai noto che la telarca di solito viene quando i bambini smettono di mangiare gli omogeneizzati, che hanno un’origine controllata, e passano alla carne comune spesso piena di estrogeni».
Il medico ricorda bene il caso torinese. L’inchiesta finì con 109 casi di telarca registrati fra il 2002 e il 2003, di cui il 50 per cento riconducibile proprio al passaggio da un’alimentazione a base di omogeneizzati a una dieta con carni acquistate in macelleria. Galluzzo conosce bene «sia la Mellin sia la Plasmon, che hanno allevamenti molto controllati. Perciò si preferisce dare ai bambini piccoli questa carne, morbida e priva di estrogeni. Per questo cercare la colpa nelle grandi industrie non significa solo seguire una pista priva di prove, ma anche incrementare il danno a discapito di bimbi e famiglie». Il medico, infine, sottolinea che «purtroppo non fu data la stessa risonanza alla fine dell’inchiesta rispetto al suo inizio». Forse per questo i media oggi non la ricordano. Certo nemmeno la memoria di Guariniello aiuta: «Credevamo – ha detto ieri il pm – che grazie a quei controlli il problema fosse rientrato, evidentemente no». Così, alla domanda sull’eventualità di tornare a effettuare verifiche nei grandi colossi come Plasmon il procuratore ha risposto così: «Certamente sì. Ce ne saranno ancora».
twitter: @frigeriobenedet
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