
Giù le mani da Babbo Natale

Non bastando una situazione già di suo pesante e gravosa sotto tutti i profili, complici le (vessatorie, per quanto mi riguarda) misure restrittive decise dal governo per le festività natalizie, sono giorni che ci tocca pure essere afflitti da una stucchevole e melensa retorica politicamente corretta che ha preso di mira – oltre al Natale in sé in quanto insopportabile epifania del consumismo e che grazie al Covid-19 almeno quest’anno vivremo in maniera più sobria, più essenziale, più solidale, più intima e, naturalmente, (solo) con i tuoi – che ha preso di mira, dicevamo, anche Babbo Natale.
E qui la faccenda si complica. Non perché non sia importante il Natale, intendiamoci; solo che essendoci abituati, la lagna anti-natalizia non fa più notizia e anzi ci fa sorridere. Ma se ve la pigliate pure con Babbo Natale, beh allora guardate che stavolta finisce male.
Per cui lorsignori sono avvisati: giù le mani da Babbo Natale. Che non solo non si è suicidato, come ha troppo frettolosamente scritto un’ex insegnante nella rubrica “Invece Concita” su Repubblica, ma è vivo e vegeto e lotta insieme a noi. E, anzi, se c’è qualcosa o meglio qualcuno da riscoprire in questo pandemico Natale 2020, questi è proprio il dolcissimo Babbo Natale (ah, dimenticavo: pregasi i gender-mi sempre ben appostati di prendere nota che Babbo Natale è personaggio di sesso maschile e si chiama “Babbo”, ok?). Stando alle stravaganti tesi espresse della succitata ex insegnante, Santa Klaus si sarebbe suicidato, udite udite, «per non dover partecipare alle sceneggiate natalizie odierne (per info citofonare Palazzo Chigi), per non “poterne più” di rappresentare un mondo falsamente felice (un pelo autobiografico?) e pieno di contraddizioni (benvenuta tra noi) dove i valori sono spesso riferibili solo alla quantità di denaro di cui disporre (aridaje). Perché non vuole soddisfare la prepotenza natalizia del dono a tutti i costi (tranquilla, per lei farà un’eccezione). Perché non vuole più portare il vestito rosso in un paese in cui il rosso simboleggia pericolo e anche diffusione del virus (il rosso simboleggia anche il sangue di Gesù di Nazareth, ha presente?). O forse perché la slitta trainata da renne non è stata modificata in una vettura elettrica (urca… e mo’ chi glielo dice a Greta?)». Fin qui, comiche. Ora arriva la chicca: «I bambini fino a pochi decenni fa non conoscevano Babbo Natale piombato sull’Italia dal Nord Europa e dagli Usa».
Ormai dovrei averci fatto il callo. Eppure ogni volta non mi capacito. Non riesco a capacitarmi del fatto che, puntualmente, tutte le volte che c’è di mezzo una consuetudine o una tradizione cristiana, si assiste al trionfo di un luogocomunismo tanto saccente quanto ignorante. Ma cara signora, ma come si fa a dire una corbelleria simile?
Breve parentesi personale. Quando nostra figlia, la primogenita, compì nove anni, vuoi per l’età vuoi perché a scuola la prendevano scherzosamente in giro perché ancora credeva alla “favola” di Babbo Natale, con mia moglie capimmo che era giunto il momento di dire a nostra figlia la verità. La qual cosa ha scatenato una grandissima delusione in nostra figlia, con annessi lacrimoni e sconforto. Però alla fine la prese meno peggio di quel che temessimo, e se ciò accaduto è stato anche grazie al fatto che abbiamo raccontato a nostra figlia tutta la verità, ossia che se è vero che non esiste oggi un Babbo Natale in carne e ossa, è altrettanto vero che è esistito, eccome, il personaggio che da poi ha preso il nome.
Approfitto allora per ricordare, alla cara ex insegnante come a tutti coloro che la considerano una leggenda, che la figura di Babbo Natale intanto ha origini e significati profondamente cristiani e niente affatto pagani. Inoltre, e soprattutto, che trattasi di una figura che affonda le sue radici in un personaggio storico realmente esistito. Parliamo di san Nicola di Myra, antica città dell’odierna Turchia, più noto come san Nicola di Bari per il fatto che le reliquie del santo furono traslate a Bari da alcuni pescatori.
Anche il nome Santa Klaus, il più diffuso a livello planetario, deriva dall’olandese Sinterklaas che a sua volta altro non è se non la deformazione di Sankt Nikolaus, cioè il nome sassone del santo. Non solo. Anche l’usanza di portare doni ai bambini deriva dalle gesta di san Nicola, ed ha quindi origini cristiane. La tradizione secondo cui il canuto vegliardo, guidando le sue renne, gira per le case recando regali, è rintracciabile già nella Divina Commedia. Il canto XX del Purgatorio narra dell’incontro tra l’Alighieri e Ugo Capeto, capostipite della dinastia francese dei Capetingi. Il sovrano evoca un esempio di generosità citando la «larghezza / che fece Niccolao a le pulzelle / per condurre ad onor la giovinezza». Il riferimento è all’episodio in cui san Nicola dona a tre fanciulle, figlie di un padre caduto in miseria, tre borse ripiene di monete d’oro, introducendosi nottetempo nella loro fatiscente dimora. In questo modo, salva le ragazze dalla prostituzione, carriera cui il padre intendeva avviarle per riscattarle dalla povertà.
Da questo preciso fatto nasce l’usanza del dono, un gesto cristiano all’origine di una tradizione che, seppur secolarizzata, merita comunque di essere conservata. Recuperando magari il senso originario di quel gesto: la cura di Dio per i bisognosi. Come lo sono i bambini, bisognosi in primo luogo dell’affetto e dell’amore dei loro genitori, e tramite loro di Dio, che i doni simboleggiano. Nella figura di Babbo Natale, checché ne dica la nostra ex insegnante, non c’è nessuna «prepotenza natalizia del dono a tutti i costi». Al contrario, essa evoca una verità troppo spesso dimenticata, anche tra i cattolici: e cioè che prima della previdenza esiste la Provvidenza. E che la gratuità, il ricevere un dono non dovuto, è segno di quella Grazia più grande che, sola, può salvare gli uomini rendendoli felici come può esserlo un condannato a morte che all’improvviso viene, appunto, graziato. Per questo san Paolo può dire: «Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto, rallegratevi» (Fil. 4,4). Tanto più a Natale, tanto più se un Natale straordinario come quello di quest’anno.
Foto Ansa
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